Dispiace che si torni a parlare in Occidente di un fenomeno importante come lo sciamanesimo solo in occasione di tragici eventi, sia di criminalità politica che di criminalità comune, come nel caso del ridicolo “sciamano a stelle e strisce” Jake Angeli nell’assalto al Campidoglio di Washington, che nella triste vicenda di Alex Marangon, morto ( e probabilmente ucciso – ma per  averne certezza occorre aspettare le risultanze delle analisi tossicologiche sul corpo del giovane barista veneziano, e la sentenza del tribunale inquirente) durante un rito cosiddetto “sciamanico” (a pagamento) in un’abbazia sconsacrata del trevigiano: una ventina di persone, tra cui due “curanderos” colombiani che si spacciavano per sciamani ( e “spacciavano” droghe amerinde) e che sono fuggiti in Patria il mattino successivo, e il duo “ZuMusic” di Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, promotori dell’incontro, che conducevano una “seduta” di musicoterapia; e che ho avuto la ventura di conoscere ai margini di un evento di tutt’altro  spessore, di cui dirò fra poco, in cui inondarono il bosco di una melodia straziante, che masticava vecchi temi “new age” che, a loro insaputa, riposano in pace da decenni.

Che cos’è lo sciamanesimo?

Ma, morta la “new age”, un movimento cultural-spirituale che in qualche modo brillò nei decenni di fine Novecento, raccogliendo l’adesione di settori dei ceti medio-alti borghesi e giovanili soprattutto americani- e morta perché, scolpì genialmente Raimon Panikkar (il fondatore del dialogo interreligioso e interculturale moderno), “risposta sbagliata a un’esigenza giusta”- dobbiamo chiederci perché quell’esigenza, invece di diminuire, cresca. E cresca oggi in modo esponenziale e in un vasto mondo sommerso – arcipelago che tocca l’Italia e tutto l’Occidente- che mescola con disinvoltura magismo ancestrale e velleità alternative (colorate di ingenuo ecologismo), astrologia e meditazione, tecniche di purificazione andine e indiane, tarocchi e cristalloterapia, spiritualità orientale e i recessi del paranormale. Ma questa “mescola” può almeno costituire una cura, una terapia per l’uomo occidentale e la sua profonda crisi, che è crisi del corpo che il mondo virtuale va sempre più scorporizzando, ma anche crisi della stessa identità antropologica di fronte alla sfida del post-umano e del cyborg, oltre che gigantesca crisi climatica che ci sta facendo perdere il nostro mondo, quello che gli autentici sciamani (amazzonici e mongolo-siberiani) chiamano la Madre Terra? La risposta è evidentemente negativa, dal momento che questa terapia non cura quelle crisi di cui ora dicevamo e che costituiscono le cause da cui la patologia si sviluppa, e che è anche più grave del “disagio di civiltà” di cui si parlava a inizio Novecento.

Lo sciamanesimo non ha nulla a che fare con i mercimoni e le caricature

La risposta risiede, invece, nel cambio radicale di atteggiamento dell’uomo nei confronti della natura, come ci raccontano ormai da anni tutti gli studi dell’Onu sull’argomento  e gli scienziati più accreditati: non possiamo più continuare a depredare la Terra e le sue creature, piante, animali, acqua, aria, suolo, come se fosse un magazzino di oggetti inanimate a esclusivo servizio dell’uomo, considerato come un’entità separata dal suo ambiente e unico essere dotato di coscienza in un mondo di sole cose. Una visione di mondo assurda e pericolosa, che minaccia di portarci all’estinzione come umanità, come ricordano i teorici dell’”Antropocene”, e che intanto sta rendendo invivibile la Terra con la crisi climatica: nei giorni scorsi, la  percezione della temperatura a Rio de Janeiro è stata di 62 gradi, a Delhi di 52. A queste temperature l’umanità non può sopravvivere, e la tecnologia da sola non può aiutarci. Occorre cambiare visione, e considerare, come ci mostrano fisica quantistica e neurobiologia animale e vegetale, che tutto è vivente e si tocca, e convive nell’ “unica famiglia universale dei viventi”, come scrive papa Francesco nella “Laudato Si’”. Ora, in questa sfida globale, ci possono essere di grande aiuto la civiltà degli sciamani e dei popoli indigeni, in primo luogo di quelli amazzonici; culture e riti che non hanno niente a che vedere con i mercimoni e le caricature di cui si parlava in apertura d’articolo.

Chi è e che cosa fa lo sciamano?

Sono stato per tre mesi nell’’Amazzonia profonda, a contatto con sciamani e sciamane e con le popolazioni indigene dei luoghi inaccessibili cari a Sebastiao Salgado, e ne ho ricavato un libro (“Amazzonia. Viaggio al tempo della fine”) in cui è possibile approfondite tutte queste tematiche. E uno di questi sciamani, il più grande e rappresentativo di tutti, Davi Kopenawa, leader del popolo Yanomami, ho avuto il piacere di portare in Veneto lo scorso aprile per una serie di convegni che vertevano appunto sulla difesa della Terra e sul contributo della cultura indigena amazzonica. Tre tappe, tra Venezia, Vittorio Veneto e il Pian del Cansiglio, organizzati dall’associazione “Il Mondo di Tommaso”, durante le quali Kopenawa ci ha ricordato che: ”La Terra non è un luogo da sfruttare, ma la nostra casa da curare….Che la difesa dell’Amazzonia non è solo per i suoi abitanti ancestrali ma per tutti gli uomini”. E, in sintonia profonda con la teoria dell’”Antropocene”, ci ha amminito che :”Se muore lo sciamano, e scompaiono i popoli indigeni, il cielo crolla”. E la Terra e gli uomini muoiono. Un messaggio che qualche giorno dopo, Kopenawa ha ripetuto al Papa, che rimane l’unico vero leader globale amico dei popoli nativi. E a Francesco, il grande sciamano ha chiesto: “Di aiutare il presidente brasiliano Lula ad aiutare i popoli indigeni”, che continuano ad essere massacrati insieme alla loro meravigliosa Foresta. E al danno si unisce ora la beffa di veder ridotte le sostanze psicotrope, più o meno amerinde, a droga, in questi cosiddetti riti sciamanici esportati in Occidente. Dimenticando che lo sciamano (e non tutti loro usano una sostanza psicoattiva) non si droga affatto, e che il “rapé” (uno dei tanti nomi di queste sostanze vegetali) è parte integrante di un antico rito, di grande complessità, ricchezza e nobiltà.