In Italia Viva tira aria di scissione: Luigi Marattin contro Matteo Renzi. Oggetto del contendere? L’idea renziana di spostare IV nel “campo largo” assieme ai partiti di sinistra. Un qualcosa che va contro il sentimento degli iscritti, come sostiene Marattin, convinto anche di non essere il solo a pensarla in questa maniera: “Sono convinto di un’area centrale liberaldemocratica, ma non riconosco la leadership di Carlo Calenda: se questa forzatura va avanti ne prenderò atto…”

Aria di scissione in Italia Viva, per Marattin non può decidere solo Renzi: “In IV non ci sono né padri né padroni, ma nemmeno leader…”

Luigi Marattin non ci sta e annuncia di opporsi alla decisione di Matteo Renzi di entrare (o almeno provarci) nel “campo largo“. In Italia Viva tira aria di tempesta e la prossima Assemblea nazionale potrebbe porre ai ferri corti due linee politiche opposte ed inconciliabili: perseguire il sogno del partito centrista o agganciarsi a PD, AVS e M5S per ribaltare l’attuale governo di centrodestra.

Marattin si pone nel primo campo e stigmatizza quella che era apparsa come una mossa a sorpresa di Renzi, cioè esprimere la propria preferenza per il centrosinistra dopo la Partita del Cuore. L’ex deputato non vuole sentir parlare di decisioni fatte accettare a forza e punta ad ottenere un chiarimento il prima possibile:

Se questa forzatura andasse avanti, sicuramente ne prenderei atto, ma insieme a tanti altri perché c’è un documento firmato da un centinaio di dirigenti di Italia Viva che chiede un congresso a testimonianza che questa non è una battaglia personale di qualcuno: questa è una battaglia di civiltà politica. Io non credo né nei capi né nei padroni, credo nei leader: non so bene cosa credono altri miei colleghi di Italia Viva…

Una serie di dichiarazioni che non preannunciano nulla di buono per Renzi e chi ha deciso di seguire la sua linea politica, aderendo anche all’ultima idea di tornare nel centrosinistra (o “campo largo” se si preferisce chiamarlo così) maturata dopo la Partita del Cuore. Marattin però teme che decisioni calate dall’alto danneggino i rapporti fra dirigenza ed iscritti di Italia Viva, fra i militanti ed i quadri intermedi del partito.

I partiti usciti malconci dalle Europee, come il M5S, hanno promesso cambiamenti e profonde riflessioni e sembrava che IV non dovesse sfuggire a tale destino. Marattin spera che si possa trovare un luogo ed un momento adatti per ascoltare la voce degli elettori e che l’Assemblea nazionale non cada quindi nel vuoto:

E’ surreale trovarsi a ribadire l’ovvio: non è possibile che una comunità politica possa prendere decisioni così forti senza discutere. Nell’ultimo congresso che abbiamo fatto il presidente è stato eletto sulla base della piattaforma “né con questa destra né con questa sinistra” e ha ricevuto una legittimazione da parte degli iscritti.

Cosa significherà quindi “prendere atto della forzatura”? Una scissione magari, ma Marattin chiede prima un confronto con Renzi, che ha fatto più la figura del padre-padrone che di un leader di comunità politica.

Borghi invece vota per il campo largo con il M5S: “Vogliamo fare la nostra parte”

L’aria di tensione che si respira in Italia Viva è resa plastica dalle parole che un altro esponente di peso di questo partito, e cioè Enrico Borghi, aveva detto qualche giorno fa a Tag24. Per l’ex esponente del PD, la necessità di confrontarsi (e battere) i nazionalismi estremisti che hanno guadagnato un certo spazio nelle istituzioni europee è un qualcosa impellente che non può essere rinviata all’infinto.

Borghi considera Giuseppe Conte ed il M5S i candidati migliori a tal proposito, anche se aveva avvertito che non sono le singole persone ma le idee di politiche concrete che si possono comunicare ai cittadini:

Le elezioni europee e quelle ancora più recenti nel Regno Unito e in Francia dimostrano che ci sono due campi: quello degli europeisti riformisti e quello dei sovranisti nazionalisti. Noi non possiamo stare nel campo di quest’ultimi, che chiudono gli spazi di libertà e di opportunità.

Il tema non è l’incontro tra due persone, ma la qualità delle politiche che si mettono in campo in un quadro, come quello italiano, in cui gli spazi di un terzo polo sono compressi e in cui l’ultima stagione del centrosinistra al governo con delle politiche riformiste non mi sembra che abbia fatto così male.

Anche per Borghi, quindi, non sembrano più esserci margini di manovra per creare quella federazione centrista che Renzi aveva tanto decantato prima delle elezioni europee.