La sua storia Piera Aiello, testimone di giustizia e ex parlamentare italiana, l’ha raccontata nei suoi libri e nelle tante interviste che ha rilasciato negli anni, ma prima che il Paese conoscesse la sua vicenda di moglie, madre e vedova di mafia, quella storia l’aveva già raccontata ad un’altra persona, al giudice Paolo Borsellino. Lo ‘zio Paolo’, colui che le mostrò una via d’uscita dal buio del pozzo in cui si era ritrovata a vivere suo malgrado.
Ci sono incontri che cambiano la vita e persone che hanno il potere di innescare questo cambiamento. Piera Aiello ha incontrato Paolo Borsellino un giorno di luglio di 33 anni fa, quando la disperazione e la rabbia la spinsero ad agire, a denunciare ciò che sapeva e ciò che aveva visto: l’omicidio del marito Nicola Atria avvenuto il 24 giugno del 1991. Era l’inizio di un percorso che l’avrebbe portata a spezzare le catene che imprigionavano lei e la sua bambina, portandola oggi ad essere inclusa dalle 100 donne più influenti al mondo secondo la BBC.
Piera Aiello non ha avuto paura della verità, facendosi ‘testimone’ dell’insegnamento più importante lasciatoci dal giudice Paolo Borsellino, ucciso 32 anni fa in Via D’Amelio quando, con una Fiat 126 imbottita di tritolo, la mafia pose fine alla sua vita e a quella degli uomini della sua scorta.
Uccise l’uomo, ma non le idee di cui Piera e tanti altri sono viva testimonianza.
La storia di Piera Aiello: “Il primo giorno che incontrai Borsellino mi disse chiamami zio Paolo”
Nella vita di Piera Aiello c’è stato un prima e un dopo, e a segnare il confine è stato un incontro, quello con il giudice Borsellino. Un incontro che ha raccontato in un’intervista in esclusiva a Tag24.it.
“Incontrai Paolo Borsellino il 24 luglio del 1991. All’epoca non lo conoscevo e quando lo incontrai lo chiamai addirittura onorevole e ricordo che lui mi disse: “Con tutto il rispetto, parlando per la categoria, me ne astengo bene dall’essere onorevole sono un semplice Procuratore della Repubblica”.
Ricorda Piera con un sorriso, lo stesso sorriso che accompagna un altro ricordo, quello della bontà dell’uomo prima ancora del magistrato.
“Fu allora che mi disse: ‘chiamami zio Paolo’. E da allora io e la mia bambina cominciammo a chiamarlo così. Nonostante avesse fatto cose importantissime per la lotta contro la mafia era molto umile e sempre gentile con la bambina. Ogni volta che andavamo a Marsala chiedeva di vedere la bambina, le regalava le caramelle. Questo era Paolo Borsellino.”
Piera Aiello: “Via D’Amelio? Di quel giorno ricordo il dolore e la paura”
Quando iniziò la sua collaborazione come testimone di giustizia, Piera era una giovanissima mamma, ma nel programma ci rimase per soli cinque anni, prima di ‘emanciparsi’ per trovare un lavoro e vivere la propria vita, come rivendica con orgoglio,
“Perché mio padre mi ha insegnato che nella vita bisogna guadagnarsele le cose e per me vivere con il contributo dello Stato era una sconfitta. Non era ciò che mi aveva insegnato il mio papà”.
Lasciato il programma di protezione, quindi, ha vissuto per 28 anni con un’identità diversa, ma non ha mai avuto ripensamenti.
“Inizialmente io non sapevo che stavo diventando una testimone di giustizia. Ero molto impaurita, era un salto nel buio, non si sapeva cosa si doveva fare. Io pensavo che dopo aver denunciato avrei potuto tornare nel mio paesello, ma invece, così non è stato.”
“Sistema protezione oggi non funziona. Va migliorato”
Oggi la missione di Piera Aiello è quella di migliorare il sistema di protezione dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. Una missione portata avanti nel nome di Paolo Borsellino e di Giovanni Falcone.
“Io non dimentico che queste persone hanno commesso dei reati ma nello stesso momento hanno scelto di cambiare vita e noi dobbiamo fare in modo che queste leggi funzioni. E’ la mia missione da diversi anni”.
E la legge non funziona?
“Prima le istituzioni aiutavano di più sia i testimoni sia i collaboratori nel reinserimento socio-lavorativo. Oggi abbiamo un sistema che fa acqua da tutte le parti, con persone che sono incompetenti sulla materia. Molto spesso il Servizio Centrale e la Commissione ex art.10 fanno circolari interne che disattendono la legge peggiorando il sistema di protezione.”
L’ex deputata italiana, poi, annuncia una proposta da sottoporre ai ministri Nordio e Piantedosi.
“Questa cosa l’ho segnalata molte volte e sto lavorando con un’associazione importante e con degli avvocati ad un documento da dare ai ministri della Giustizia e degli Interni, speriamo a settembre. Noi dobbiamo migliorarlo questo sistema perché chi viene dopo di noi non deve avere paura di denunciare.”
La denuncia: “Lotta alla mafia oggi? Solo facciata. Troppe connivenze politico-mafiose”
E’ una denuncia forte quella di Piera Aiello, come forte è anche la denuncia a commento delle parole pronunciate oggi dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella sui depistaggi nelle indagini sulla strage di via D’Amelio.
“Tante verità non sono mai emerse, sa perché? Perché il sistema di connivenze polito-mafiose è talmente forte che è difficilissimo da sradicare. Rita Atria lo diceva sempre: prima di combattere la mafia devi farti un autoesame di coscienza. Oggi sento solo dichiarazioni di facciata a partire dal M5S che quando ero in Parlamento ha ignorato le due proposte di legge che avevo depositato.”
Oggi sono 32 anni dalla morte di Paolo Borsellino e dalla strage di Via D’Amelio e Piera Aiello ricorda quel giorno con due parole: dolore e paura.
“Io e Rita lo abbiamo saputo dalla televisione. Ricordo tanto dolore. Un dolore indescrivibile, per noi è come se stessimo perdendo il nostro papà. Dolore e tanta paura, perché perdevamo un punto di riferimento”.