L’ordinanza interlocutoria n. 20991 del 26 luglio 2024, emessa dalla Sezione Terza civile, affronta una questione di particolare importanza relativa alla confisca antimafia delle società di capitali. La questione centrale riguarda la responsabilità per le obbligazioni assunte dall’amministratore giudiziario nell’esercizio dell’attività di impresa, e se tale responsabilità ricada solo sulla società o anche sullo Stato.

Confisca antimafia società di capitali: i fatti

La società Sicilifrantoio Srl è stata sottoposta a sequestro e successivamente a confisca definitiva ai sensi della legge n. 575 del 1965. Il tribunale penale di Catania, nel dicembre 2003, ha applicato la misura di prevenzione personale ad alcuni soggetti indiziati di appartenenza a consorteria mafiosa, riconducendo la società all’attività illecita di questi individui. Un amministratore giudiziario è stato nominato per gestire la società sotto il controllo del giudice delegato.

Durante il periodo di sequestro, l’amministratore giudiziario ha disposto, con autorizzazione del giudice delegato, l’acquisto di una fornitura di cemento dalla società Edil Vetra S.p.A. Quando la confisca è diventata definitiva, Edil Vetra ha ottenuto un decreto ingiuntivo contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio per il pagamento della fornitura, pari a 328.123,01 euro. Tuttavia, il tribunale di Catania ha stabilito che le amministrazioni fossero tenute al rimborso delle sole spese di amministrazione e custodia, escludendo quelle relative all’esercizio dell’attività d’impresa.

La Decisione della Corte d’Appello e le responsabilità della PA

La corte d’appello di Catania ha riformato la decisione del tribunale, ritenendo che la spesa per la fornitura di cemento rientrasse tra le obbligazioni dell’amministrazione dell’azienda, quindi a carico della Pubblica Amministrazione. La corte ha anche osservato che la società era stata ormai co nfiscata e acquisita al patrimonio dello Stato.

Il ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze

Il Ministero ha presentato ricorso contro la decisione della corte d’appello, sostenendo che la società, seppur confiscata, mantenga la sua soggettività giuridica e quindi la responsabilità patrimoniale per le obbligazioni contratte dall’amministratore giudiziario. Il Ministero ha invocato l’inapplicabilità dell’art. 2 della legge 575 del 1965 alle spese legate all’attività d’impresa, ritenendo che lo Stato debba anticipare solo le spese di custodia e amministrazione strettamente intese.

Il Ministero ha citato un precedente della Corte di Cassazione (sentenza n. 3971 del 2024), che in un caso simile aveva rigettato la richiesta della società creditrice, limitando la responsabilità dello Stato alle sole spese di custodia e amministrazione dei beni confiscati, escludendo quelle relative alla gestione aziendale.

La Sezione Terza civile ha deciso di trasmettere il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, data la questione di massima importanza. La questione è se, in caso di confisca antimafia della totalità delle quote di una società di capitali, la responsabilità per le obbligazioni assunte dall’amministratore giudiziario spetti solo alla società o anche allo Stato ai sensi dell’art. 2-octies della legge n. 575 del 1965.

Confisca antimafia società di capitali: cosa dice la normativa

L’articolo 2-octies della legge 575 del 1965 stabilisce che le spese necessarie per la conservazione e l’amministrazione dei beni confiscati sono sostenute dall’amministratore mediante prelevamento delle somme riscosse. Se i fondi non sono sufficienti, lo Stato deve anticipare le spese con diritto al recupero in caso di revoca del sequestro.

È pacifico che né il sequestro né la confisca facciano venir meno la soggettività giuridica della società, che rimane un soggetto autonomo con un patrimonio autonomo. Tuttavia, la legge prevede che lo Stato possa essere chiamato a sostenere alcune spese di gestione durante il periodo di amministrazione giudiziaria.

La normativa di riferimento è costituita dagli articoli 2 sexies e 2 octies della legge n. 575 del 1965. L’articolo 2 sexies prevede la nomina di un amministratore giudiziario con l’obbligo di continuare l’attività d’impresa sotto il controllo e con l’autorizzazione del giudice delegato. L’articolo 2 octies stabilisce che le spese necessarie per la conservazione e l’amministrazione dei beni confiscati sono anticipate dallo Stato, con diritto al recupero in caso di revoca del sequestro.

La questione principale, abbiamo detto, è se lo Stato debba anticipare le spese necessarie alla gestione dell’attività d’impresa, comprese quelle per saldare i debiti contratti durante l’amministrazione giudiziaria. La legge prevede che l’amministratore giudiziario non solo custodisca i beni confiscati, ma compia anche gli atti di ordinaria amministrazione funzionali all’attività economica dell’azienda.

Continuità della gestione d’impresa e obblighi dello Stato

Una lettura sistematica degli articoli 2 sexies e 2 octies porta a concludere che l’amministrazione giudiziaria deve garantire la continuità dell’attività d’impresa per tutto il periodo del sequestro e dopo la confisca definitiva. La gestione dell’impresa deve quindi includere le spese necessarie per il funzionamento dell’azienda, non solo quelle di custodia dei beni.

Lo Stato deve farsi carico delle spese necessarie per l’amministrazione dell’azienda, comprese quelle per l’esercizio dell’attività d’impresa. Questo approccio è supportato dalla finalità della normativa, che mira a evitare la dissoluzione delle aziende confiscate e a preservare i posti di lavoro, prevenendo danni ai creditori e ai dipendenti.

L’amministrazione giudiziaria non ha solo lo scopo di custodire i beni confiscati, ma anche di garantire la continuità dell’attività economica. Questo è fondamentale per evitare che l’azienda si estingua, causando danni economici e sociali. La gestione pubblicistica dell’azienda deve quindi essere finalizzata a preservare il valore economico e sociale dell’impresa.

Argomenti a favore dell’anticipazione delle spese

Limitare l’anticipazione delle spese alle sole attività di custodia comporterebbe inevitabilmente la crisi dell’azienda, la perdita di liquidità e la cessazione delle operazioni. Questo contrasterebbe con l’obiettivo della normativa di prevenzione, che è quello di mantenere l’attività economica nell’interesse di creditori e lavoratori.

Sebbene la legge 161 del 2017 non sia direttamente applicabile, essa rappresenta un’evoluzione coerente della normativa antimafia. La legge prevede interventi e agevolazioni per favorire la conservazione dei livelli occupazionali e la continuità aziendale. Questi principi sono in linea con l’intento della legge n. 575 del 1965 e possono essere utilizzati come argomenti interpretativi.

Confisca antimafia società di capitali: differenze tra amministrazione giudiziaria e sequestro penale

Il sequestro di prevenzione antimafia differisce dal sequestro penale, che ha finalità preventive ma non gestionali. L’amministrazione giudiziaria deve quindi assicurare la gestione attiva dell’impresa, non limitarsi alla custodia dei beni. Ciò implica la necessità di anticipare le spese per la gestione aziendale.

Il ruolo dello Stato nell’amministrazione dell’azienda

Lo Stato, assumendo la gestione di un’azienda confiscata, non si limita a sostituire l’amministratore precedente. Invece, deve garantire una gestione che tenga conto dell’interesse pubblico e che preservi l’attività economica dell’azienda. Questo richiede l’anticipazione delle spese necessarie per l’operatività dell’impresa.