“Labyrinth – Dove tutto è possibile” è un film fantasy del 1986 diretto da Jim Henson. I protagonisti sono Sarah (Jennifer Connelly), una quindicenne sognatrice, e il Re dei Goblin, Jareth, interpretato dal cantante David Bowie. La storia ruota attorno alla fantasia della ragazza che, stufa della sua vita e del pianto del fratellastro neonato Toby, invoca il re dei Goblin perché lo porti via. Resasi conto dell’errore commesso, inizierà la sua avventura all’interno di un misterioso labirinto popolato da abitanti piuttosto inconsueti.
Il film Labyrinth è una storia avvincente con pochi attori umani, molte marionette
In una corsa contro il tempo dovrà raggiungere il castello del re, per salvare il suo fratellino, prima che questi venga trasformato per sempre in un goblin. Molti saranno gli incontri fondamentali che ostacoleranno la ragazza, per impedirle di raggiungere il castello al centro del labirinto, e poi diventeranno suoi fedeli compagni di avventure. L’inizio del film risulta un po’ troppo veloce e destabilizzante. Lo spettatore non ha il tempo di rendersi conto della situazione, che già si ritrova la protagonista sbalzata nel mondo della fantasia. Quello che colpisce è la presenza di pochi attori umani, in favore dell’uso di marionette e soggetti animatronici (pupazzi che sfruttano elementi robotici ed elettronici per avere autonomia di movimento).
Il segno distintivo del regista
Questo è il segno distintivo del regista, già noto per essere l’inventore de “I Muppet”. Una strategia che mette in risalto i personaggi umani protagonisti, senza tralasciare il ruolo e l’importanza dei secondari. Quegli stessi che, con le azioni e con l’aspetto, rappresentano i tasselli di un puzzle da comporre, per riaffermare la presenza di una logica, anche quando questa è messa continuamente in discussione. Qui si palesa il dualismo, tra la ragione e la fantasia, con il paradosso del Cretese (o del mentitore), di Epimenide che contrappone la percezione a una logica auto negante in un loop mentale senza soluzione. Veri-finti indovinelli sono contrapposti a risposte-non risposte.
Una sceneggiatura vincente
Finalizzati a ostacolare il viaggio nel labirinto, ma anche ad allargare gli orizzonti mentali e percettivi della protagonista, creano situazioni bizzarre degne di “Alice nel paese delle meraviglie” di L. Carroll, o de “Il mago di Oz” di L.F. Baum”. Una sceneggiatura che, pur riproponendo tutti i cliché del genere senza troppa originalità, nel complesso risulta vincente proprio grazie a quegli effetti speciali analogici che non ricercano mai il realismo puro. Il mondo reale (la casa e gli esterni) ha colori neutri e tenui quasi a simboleggiare la tranquillità, di una realtà noiosa e ripetitiva, mentre nel mondo fantastico
prevalgono colori scuri e cupi simbolo di smarrimento e angoscia.
La funzione della musica, di David Bowie
Due ambienti per loro natura in forte contrapposizione nel delineare quell’avventura labirintica che rappresenta il passaggio dall’infanzia all’età adulta. Un percorso graduale in cui Sarah comprenderà meglio il suo io interiore, e capirà qual è il suo posto nel mondo. Una versione femminile del Lucien de Rubempré, protagonista del romanzo di formazione “Illusions perdues” di Honoré de Balzac. Le canzoni che accompagnano il film, eseguite magistralmente dallo stesso Bowie, come l’iconica “Magic Dance”, guidano lo spettatore nel turbinio caotico di emozioni dei personaggi. Si può dire che le stesse contribuiscono, forse volutamente, a spezzare la continuità della trama. Una sorta di stonatura
all’interno di un film in cui è necessario aspettarsi l’impossibile.
Esperienze che fanno crescere, e fanno riflettere: cruciali i personaggi Jarethe e Sarah
Tra tutti i personaggi, Jareth e Sarah sono come lo yin e yang cinese. Due entità speculari e antitetiche che da sole non possono esistere, ma che insieme si completano. Lui un essere adulto che mai è cresciuto veramente, e quindi preda di quella volubilità caratteriale tipica dell’infanzia. L’altra una ragazzina viziata che non vuole crescere, ma consapevole di doverlo fare. Un film da vedere in età adulta per capire la profondità delle sfaccettature contenute in esso. Un percorso di crescita interiore per lo spettatore che,
attraverso le vicende di Sarah e Jareth, può provare a rivivere quella fantasia fanciullesca perduta crescendo. Ritrovare frammenti di quell’io che in ogni età ha le sue problematiche, ma che è possibile comprendere anche attraverso esperienze indirette e che fanno riflettere proprio come nel film “Labyrinth”.