Flavio Briatore è in procinto – lo farà a fine estate – di aprire una pizzeria a Napoli. A qualcuno, la sfida che l’imprenditore ha lanciato con il suo Crazy Pizza, sembra un pò come quella del tizio che voleva vendere il ghiaccio agli eschimesi. Tag24.it l’ha chiesto ad Antonio Pace, 79 anni, ultimo erede di due dinastie di pizzaioli nate alla metà dell’Ottocento. Pace, oggi, presiede l’Associazione Verace Pizza Napoletana, una associazione che raggruppa 1099 associati sparsi in 58 Paesi del mondo con 28 scuole che formano pizzaioli veraci.
La pizzeria di Briatore a Napoli, cosa ne pensa Pace, il presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana
Antonio Pace, oggi, è il presidente dell’Associazione verace Pizza Napoletana, ma per decenni ha gestito Ciro a Santa Brigida, uno dei ristoranti più rinomati di Napoli. “Siamo stati i primi a servire la pizza in un ristorante blasonato, frequentato da vip, artisti provenienti da tutto il mondo e da almeno quattro Presidenti della Repubblica: De Nicola, Leone, Ciampi e Napolitano”.
D Allora si può dire che, Formula Uno a parte, è stato un Briatore ante litteram…
R “Noi abbiamo portato la pizza in un ambiente elegante, un pò come vuole fare lui oggi”.
D Ma è contento che a Napoli apra il suo Crazy Pizza?
R “Certo che sono felice. A patto, però, che faccia la vera pizza. Se, invece, come dice lui, sarà altro, non deve chiamarla ‘pizza napoletana’“.
D Briatore, intanto, ha detto che la Margherita da lui costerà 17 euro.
R “La pizza va venduta, non svenduta: su questo ha ragione. Certo, non a quel prezzo, anche perché la differenza tra una pizza buona è una cattiva passa da una differenza di 20-30 centesimi sui prodotti che si utilizzano”.
D Cos’è allora che fa la differenza?
R “La manualità, l’arte del pizzaiolo che sta dietro a una buona pizza. Quella nemmeno l’Intelligenza artificiale può replicarla”.
D Il successo di Briatore, allora, dipenderà dai suoi pizzaioli.
R “Io intanto gli do il benvenuto: se non a Napoli, del resto, dove si vorrebbe fare la pizza?”
D Anche lei è per far entrare la pizza in un ambiente più elevato.
R “Sì, è così. Per me, la pizza può essere l’ambasciatrice della cucina italiana anche nel circuito dei grandi alberghi. E da anni vado ripetendo che la pizzeria non deve essere altro che un ristorante specializzato”.
Pace: “Perché resisterà sempre la pizzeria popolare sotto casa”
D Addio alla pizzeria sotto casa?
R “No, questo non sarà mai possibile. La pizzeria popolare rimarrà sempre perché con un buon impasto si può fare sempre un prodotto di qualità”.
D Il mercato, però, si è evoluto…
R “E la pizza con esso. Ora vale tanto tutto quello che c’è attorno alla pizza: l’immagine, i prodotti che si utilizzano per insaporirla…”
D Ormai si fa la pizza con sopra di tutto di più.
R “Ma già negli anni Cinquanta venivano al ristorante persone con gli ingredienti specifici che volevano si inserissero sulla loro pizza. In fondo, è stata sempre un vestito cucito su misura”
D Magari anche Briatore si iscriverà alla sua associazione…
R “Se vorrà, dovrà superare un esame: ammettiamo come soci solamente chi dimostra realmente di saper sfornare una vera pizza napoletana. Per questo siamo in pochi”.