La notte del 26 febbraio del 2023 un caicco carico di migranti partito dalla Turchia urtò contro una secca a pochi passi dalla riva di Steccato di Cutro, in provincia di Crotone, e, a causa delle forti onde, naufragò. 98 persone, tra cui 35 bambini, persero la vita. Di altre i corpi non sono mai stati recuperati. A oltre un anno dai fatti, oggi, 23 luglio 2024, il sostituto procuratore Pasquale Festa ha fatto notificare a sei persone l’avviso di conclusione delle indagini: sono accusate di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.

Ecco chi sono gli indagati per il naufragio di Cutro e di cosa sono accusati

Ad essere indagati sono, secondo l’Agi, Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale della Guardia di finanza e del Roan di Vibo Valentia; Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia; Antonino Lopresti, ufficiale in comando tattico e controllo tattico presso il Roan di Vibo Valentia; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto; Francesca Perfido, ufficiale di ispezione presso l’Imcrr (l’Italian Maritime Rescue Coordination Center) di Roma e Nicola Nania, ufficiale di ispezione presso il V Mrsc (il Centro Secondario del Soccorso Marittimo) di Reggio Calabria.

L’accusa è, per tutti, di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Secondo la Procura, in pratica, i sei sarebbero responsabili dei ritardi nei soccorsi al caicco “Summer Love”, che nella notte del 26 febbraio del 2023 naufragò dopo aver urtato contro una secca all’altezza di Steccato di Cutro: se avessero agito in modo diverso, la strage si sarebbe potuta evitare. In particolare, spiega sempre l’Agi, secondo il pm, avevano

tutti e indistintamente il prioritario, fondamentale e ineludibile obbligo di salvaguardare la vita in mare, anche rispetto a condotte imprudenti, negligenti e imperite degli scafisti nonché di tutela dell’ordine pubblico.

Una volta ottenuta la segnalazione del caicco, avrebbero dovuto cioè constatare la presenza delle numerose persone a bordo, di cui tanti neonati e minori, e applicare il piano Sar, che avrebbe obbligato la Guardia costiera ad intervenire.

Quest’ultima disponeva infatti di mezzi più adatti alla navigazione nelle proibitive condizioni meteo della notte della strage. Non lo fecero: chi era in servizio, a un certo punto, rientrò per il maltempo. Nessuno intervenne per salvare il caicco, che infatti, a pochi metri dalla riva, terminò il suo viaggio in modo drammatico. Anche i soccorsi a terra furono tardivi: i primi a provare ad aiutare i migranti furono due pescatori del posto.

La tragedia raccontata da chi l’ha vissuta da vicino

Intervistato da RaiNews, uno di loro, Vincenzo Luciano, aveva raccontato, qualche mese fa, di non riuscire neanche più a pescare. “Ho messo i piedi in acqua e mi vengono in mente quei bambini con gli occhi aperti”, aveva detto.

Le sue parole riportano alla mente quelle che il sindaco della cittadina travolta dalla tragedia, Antonio Ceraso, aveva affidato a Tag24 a poche ore dai fatti. Stravolto, con la voce quasi rotta dal pianto, ci aveva rivelato: “Non si può immaginare il dolore che ho provato quando ho visto i cadaveri nudi di uomini, donne e bambini che venivano portati via dalle onde”.

Scene strazianti, ancora impresse nella mente di molti. Scene che a distanza di un anno continuano a fare male. Soprattutto alla luce degli ultimi sviluppi, alla luce della notizia secondo la quale, se ci si fosse mossi in tempo, tante vite sarebbero state risparmiate.