Nuovi ed importanti elementi sul caso del “Mostro di Firenze” potrebbero portare alla riapertura ufficiale delle indagini. Il serial killer – o la presunta rete di assassini – ha colpito tra il 1968 e il 1985 ed è stato accusato di otto duplici omicidi, avvenuti nei boschi e nelle campagne del capoluogo toscano.
All’epoca furono depositati tre nomi nel registro degli indagati dal pubblico mistero Paolo Canessa: il contadino Pietro Pacciani, il nullafacente Mario Vanni detto “Torsolo” e il medico Giancarlo Lotti.
La recente scoperta di un DNA ignoto su un proiettile usato in una delle mattanze, presente su tutti e otto gli omicidi, potrebbe rappresentare una svolta significativa nel lungo lavoro di ricerca condotto nel corso degli anni dal genetista Ugo Ricci e parallelamente dal medico Lorenzo Iovino, referente del legale dei familiari di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili.
Come dichiarato a Repubblica, l’oggetto analizzato è un proiettile, il V3, rinvenuto conficcato nel cuscino della tenda dei due compianti fidanzati, uccisi al “Bosco degli Scopeti” a San Casciano Val di Pesa.
Una speranza in cui i parenti delle vittime credono fortemente, come l’avvocato Nino Marazzita, difensore in grado d’appello di Pietro Pacciani che in esclusiva a Tag24, ha definito la scoperta: “Una possibilità di riscatto per il suo assistito“, morto il 22 febbraio 1998 e un “rinvenimento che mette in dubbio tutto il lavoro d’indagine precedente“.
E se quella traccia presente sul bossolo fosse semplicemente di un addetto ai lavori che all’epoca si occupò delle analisi e non di un presunto assassino?
Un dubbio legittimo, per cui abbiamo intervistato in esclusiva il perito balistico Luigi Bombassei De Bona.
Mostro di Firenze, intervista al perito balistico e criminalista Luigi Bombassei De Bona
Secondo il perito balistico e criminalista Luigi Bombassei De Bona a Tag24, la munizione potrebbe essere stata toccata in passato da un collaboratore del perito designato per le analisi, presumibilmente parte del suo gruppo di lavoro.
“Se fossero stati rispettati tutti i protocolli rigorosi sulla catena di custodia, bisognerebbe escluderlo. Tuttavia, parliamo di un oggetto analizzato e toccato sicuramente da tanti anni. Se maneggiato, il bossolo con leggerezza e senza gli ausili necessari, potrebbe aver lasciato per errore delle impronte di DNA di chi l’ha toccato per ultimo. In gergo si chiama una ‘contaminazione’ e la possibilità è remota se viene utilizzata la giusta tecnica”.
“Nel caso specifico di proiettili o armi da fuoco, l’analisi in fase di sequestro di materiale biologico, devono essere realizzate per prime, poi focalizzarsi sugli altri accertamenti di tipo balistico, chimico e fisico. Nel maneggiare i reperti, soprattutto nel caso vengano utilizzati per comparazioni balistiche, accade che accidentalmente vengano toccati in maniera inconsueta, non proprio professionale. La possibilità di contaminazione esterna è assai elevata”.
Alla domanda: “I tempi sono maturi per aprire di nuovo il caso del Mostro di Firenze?”, De Bona conclude: “Certamente la presenza di questo nuovo DNA dovrà essere verificata, analizzata e se il caso rinnovare l’indagine alla luce delle moderne tecniche. Il beneficio del dubbio è necessario. Certamente tutto il tempo trascorso non è d’aiuto“.
Mostro di Firenze, dal genetista Ugo Ricci al Dr. Lorenzo Iovino: nascita e crescita delle ricerche sul DNA incriminato
La pallottola in questione è stata scoperta nel 2015. L’attività di analisi primaria è stata condotta dal genetista Ugo Ricci e dalla sua equipe nel 2018, in collaborazione con le forze dell’ordine, dopo aver scoperto un profilo genetico ricorrente nei vari omicidi.
Era stato incaricato dalla Procura, suo unico referente, di analizzare il DNA del “Mostro di Firenze” e la consegna è avvenuta quello stesso anno.
Il lavoro di ricerca del dottore, è durato svariati mesi, in collaborazione con i colleghi della squadra di Genetica Forense dell’AOU Careggi, laboratorio di diagnostica operativo dal 2009 e considerato ancora oggi pionieristico a livello nazionale.
Le analisi del dottor Lorenzo Iovino sono invece il frutto di un lavoro differente. Il consulente della parte civile, ha probabilmente proseguito le ricerche basandosi presumibilmente sugli atti della Procura, pagando i dovuti diritti di cancelleria e studiando di proprio pugno i segni presenti sul proiettile.