La Lega fa un passo indietro e annuncia il ritiro del ddl sui nomi femminili del senatore Manfredi Potenti. La proposta di legge, presentata lo scorso 11 luglio al Senato e annunciata nell’aula di Palazzo Madama nella seduta di martedì 16 luglio è stata fin da subito accompagnata dalle accese polemiche dell’opposizione, ma anche dal silenzio della maggioranza, che in alcuni casi vale più tante parole.
La proposta di legge che si prefiggeva di ‘cancellare’ declinazione femminile di nomi istituzionali o professionali dai contratti pubblici, individuando anche sanzioni fino a 5000 euro per i trasgressori, non arriverà mai ad essere dibattuta nelle aule del Parlamento, poiché oggi – 22 luglio 2024 – la Lega ha deciso di chiedere il ritiro immediato del ddl proposto dal senatore Potenti.
Vediamo perchè.
Perchè la Lega ritira il ddl nomi femminili, Ravetto: “Iniziativa di un singolo. Atteniamoci alla grammatica”
Secondo la versione ufficiale della Lega perché si sarebbe trattato di un’iniziativa personale del senatore leghista che non rispecchia la linea del partito. In una nota la Lega, infatti, questa mattina ha fatto sapere che i vertici del partito, a cominciare dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, non condividerebbero il contenuto del Ddl sui nomi femminili e che ne avrebbero già chiesto il ritiro immediato.
La responsabile del partito per le Pari Opportunità, Laura Ravetto, intervistata dall’inviato di Tag24.it Michele Lilla ha ribadito questa versione e ha anche sottolineato di non apprezzare le iniziative che ‘spingono’ verso la predilezione a tutti i costi dei nomi maschili.
“E’ uscita una nota della Lega dove si chiarisce che è un’iniziativa di un singolo deputato. Come responsabile delle Pari Opportunità, vi dico che sono affezionata alla Treccani e alla grammatica. Naturalmente non mi piacciono le iniziative che vorrebbero spingere troppo verso i nomi maschili, ma neanche i tentativi di femminilizzare tutto. Atteniamoci alla grammatica e siamo tutti più contenti.”
Ha dichiarato la deputata della Lega.
Le opposizioni: “Ritiro Ddl del senatore Potenti? Grazie alla nostre proteste”
Di diverso avviso i partiti di opposizione per i quali la richiesta di ritiro della proposta di legge sarebbe da ascriversi alle accese proteste delle opposizioni.
“La Lega ha costretto il senatore del Carroccio Manfredi Potenti a ritirare il disegno di legge grazie alle proteste di tutte le opposizioni. Ne siamo ovviamente contenti, ma a tutte e tutti dico: non sottovalutiamo il problema. E’ stato un fatto grave, che rivela un pensiero ben preciso: e cioè che le donne nella vita pubblica siano un orpello da cancellare”.
Ha dichiarato la senatrice del Pd Valeria Valente a cui si aggiungono le dichiarazioni della senatrice di Avs Aurora Floridia che sottolinea la portata propagandistica dell’iniziativa.
“Dopo la valanga di polemiche, la Lega è costretta a chiedere il ritiro della proposta al senatore Potenti. Questa volta la propaganda è andata male, ma resta la natura retrograda e discriminatoria sul ruolo delle donne, sia in ambito pubblico che professionale.”
Invitano la Lega a smettere di disumanizzare le persone, le parlamentari del Movimento 5 Stelle nella Commissione bicamerale di inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere Stefania Ascari, Anna Bilotti, Alessandra Maiorino e Daniela Morfino.
“Forse anche all’interno della Lega il ddl sui nomi femminili ha lasciato basiti tanto che pare da fonti stampa ne stiano chiedendo il ritiro immediato. La smetta di disumanizzare le persone e provi a fare politica, anziché ideologica propaganda. Magari recupera pure qualche voto”.
Cosa prevedeva il Ddl nomi femminili del senatore della Lega?
Al momento il testo non è più disponibile sul sito ufficiale del Senato dove il fascicolo relativo al Ddl è stato “rimosso in modo permanente”.
Ma cosa prevedeva il Ddl sui nomi femminili presentato dal senatore Manfredi Potenti per il quale la Lega ha chiesto il ritiro?
La proposta di legge dell’avvocato toscano, eletto al Senato nelle file della Lega, vietava l’utilizzo nei documenti pubblici della declinazione femminile di nomi istituzionali o professionali, imponendo l’utilizzo del genere maschile indipendentemente dal genere della persona. Quindi, ad esempio, si prevedeva l’utilizzo del termine ‘avvocato’ anche quando si trattava di professioniste donna. In caso di mancato rispetto della legge, il Ddl prevedeva multe fino a 5000 euro.