La plastica è un materiale derivato del petrolio e, per la sua malleabilità, consente di ottenere oggetti di forme diverse. L’uso capillare rappresenta uno dei più grandi problemi ambientali del nuovo millennio. I primi materiali plastici nascono nel XIX° secolo con lo sviluppo degli studi sul nitrato di cellulosa con il nome a brevetto di Parkesine (più come xylonite).

La xylonite, materia plastica destinata alla produzione di diversi materiali

Il suo uso è destinato alla produzione di manici e scatole, ma anche di manufatti flessibili, come i polsini e i colletti delle camicie. Lo scopo è di trovare un’alternativa all’uso dell’avorio (derivato dalle zanne di animali), nella produzione di palle da biliardo e in campo dentistico per le impronte dentarie. L’uso della
Xylonite è limitato dalla sua alta infiammabilità, e pertanto non adatto per lo stampaggio a caldo, verrà sostituito dall’acetato di cellulosa utilizzato per le pellicole cinematografiche e per impermeabilizzare le ali dei primi aeroplani.

Il XX° secolo periodo d’oro per gli studi della plastica

Il XX° secolo è il periodo d’oro per gli studi sulla plastica: nuove scoperte permettono la creazione di oggetti sempre più utili e interessanti come vestiti, paracadute, bottiglie di plastica e lo storico vinile. Gli anni ’60 rappresentano il boom del “nuovo materiale”. La nuova frontiera della moda, del design e dell’arte irrompe nel quotidiano colorando gli edifici e diventando indice di uno stile di vita moderno. Frutto di decenni di produzione, utilizzo e forse un pizzico di incapacità nella gestione, la plastica è
oggi uno dei problemi più seri del nuovo millennio.

Un tema centrale di cui si parla, e da risolvere

Un tema centrale di cui si parla in tutti i G7 o G20, di cui si promuovono azioni teoriche, ma che quasi nessuno ha il coraggio o la voglia di attuare. Perché forse anche l’ambiente deve essere dominato a quel capitalismo sfrenato che ci ha colpiti dagli anni ’50 del secolo scorso, e non accenna a rallentare. Perché forse è più facile far aumentare la grandezza di quelle cinque isole di plastica negli oceani (Plastic Vortex: la Great Pacific Garbage Patch; la South Pacific Garbage Patch; la North Atlantic Garbage Patch; la South Atlantic Garbage Patch; la Indian Ocean Garbage Patch; la Artic Garbage Patch) che impegnare
seriamente le risorse nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie sempre più sofisticate per il riciclo
di materiali e la depurazione delle acque.

Qualche idea risolutiva

Nessun luogo sulla Terra è risparmiato da questo scempio. Ogni anno vengono gettate in mare (o nei terreni) tonnellate di plastica che sciogliendosi diventano microplastiche, e avvelenano l’ecosistema. Grazie alle mareggiate, quasi una “capacità autopulente” dei mari queste ritornano sulle spiagge in un loop senza fine. L’aumento della densità della popolazione e di traffico navale rendono difficoltosa l’azione degli attuali mezzi di depurazione e pulizia, presenti solo in alcune città. Una parziale soluzione potrebbe essere l’implementazione della depurazione delle acque impedendo che la plastica si sedimenti nella sabbia.

Ecco com’è stato affrontato il problema in alcuni paesi del mondo

In Australia dal 2014 è stato sviluppato Seabin, un cestino galleggiante in grado di raccogliere plastiche e microplastiche sulla superficie dell’acqua. Lo stesso scopo lo ha riproposto l ‘azienda danese RanMarine
Technology con lo sviluppo di Wasteshark, un drone acquatico a forma di catamarano in grado di aspirare rifiuti galleggianti costituito da un’autonomia di 8 ore e senza emissioni CO2. Tecnologie “amiche della natura” che devono essere inevitabilmente associate all’educazione della società. Un’educazione che, da un certo punto di vista, è stata attuata con successo in paesi come la Cina, in occasione dei giochi Olimpici di Pechino 2008, o in Italia con l’inserimento nelle scuole del tema ambiente.

Agire insieme nel rispetto del bene comune e delle diversità

Azioni forse non sufficienti, vista l’ampia portata del problema, ma la sensibilizzazione parte dall’azione volontaria del singolo. Ripensando alle battaglie di attivisti che, come Greta Thumberg, sono riusciti a smuovere le masse, forse un giorno la battaglia contro la plastica raggiungerà la sensibilità dei potenti della Terra, anche sul piano esecutivo. Per citare un motto famoso utilizzato da Alexandre Dumas ne “I tre moschettieri”, “Tutti per uno e uno per tutti”, forse la possibilità di riuscire nell’impresa risiede nell’agire insieme, con solidarietà e nel rispetto delle singole diversità.