Acceso botta e risposta sul femminile per i nomi relativi ad incarichi politici e professionali tra la conduttrice di La7 Flavia Fratello e Francesco Giubilei, presidente della Fondazione Tatarella, molto vicino al centrodestra e alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni.

La proposta di legge del senatore della Lega, Manfredi Potenti, è stata ritirata ma la polemica sulla declinazione al femminile dei nomi relativi a cariche e incarichi politici e professionali continua a tenere banco. Ieri c’era stato il garbato, ma puntuale, riferimento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante la Cerimonia del Ventaglio al Quirinale, che riferendosi alla sindaca di Berlino aveva chiesto ai giornalisti della stampa parlamentare presenti in platea se potesse ancora riferirsi a lei con il termine al femminile. Oggi – 25 luglio 2024 – durante la trasmissione ‘Omnibus’ il siparietto tra la giornalista e conduttrice Flavia Fratello e Francesco Giubilei

Cosa ha detto Francesco Giubilei? Ecco perchè è stato corretto dalla conduttrice di Omnibus

Ma cosa ha detto Francesco Giubilei? E perché Flavia Fratello lo ha ‘corretto’? Il battibecco è stato originato dal 32enne editore italiano che, parlando delle Elezioni Presidenziali americane, si è riferito alla aspirante candidata democratica, Kamala Harris, con il termine maschile di ‘candidato’. La conduttrice lo ha corretto, facendogli presente che, trattandosi di una donna, il termine più corretto da utilizzare sarebbe stato ‘candidata’, termine che tra l’altro la grammatica e la lingua italiano contemplano.

La giornalista di La7 ha anche chiesto a Giubilei: “Perché fate così tanta fatica a declinare al femminile, qual è il problema?”, e quest’ultimo ha risposto avrebbe continuato ad usare il maschile perché si sentiva più a proprio agio.

Ddl Nomi femminili, la proposta di legge ritirata dalla Lega

Ma da dove nasce la polemica sulla declinazione dei nomi femminili? Tutto parte da una proposta di legge – poi ritirata – del senatore della Lega, Manfredi Potenti, in cui si prevedeva di sanzionare con una multa fino a 5mila euro l’utilizzo nei contratti pubblici della declinazione al femminile dei nomi istituzionali e professionali. La proposta di legge annunciata a Palazzo Madama lo scorso 16 luglio aveva subito suscitato accese polemiche spingendo il partito di Matteo Salvini a chiederne il ritiro.