Si è chiuso ieri, 23 luglio 2024, il processo di primo grado a carico dei quattro imputati per l’omicidio di Angelo Bonomelli, l’imprenditore di 80 anni che la mattina dell’8 novembre del 2022 fu trovato morto, all’interno del suo suv, in un parcheggio di Entratico, in provincia di Bergamo, senza orologio, telefono e portafogli: secondo i giudici, che li hanno condannati a pene tra i 15 e i 26 anni, avrebbero volontariamente ucciso l’anziano.
Omicidio Angelo Bonomelli, ecco come è finito il processo di primo grado
La sentenza è arrivata al termine di circa tre ore di camera di consiglio. Appoggiando in pieno la tesi dell’accusa, la Corte d’Assise di Bergamo, presieduta dalla giudice Patrizia Ingrascì, ha riconosciuto tutti gli imputati colpevoli di omicidio volontario, condannando il 34enne Matteo Gherardi e l’amico 26enne Omar Poretti a 26 anni di carcere più 3 di libertà vigilata; il padre e la fidanzata, Luigi Rodolfo Gherardi (70 anni) e Jasmine Gervasoni (25 anni), a 15 anni.
Tutti dovranno provvedere al pagamento di provvisionali di 50, 35 e 25 mila euro in favore della moglie della vittima, Marilena Gardoni, e dei figli. Così uno di loro ha dichiarato all’uscita dal tribunale:
Credo sia stata fatta giustizia. Ci sono sempre stato in rispetto alla memoria di mio padre.
Lo riporta Il Corriere della Sera, secondo cui il pm aveva chiesto, per i quattro imputati, pene di poco superiori a quelle che i giudici gli hanno riconosciuto (29 e 24 anni).
La ricostruzione del delitto
I fatti risalgono al pomeriggio del 7 novembre del 2022. Stando a quanto ricostruito in aula, Bonomelli si presentò al bar Sintony di Entratico perché aveva appuntamento con Matteo Gherardi per discutere del rilancio del sito web di Villa Ortensie, l’hotel di Sant’Omobono Terme di proprietà dell’80enne.
Nel corso del loro incontro, il 34enne – con l’aiuto dell’amico Omar Poretti e il benestare del padre e della fidanzata – gli mise del Rivotril all’interno del caffè. Secondo la difesa, l’obiettivo era solo stordirlo per derubarlo. Per l’accusa invece i quattro avevano in mente l’omicidio.
L’imprenditore crollò, infatti, in un “sonno profondo”. Dopo avergli tolto l’orologio, il telefono e il portafogli Gherardi e gli altri lo abbandonarono, all’interno del suo suv, nel parcheggio di via Mattei di Entratico. Nello stesso posto, la mattina successiva, l’uomo fu trovato morto.
Il punto di vista della difesa
Nel corso di una delle ultime udienze del processo che si è chiuso ieri, Gherardi, proclamandosi innocente, aveva dichiarato che la sera della rapina lui e i suoi complici erano andati a controllare se Bonomelli si trovasse ancora lì e lo “avevano lasciato che russava”, convinti che stesse bene.
A suo dire, si sarebbe reso conto che qualcosa non andava solo quando, la mattina del ritrovamento del suo corpo, i carabinieri si erano presentati da lui per chiedergli quando lo avesse visto per l’ultima volta. La fidanzata, al momento della lettura della sentenza, ieri sarebbe scoppiata in lacrime. Lo riporta sempre Il Corriere, ricordando che gli avvocati difensori avevano chiesto di riqualificare il reato in morte come conseguenza di altro reato (la rapina).
Come riporta BergamoNews, Emanuele Bonomelli, figlio della vittima, ha rivelato ai giornalisti di non aver mai ricevuto, da parte loro, messaggi o lettere di scuse o altro. Poi, ricordando il papà, ha detto:
Era un uomo forte, che vedeva sempre il lato positivo della vita e delle persone. A volte si fidava troppo, ma lui era così, era energico, aveva una grande personalità. Non meritava una fine del genere.