Nella primavera del 1971 rapì a scopo di estorsione e uccise la 13enne Milena Sutter, figlia di un ricco industriale di Genova: Lorenzo Bozano, all’epoca 25enne, è morto nel 2021 a causa di un malore dopo essersi tuffato in mare a Portoferraio. Due anni prima i giudici gli avevano concesso la semilibertà.
Che fine ha fatto Lorenzo Bozano? Nella primavera del 1971 si macchiò dell’omicidio di Milena Sutter
Quando è morto, Bozano viveva in una casa di accoglienza per detenuti dell’isola d’Elba. Dal 2019 si trovava in regime di semilibertà: arrestato per la prima volta a poche settimane dalla scomparsa della 13enne, nel 1971, era stato prima assolto e poi condannato all’ergastolo, venendo catturato in Francia, dove era fuggito insieme alla moglie Eleonora.
Nel 1990 aveva ottenuto per la prima volta la semilibertà, raggiungendo l’isola dove avrebbe trovato la morte per aprirvi un allevamento di polli. Denunciato per non aver dichiarato i suoi guadagni al fisco, aveva perso i benefici ottenuti per legge, rifinendo in cella (anche per aver molestato due ragazzine fingendosi un poliziotto). Poi la nuova richiesta di semilibertà, accettata nel 2019 dopo un primo rifiuto.
La ricostruzione del delitto della 13enne
Le accuse mosse nei suoi confronti erano di sequestro, omicidio e occultamento di cadavere. Stando alle ricostruzioni, nella primavera del 1971 rapì, infatti, a scopo di estorsione, la figlia 13enne di un ricco industriale di Genova, chiedendogli una somma di 50 milioni di lire in cambio della sua liberazione.
La ragazzina si chiamava Milena Sutter e frequentava il terzo anno della Scuola media Svizzera di via Pescheria, a pochi passi dalla villa della sua famiglia. Sparì nel nulla dopo essersi incamminata verso casa, dove una professoressa privata la attendeva per darle delle ripetizioni di storia, venendo trovata morta, due settimane dopo, da due pescatori.
Il suo corpo era in mare, con il volto sfigurato: fu riconosciuto solo grazie a una catenina. L’autopsia stabilì che era morta strozzata e che poi era stata fatta affondare con una cinta piombata da sub. Bozano finì nel mirino degli inquirenti perché era stato visto a bordo della sua Spider rossa nelle vicinanze della scuola di Milena da alcune sue compagne di classe.
Poi, nella sua camera, chi indagava aveva trovato un biglietto con scritto: “affondare, seppellire, murare“. Nonostante la condanna, in tanti, sia all’epoca dei fatti che dopo, continuarono a sostenere la sua innocenza. Per questo motivo, la sua figura è stata accostata da molti a quella di Massimo Bossetti, l’ex muratore condannato all’ergastolo per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, consumatosi a Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, nel 2010.
Le similitudini con il caso di Massimo Bossetti
L’uomo, difeso dagli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini, si è sempre proclamato vittima di un errore giudiziario, sostenendo di essere stato incastrato senza motivo dagli inquirenti che seguirono il caso, in particolare dalla pm Letizia Ruggeri, accusata di frode processuale e presunto depistaggio.
Ad incastrarlo furono, in realtà, diversi elementi: non da ultimo, il fatto che tracce del suo Dna furono trovate sugli indumenti che la vittima indossava il giorno in cui fu uccisa. L’ipotesi è che l’abbia rapita, facendola salire a bordo del suo furgone bianco, per abusarne e che l’abbia poi colpita, lasciandola morire di stenti nel campo in cui fu ritrovata a Chignolo d’Isola.