Di queste Olimpiadi 2024 a Parigi, probabilmente, si parlerà ancora per settimane, non solo per le vittorie o le sconfitte degli atleti, ma anche per l’infuocata critica – e la rovinosa marcia indietro – sulla cerimonia d’apertura.
La pioggia di “condanne” dei giorni scorsi, infatti, ha costretto il Comitato Organizzativo a delle scuse pubbliche, dopo la gogna mediatica portata avanti sui social contro la rappresentazione dell’Ultima Cena, con drag queen e bambini.
TAG24, però, è andato più a fondo e ha chiesto al prof. Federico Tarquini, docente associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi all’Unicusano, il perché di questa ondata di indignazione? È stata “solo” una questione religiosa o la questione è più complessa?
“L’Ultima Cena” alle Olimpiadi Parigi 2024: il Comitato Organizzativo chiede scusa, ma le polemiche rimangono
“La Francia è il Paese delle rivoluzioni“. È questa, forse, la frase che fino ad ora è riuscita a rappresentare lo spirito dei francesi davanti alle ingiustizie. Da paladini dei diritti e della Liberté, Égalité, Fraternité, infatti, gli organizzatori della cerimonia d’apertura di queste Olimpiadi di Parigi 2024, fra i quali Thomas Jolly – direttore artistico – hanno deciso di coinvolgere esponenti della Comunità LGBTQ+.
Purtroppo, però, l’idea del celebre “Convivio degli Dei” del pittore Jan Harmensz van Bijlert non è riuscita nel migliore dei modi – secondo alcuni. Anzi, in molti l’hanno confusa con l'”Ultima Cena” di Leonardo Da Vinci.
Una immagine simbolo della religione Cristiana, quindi, apparso agli occhi della popolazione mondiale come un sacrilegio e una “presa in giro” della fede. Nonostante le scuse pubbliche del direttore artistico e della direttrice delle comunicazioni, Anne Descamps, la polemica ha continuato a infiammare gli animi.
Dunque, in molti si sono chiesti: cosa ha indignato così tanto l’opinione pubblica stavolta, dati i numerosi rifacimenti di opere religiose in chiave satirica? TAG24 lo ha chiesto al Prof. Federico Tarquini, docente di Sociologia dei processi comunicativi presso l’Università Niccolò Cusano.
Tarquini: “L’evento è stata l’affermazione delle culture underground”
Come ha spiegato il prof. Tarquini a TAG24, grandi eventi come le Olimpiadi hanno da sempre funzionato come cassa di risonanza per veicolare messaggi e, soprattutto, fare delle affermazioni di stato. Quindi, nel corso dei secoli, classi sociali o gruppi ai margini della società hanno marciato, protestato, indossato abiti o accessori provocatori per affermare i loro diritti o chiederli.
Ecco, perciò, che le immagini della cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Parigi 2024 sono sembrate estremamente scioccanti per molti. Come il professore ha brillantemente illustrato:
“Le cerimonie di apertura dei Giochi Olimpici sono state, negli ultimi decenni, abbastanza codificate: normalmente, si rappresenta la storia del Paese ospitante, gli atleti ecc. È chiaro che, come tutte le rappresentazioni pubbliche gestite e organizzate dalle Istituzioni, questo tipo di cerimonie sono sempre localizzate all’interno dello stadio con una struttura e un andamento abbastanza Istituzionale.
Questa volta, effettivamente, c’è stata una variazione rispetto al sistema. Cioè la rappresentazione non si è svolta all’interno dello stadio e, soprattutto, la storia del Paese ospitante è stata rivisitata e proposta in una maniera inedita, in qualche maniera. Da un lato, usando lo stile e il registro dell’arte contemporanea e dall’altro quello delle culture underground, quindi, della cultura metal quando hanno fatto la scena di Maria Antonietta decapitata o dalla cultura del Gay Pride e quant’altro. Ora, tutto questo per dire cosa? Che il fatto più rilevante è che le Istituzioni, stavolta, hanno usato lo stile, il linguaggio, l’estetica di quelle parti della società che, normalmente e in alcuni casi, gli sono antagoniste o che vivono la propria identità in senso di differenza“.
Il ribaltamento di un rituale
Nell’analisi della questione, però, non si può dimenticare che la “tradizionale maniera” di rappresentare un grande evento è diventata, ormai, una sorta di rituale. Quindi, qualsiasi elemento estraneo o diverso potrebbe potenzialmente portare a uno “sconvolgimento”.
Come Tarquini ha affermato:
“Va detto che questo tipo di convergenza tra il luogo delle Istituzioni e i linguaggi di quelle che una volta potevano essere definite avanguardie è un processo di lunga durata. Nel mondo dell’arte o nel mondo della comunicazione si può già vedere questo. Faccio un esempio: in Italia, il “Trono Gay” di “Uomini e Donne” arriva prima della legge sulle unioni civili omosessuali. Questo per dire che la televisione o mondo apparentemente frivolo dei media, in realtà è un mondo in cui si sperimentano, a livello dell’opinione pubblica, delle trasformazioni che, poi, vengono accolte dalle Istruzioni“.
In questo senso si è inquadrata la scelta degli organizzatori della cerimonia. Questi hanno operato secondo una commistione di elementi, derivanti anche dai più recenti sviluppi della storia francese. Il professore, infatti, ha analizzato la polemica proprio alla luce della storia del Paese e ha dichiarato:
“La storia è sempre un campo di battaglia. Per due ragioni: uno perché si fa una sintesi e, quindi, si dà valore ad alcuni eventi a scapito di altri. E dietro queste scelte ci sono tutta una serie di profili di dominio o di subalternità. Il secondo motivo è la storia è un campo di battaglia nel presente, perché quello che è stato fatto ha un effetto oggi. È chiaro che questa attualizzazione è stata proposta dagli organizzazioni volutamente in una maniera “tranchant“.
Mettere un transessuale, far vedere Dioniso in quel modo o far vedere la Maria Antonietta decapitata all’interno della scena istituzionale – che da secoli è stata il luogo del militare, dell’atleta, del politico, del rappresentante -, quindi, una serie di figure che tradizionalmente sono al di fuori di quel luogo dello spazio delle istituzioni è stata una scelta voluta. Si può dire che il tema della sessualità si è svelato come una questione di identità nazionale. È effettivamente una proposta forte, laddove le questioni identitarie rispetto alla Patria, per lungo tempo sono state il sangue, l’adesione ai valori dell’Occidente“.
Dallo spazio privato alla rivendicazione nazionale
Sul punto, il sociologo ha spiegato come da un “ambito privato“, con questo gesto, si sia passati a una forma di “rivendicazione nazionale“. Tuttavia, la Francia, o quantomeno il Comitato Organizzativo e quanti hanno coadiuvato l’idea, hanno agito anche per una “questione interna“:
“La Francia ha voluto fare questo, secondo me, per una questione interna. Perché hanno anche fatto anche sfilare la cantante nera, Aya Nakamura – avversa a Marine Le Pen – di fronte all’Accademia francese. Cioè, la Francia che cosa ha voluto dire? “Che noi oggi siamo questo. Siamo il Paese della “mixité“. Questo a noi può scandalizzare, ma bisogna capire che la Francia è un Paese in cui, da una quindicina d’anni, c’è un conflitto latente tra il mondo arabo e i “bianchi”, quindi, c’è tutto un lascito derivante dal colonialismo francese.
La Francia è uno Stato laico, che fonda i valori delle proprie Istituzioni repubblicane proprio sulla laicità. A differenza di quanto accade, per esempio, in Italia, in cui la religione cattolica è molto presente nella cultura“.
Tuttavia, il professore ha spostato il focus della questione. Tarquini ha messo in evidenza che il punto essenziale sia stato l’utilizzo di linguaggi diversi. Linguaggi appartenenti a quelle avanguardie che, nel corso del tempo sono state “vampirizzate dalle Istituzioni, creando un cortocircuito“. Così, ha sottolineato come la domanda da porsi sia cambiata in: “Cos’è oggi avanguardia, se è l’Istituzione stessa a mostrarsi in questa maniera?“. Perciò, il sociologo ha affermato:
“Perché è più importante riflettere sulla rappresentazione pubblica? Perché essa, nonostante abbiamo i social, è ancora oggi un momento in cui, pur lavorando su stereotipi o luoghi comuni, c’è un racconto che colpisce la collettività. E al quale la collettività risponde, pur innervosendosi o strappandosi i capelli“.