La recente sentenza n. 148/2024 della Corte Costituzionale italiana ha portato a un’importante modifica nella definizione di “impresa familiare” prevista dal Codice Civile. La decisione estende il riconoscimento del termine “familiare” anche ai conviventi di fatto, ampliando i diritti e le tutele associati a questa categoria.

Conviventi di fatto nell’impresa familiare: la dichiarazione di incostituzionalità e i cambiamenti nel Codice Civile

Con la sentenza n. 148, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 230-bis, terzo comma, del Codice Civile, nella parte in cui non includeva il convivente di fatto tra i familiari riconosciuti nell’ambito dell’impresa familiare. Inoltre, la Corte ha esteso questa dichiarazione anche all’art. 230-ter del Codice Civile, introdotto dalla legge n. 76 del 2016 (nota come legge Cirinnà), che riconosceva una protezione limitata al convivente di fatto.

Cos’è il convivente di fatto: definizione e riconoscimento nell’impresa familiare

Secondo l’art. 1, comma 36, della legge n. 76 del 2016, i conviventi di fatto sono definiti come due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale. Questa definizione ora si estende anche all’ambito dell’impresa familiare, riconoscendo ai conviventi di fatto diritti equivalenti a quelli dei coniugi e dei parenti stretti.

La decisione della Corte Costituzionale e i diritti del lavoro

La Corte Costituzionale ha sottolineato l’importanza del diritto al lavoro e alla giusta retribuzione come diritti fondamentali che devono essere garantiti a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro condizione familiare. In particolare, la Corte ha rilevato che escludere i conviventi di fatto dai benefici riconosciuti ai familiari nelle imprese familiari rischiava di portare a una situazione di lavoro gratuito o sottopagato, compromettendo la dignità del lavoratore. La tutela del lavoro, ha osservato la Corte, è essenziale per la realizzazione della dignità personale, sia a livello individuale che comunitario.

Le questioni di legittimità sollevate dalla Corte di Cassazione

La decisione della Corte Costituzionale è stata sollecitata da una questione di legittimità costituzionale sollevata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. Queste avevano messo in dubbio la costituzionalità delle norme del Codice Civile che non riconoscevano i conviventi di fatto come familiari, in relazione agli articoli 2, 3, 4, 35 e 36 della Costituzione italiana, e agli articoli 8 e 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU). In particolare, l’art. 230-bis del Codice Civile, che definisce l’impresa familiare, e l’art. 230-ter, che stabilisce i diritti dei conviventi di fatto, sono stati criticati per offrire una tutela inadeguata.

Il caso studio: conviventi di fatto e diritti di impresa familiare

Il caso che ha portato alla sentenza della Corte Costituzionale riguarda una donna che ha vissuto come convivente di fatto con un uomo, operando stabilmente nella sua azienda agricola. Dopo la morte del convivente, la donna ha richiesto il riconoscimento del suo contributo all’impresa familiare e la liquidazione della sua quota. Tuttavia, i tribunali di primo grado e d’appello avevano rigettato la sua richiesta, basandosi sulla normativa esistente che non riconosceva i conviventi di fatto come parte della famiglia ai fini dell’impresa familiare.

La Corte Costituzionale ha deciso che questa esclusione era irragionevole e discriminatoria. La mancata inclusione dei conviventi di fatto nell’ambito dei familiari previsti dall’art. 230-bis del Codice Civile è stata vista come una violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e dignità umana. La decisione ha quindi portato alla dichiarazione di incostituzionalità di questa parte del Codice Civile, allineando la legge italiana alle evoluzioni normative e giurisprudenziali che riconoscono la piena dignità alle famiglie di fatto.

Pertanto, con questa decisione, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del Codice Civile, ampliando la definizione di “familiare” per includere anche i conviventi di fatto, garantendo loro protezioni e diritti paritari.

La sentenza si inserisce in un contesto più ampio di evoluzione normativa e giurisprudenziale, che vede un crescente riconoscimento dei diritti delle famiglie di fatto. Sebbene il modello familiare tradizionale basato sul matrimonio rimanga un riferimento importante nella Costituzione italiana, la realtà sociale e giuridica si è evoluta per includere una varietà di forme familiari. Questo riconoscimento giuridico si riflette anche nelle protezioni offerte ai conviventi di fatto, sia in termini di diritti patrimoniali che di protezione del lavoro.