Il regime speciale per lavoratori impatriati, introdotto dall’articolo 16 del Decreto Legislativo n. 147 del 14 settembre 2015, è un’importante misura fiscale rivolta ai cittadini italiani e stranieri che trasferiscono la propria residenza in Italia per lavoro. Questo regime prevede una tassazione agevolata sui redditi prodotti in Italia, con l’obiettivo di incentivare il ritorno di professionalità e competenze nel paese. Tuttavia, non tutti i tipi di reddito sono ammessi a queste agevolazioni, come illustrato nella recente Risposta n. 152/2024 dell’Agenzia delle Entrate.
Regime speciale lavoratori impatriati: requisiti per l’accesso
Per beneficiare delle agevolazioni previste dal regime speciale per lavoratori impatriati, è necessario soddisfare alcuni requisiti specifici. Innanzitutto, il lavoratore deve trasferire la propria residenza fiscale in Italia, come definito dall’articolo 2 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Questo trasferimento deve essere avvenuto in un comune del territorio italiano entro il 31 dicembre 2023, secondo quanto previsto dal recente Decreto Legislativo n. 209 del 27 dicembre 2023. Inoltre, il lavoratore non deve essere stato residente in Italia nei due anni precedenti il trasferimento e deve impegnarsi a rimanere in Italia per almeno due anni. Infine, l’attività lavorativa deve essere svolta prevalentemente nel territorio italiano.
Regime speciale lavoratori impatriati: esclusione redditi da borse di studio e tirocini
Un punto cruciale riguarda l’esclusione dal regime agevolato di alcuni tipi di redditi, in particolare quelli derivanti da borse di studio e tirocini. La normativa specifica che possono beneficiare delle agevolazioni solo i redditi di lavoro dipendente e assimilati, i redditi di lavoro autonomo e i redditi d’impresa prodotti in Italia. In questo contesto, le somme ricevute come indennità di partecipazione per tirocini, anche se considerate redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, non sono ammissibili al regime speciale. Questo perché tali somme non sono corrisposte per una prestazione lavorativa, ma piuttosto per attività di formazione e orientamento professionale. La circolare n. 33/E del 2020 chiarisce che solo i redditi derivanti da un vero e proprio rapporto di lavoro possono beneficiare delle agevolazioni, escludendo quindi i tirocini che non costituiscono un rapporto di lavoro.
Il caso specifico: master e tirocini
Nel caso esaminato nella Risposta n. 152/2024, un cittadino italiano residente all’estero è rientrato in Italia per frequentare un master MBA, che prevede anche un periodo di tirocinio. Questo tirocinio, pur prevedendo un’indennità di partecipazione di 2500 euro mensili, è stato escluso dal regime agevolato. L’Agenzia delle Entrate ha precisato che il tirocinio non costituisce un rapporto di lavoro, ma è piuttosto una parte della formazione accademica. Pertanto, i redditi percepiti durante questo periodo non possono essere considerati ai fini del regime speciale per lavoratori impatriati.
Dettagli sul regime agevolato
Il regime speciale per lavoratori impatriati offre un trattamento fiscale favorevole per un periodo di cinque anni, a partire dall’anno in cui viene trasferita la residenza fiscale in Italia. Durante questo periodo, i redditi di lavoro dipendente, autonomo e d’impresa prodotti in Italia possono beneficiare di una riduzione imponibile significativa (50%, 60% in caso di presenza di figli minori). Questo beneficio è applicabile anche ai redditi derivanti da attività lavorative intraprese dopo il trasferimento, purché si verifichi un chiaro collegamento tra il trasferimento stesso e l’attività lavorativa avviata.
Considerazioni sulla normativa
La normativa in materia di impatriati è stata oggetto di diverse interpretazioni e chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate, come dimostrato dalle numerose circolari e risposte agli interpelli. In particolare, la circolare n. 17/E del 2017 ha sottolineato che il trasferimento della residenza in Italia deve essere funzionale all’inizio di un’attività lavorativa per poter beneficiare delle agevolazioni. Questo principio è stato ribadito nella circolare n. 33/E del 2020, che ha ulteriormente chiarito che anche i redditi derivanti da nuove attività lavorative intraprese entro il periodo di cinque anni possono beneficiare delle agevolazioni, purché ci sia continuità con l’attività lavorativa avviata al momento del trasferimento.