Il 2 agosto 1980, alle 10.25, un ordigno a tempo esplode nella sala d’attesa di seconda classe della stazione di Bologna Centrale. La bomba, nascosta in una valigia abbandonata, provoca la morte di 85 persone e ferisce oltre 200 individui, diventando uno dei più gravi atti terroristici del secondo dopoguerra. L’esplosione, avvertita a chilometri di distanza, provoca il crollo di un’intera ala della stazione, colpendo il treno Ancona-Chiasso fermo al primo binario e il parcheggio dei taxi di fronte alla stazione.
Solo il 23 novembre 1995 arriva la sentenza definitiva della Cassazione, che condanna all’ergastolo i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, esecutori dell’attentato, che hanno sempre professato la loro innocenza. L’ex capo della P2 Licio Gelli, l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza e gli ufficiali del servizio segreto militare Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte sono invece condannati per il depistaggio delle indagini.
Perché ci fu la strage di Bologna?
Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, alla base della strage di Bologna ci sarebbe un preciso scopo politico: principalmente, “impedire ogni possibilità di accesso della sinistra al potere in Italia” e “realizzare il Piano di Rinascita democratica” di Licio Gelli. Secondo i giudici, a partire dalla strage di Portella della Ginestra del 1947, si è sviluppato “un filo nero” che collega vari atti di violenza, culminati a Bologna, con l’obiettivo di interferire nel libero sviluppo della politica nazionale attraverso azioni coordinate da forze esterne, generalmente legate agli esiti del secondo conflitto mondiale.
La Corte ritiene che “anche coloro che probabilmente si resero mandanti e/o finanziatori della strage”, pur non appartenendo direttamente a gruppi neofascisti, condividevano “obiettivi antidemocratici” e miravano “all’instaurazione di uno Stato autoritario, che impedisse sostanzialmente l’accesso alla politica delle masse”.
Processi e condanne di esecutori e mandanti
La vicenda giudiziaria relativa alla strage di Bologna è complessa, lunga e controversa. Ha visto numerosi tentativi di depistaggio, ma ha trovato anche una forte spinta verso la verità grazie all’impegno dell'”Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980″, fondata il 1° giugno 1981, a un anno dall’attentato.
Il percorso giudiziario è stato articolato in diversi gradi di giudizio. Il primo processo inizia nel 1987, seguito dall’appello nel 1990, che ribalta il verdetto iniziale assolvendo tutti gli imputati. Solo il 23 novembre 1995, la Corte di Cassazione emette la sentenza definitiva, condannando all’ergastolo i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro come esecutori dell’attentato. Nonostante si siano dichiarati innocenti riguardo a questo specifico crimine, hanno ammesso la responsabilità di altri omicidi commessi negli stessi anni.
Per il depistaggio delle indagini, vengono condannati a 10 anni l’ex capo della loggia massonica P2 Licio Gelli, l’ex agente del SISMI Francesco Pazienza, e due alti ufficiali del servizio segreto militare (SISMI), il generale Pietro Musumeci e il colonnello Giuseppe Belmonte. Nel 2007, Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti, viene condannato a 30 anni per la sua partecipazione alla strage.
Nel 2017, il terrorista dei NAR Gilberto Cavallini viene rinviato a giudizio per concorso nella strage di Bologna. Durante questo procedimento, una nuova perizia sui reperti della stazione porta alla scoperta di quello che potrebbe essere l’interruttore che ha attivato la bomba. Il 9 gennaio 2020, Cavallini, già gravato da otto ergastoli, viene condannato in primo grado per concorso nella strage, sentenza confermata in appello nel 2023, in attesa del giudizio della Cassazione.
Il 6 aprile 2022, nel cosiddetto processo ai mandanti della strage, Paolo Bellini viene condannato all’ergastolo, Piergiorgio Segatel a sei anni per depistaggio, e Domenico Catracchia a quattro anni per aver fornito false informazioni al Pubblico Ministero per ostacolare le indagini. Le motivazioni di questa sentenza sono depositate il 5 aprile 2023.
Nel luglio 2024, la Corte d’Assise d’Appello di Bologna, presieduta dal giudice Alberto Pederiali, conferma l’ergastolo per Paolo Bellini, ex esponente dell’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale, il cui ricorso in Cassazione è ancora pendente.
La pista palestinese
Nel 2001 si affaccia una nuova pista d’indagine internazionale, denominata “pista palestinese”, promossa dalle attività della Commissione Mitrokhin. Nel 2005 la Procura di Bologna apre un fascicolo e nel 2011 iscrive al registro degli indagati due ex estremisti di sinistra tedeschi, Christa Margot Frolich e Thomas Kram. Kram aveva pernottato a Bologna tra l’1° e il 2 agosto 1980 e sarebbe stato collegato al terrorista e mercenario Carlos, a sua volta associato al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.
Secondo questa pista, la strage del 2 agosto sarebbe stata una ritorsione per la violazione del cosiddetto lodo Moro, un accordo d’intelligence che permetteva il libero transito di armi e uomini dei gruppi palestinesi sul territorio italiano in cambio dell’impegno a non compiere attentati in Italia. La rottura di questo accordo sarebbe stata causata dall’arresto di un militante palestinese nelle Marche nel 1979.
Il lodo Moro ha trovato riscontri documentali in sede storiografica, che però indicano che l’accordo era ancora valido nel 1980. Tuttavia, le indagini sulla “pista Kram” si rivelano inconsistenti e si concludono con un’archiviazione nel 2015.