Non esiste una formula precisa per realizzare un album musicale di successo. Fare arte è un “atto creativo” che richiede due elementi fondamentali: forza di volontà, coraggio e qualche errore lungo la strada.

Lo sanno bene gli Smashing Pumpkins che con “Aghori Mhori Mei”, tredicesimo album della band originaria di Chicago, negli Stati Uniti, propongono all’ascoltatore un prodotto diretto, fresco e che apre un grande punto di riflessione sui lavori futuri del terzetto composto dal cantante Billy Corgan, il chitarrista James Iha e il batterista Jimmy Chamberlin.

La potenziale traduzione del titolo in italiano è “Abbraccia la bella morte” ed ispirato alla fusione di due parole sanscrite e una giapponese.

Aghori Mori Mei: il nuovo album degli Smashing Pumpkins a metà tra Mellon Collie e Machina/The Machines of God

Nell’era della musica liquida, di singoli dimenticati pochi mesi dopo la loro uscita, ci sono ancora band che si oppongono al concetto di “arte usa e getta”.

Lo dimostrano gli ultimi lavori di artisti come Tool, Idles, Placebo, Blink-182, Blur e gli stessi Pumpkins con prodotti ascoltati ripetutamente dagli appassionati, delle nuove e vecchie generazioni.

Il vero successo non lo decretano soltanto le migliaia (o milioni) di ascolti su Spotify, bensì l’acquisto di CD, Vinili e – nuovamente – musicassette negli store online e nei negozi di dischi sopravvissuti alla crisi degli ultimi dieci anni. Sull’argomento abbiamo intervistato in esclusiva Enzo Pone, proprietario dello storico Tattoo Records a Napoli.

“Aghori Mhori Mei” rappresenta il perfetto punto di congiunzione tra l’immortale Mellon Collie and Infinite Sadness, terzo album del trio, Adore del 1998 e Machina/The Machines of God del 2000. “Scegliete voi dove incasellarlo, se nel passato o nel presente del progetto” ha dichiarato poche settimane fa Billy Corgan, durante la promozione sui social network del loro nuovo lavoro.

Sin dal primo brano intitolato “Edin”, gli Smashing partono alla vecchia maniera, confezionando un intro strumentale della durata di un minuto e 25, prima di sentire la voce nasale e tagliente di Corgan. Secondo le logiche della musica attuale, specialmente emergente, a 30 secondi il vocalist deve già cantare per attirare l’attenzione dell’utente.

In questo caso, il compromesso è semplice: “Siediti, fermati per un attimo e assapora chitarra, basso e batteria. Dai alla musica la possibilità di crescere, evolversi e diventare qualcosa di inaspettatamente diverso, accogli la possibilità di sorprenderti“.

Prima parte: Pentagrams, Sighommi e Pentecost

Il disco, composto da 10 canzoni e dalla durata di 44 minuti e 41 secondi prosegue con la struggente goth-ballad “Pentagrams”, vicina come sonorità alla celebre “Stand Inside Your Love”, contenuta nell’album Adore.

Al basso, nella formazione dell’epoca, era ancora presente l’amatissima D’arcy Wretzky, successivamente uscita per divergenze artistiche con i componenti. Degno di nota è l’assolo ad un minuto e 26 di James Iha, un tocco al cuore, lì dove le parole non possono arrivare.

La frase “Love never dies. As true. Real and mine. For always” ricorda vagamente il concetto espresso da Sarah Mohr all’inizio del film “Il Corvo” diretto da Alex Proyas nel 1994 ed ispirato al fumetto di James O’ Barr.

In “Sighommi”, Corgan cita “Giano” figura della religione romana, latina e italica. È soprannominato il “Dio degli inizi” raffigurato con due volti, il “Bifronte”, atto a significare la scelta di realizzare un disco con elementi musicali passati e presenti.

Con “Pentecost” gli Smashing confezionano un brano new wave, e dal testo più diretto rispetto ai riferimenti onirici, esoterici e letterari amati da Corgan. Il frontman allude ad un potenziale rapporto tossico e la speranza di una via d’uscita.

Parte due: War Dreams Of Itself, Who Goes There e 999

“War Dreams Of Itself” è un ritorno al loro primo amore, il grunge mescolato al progressive, con basso chitarra e batteria dal ritmo militare, martellante, una trivella operaia sfogante e colma di rabbia. Tra i riferimenti citati in questa sezione il “mito di Babilonia” e della “Torre di Babele”

Who Goes There è la quiete dopo la tempesta, rock ballad anni ’90, sulla linea di “1979” iconico pezzo del trio, nostalgico ed inserito a metà del disco. Se fosse uscito nel periodo post Mellon Collie, sarebbe stata una hit radiofonica senza pari.

999 ricorda per somma di cose il sound degli “A Perfect Circle” almeno nell’introduzione. E non è poi così casuale, considerando che James Iha è dal 1999 ad oggi uno dei membri fondamentali della superband che alla voce vede Maynard James Keenan dei Tool. Un esperimento singolare e psichedelico al punto giusto.

In ambito esoterico il numero angelico “999” è associato al completamente di una nuova opera e di un nuovo inizio: simbolo di coraggio e crescita personale.

Parte tre: Goeth the Fall, Sicarus e Murnau

In meditazione e a volte, nella quotidianità, può capitare di sperimentare “momenti di vuoto”. San Giovanni della Croce la chiama “La notte oscura dell’anima”, una fase in cui sembra non esistere apparentemente una via d’uscita.

In “Goeth the Fall”, Corgan ricorda il poeta e scrittore Johann Wolfgang Goethe e del “buco oscuro” sperimentato nella stesura del romanzo “I dolori del giovane Werther” e riassumibile nella frase contenuta nel libro:

“Ah questo vuoto! Questo tremendo vuoto che sento qui nel petto!… Spesso penso, se potessi stringerla, una sola volta stringerla al cuore, questo vuoto verrebbe colmato”.

“Sicarus” è lo schiaffo pre-finale. L’intro iniziale ricorda in una forma morbida il thrash metal, sottogenere di cui le band capostipite sono Metallica, Anthrax, Pantera, Megadeth e Slayer. La parte successivamente è nuovamente progressive metal, dal sound “egizio” ed esotico.

Nuovamente un assolo ispirato di Iha, poco prima di un breakdown dal retrogusto nu.metal e di cui gli Smashing Pumpkins possono essere definiti tra le “massime ispirazioni” del movimento rappresentato per un breve periodo dai Linkin Park e ancora oggi da KoRn, Limp Bizkit e Papa Roach.

Murnau è la chiusura di “Aghori Mhori Mei” e il titolo è un tributo al regista e sceneggiatore tedesco Friedrich Wilhelm Murnau. Tra i suoi film più importanti “Faust”, “Nosferatu”, “Fantasma” e “L’Ultima risata”.

Non c’è ombra di dubbio: gli Smashing Pumpkins sono tornati in gran forma, con una produzione diretta dallo stesso Billy Corgan, più originale e distante dalla supervisione di Rick Rubin.