“Io non voglio diventare come Filippo Turetta“, queste le parole pronunciate da un ragazzo che si sarebbe rivolto ad un centro antiviolenza a Pordenone, l'”Istrice” che da 16 anni opera a Borgo Sant’Antonio. La questione diventa un caso che fa discutere i social. In questi giorni si sono riaccesi i riflettori sul femminicidio di Giulia Cecchettin, proprio per mano del 22enne di Torreglia che il prossimo 23 settembre andrà a processo per fare i conti con la giustizia.
L’omicidio di Giulia Cecchettin ha scosso l’opinione pubblica e sembra aver risvegliato le coscienze, mettendo al centro delle discussioni di attualità la tragedia dei femminicidi in Italia e della violenza di genere. Tag24 ha approfondito la questione con Alessandra Pauncz, presidente del Cam, il Centro Ascolto Uomini Maltrattanti di Firenze e presidente della Rete Relive, Relazioni Libere dalle violenze.
Chi è il ragazzo che ha detto di “Non voler diventare come Filippo Turetta”?
In Italia i casi di violenza contro le donne e di femminicidio sono all’ordine del giorno. Dati preoccupanti parlano di oltre 140 omicidi che vedono le donne come vittime dal 1 gennaio e il 30 giugno 2024. Secondo le stime ufficiali una donna muore ogni tre giorni e mezzo.
Prima di arrivare al tragico atto dell’omicidio, è bene fare un passo indietro e parlare della violenza di genere. Un argomento con molte sfaccettature che di recente è tornato alla ribalta con lo sviluppo del caso di Giulia Cecchettin, uccisa per mano di Filippo Turetta.
Il ragazzo oltre ad essersi macchiato del sangue della giovane, aveva reiterato comportamenti violenti e stalkerato la fidanzata proprio nei due anni che erano stati insieme. Insulti, minacce, oltre duecento messaggi al giorno su whatsapp. Tutte azioni confessate dal giovane che hanno destato scalpore tra l’opinione pubblica, facendo svegliare le coscienze di molti.
Un allarme sentito da un ragazzo a Pordenone, il cui caso poi è diventato virale sui social, un giovane che ha ammesso di aver paura di diventare un mostro, “come Filippo Turetta”. Si tratta di un ragazzo che ha deciso di rivolgersi al centro antiviolenza “Istrice” di Borgo Sant’Antonio, che da sedici anni si lotta contro la violenza di genere e dei responsabili di questi gesti.
La richiesta di aiuto al centro anti violenza in provincia di Pordenone
Il giovane si è rivolto allo sportello di Borgo Sant’Antonio per chiedere aiuto, preoccupato di non saper gestire la rabbia i relazione a determinate situazioni avute in passato nei confronti della sua compagna. Ha deciso di partecipare ad una serata pubblica organizzata dal centro antiviolenza insieme all’associazione Voce Donna e si è riconosciuto nel racconto di alcuni operatori. Ha trovato il coraggio di farsi avanti dicendo:
“Io non voglio diventare come Filippo Turetta, non voglio fare le cose che ha inflitto a Giulia Cecchettin. Aiutatemi prima che sia troppo tardi”.
Alessandra Pauncz: “Caso di Pordenone è importante per far conoscere le realtà dei Centri per Uomini Maltrattanti”
Il caso del ragazzo che ha deciso di chiedere aiuto nel corso di un appuntamento dedicato all’informazione legata al contrasto della violenza di genere ha riscontrato grande clamore sui social. Tag24 ha approfondito la questione con Alessandra
D: E’ un segnale importante la storia del ragazzo venuta fuori in questi giorni? Il fatto che il giovane si sia sentito un potenziale carnefice, dopo la storia dell’omicidio di Giulia Cecchettin… Quale influenza hanno questi casi di grande portata mediatica sulle persone?
R: Credo che il caso Cecchettin sia diverso da tutti gli altri casi di femminicidio, per l’impatto mediatico e emotivo che ha avuto nel paese. Consideriamo che muore una donna ogni tre giorni. Da novembre, quando è successo il femminicidio di Giulia, ogni tre giorni c’è stato un caso, però ancora facciamo riferimento a quella storia lì.
Il modo migliore per avvicinare i ragazzi e gli uomini alla richiesta d’aiuto spontaneo per quanto riguarda non è con il clamore che in genere si può creare intorno ai casi di femminicidio.
Credo che quella sia stata proprio una situazione particolare per come ha risposto la sorella di Giulia, per come ha risposto il padre, per tutta una serie di ragioni che si potrebbero analizzare.
C’è stata molta discussione intorno alla violenza sulle donne ed è un fattore positivo. Credo che sia importantissimo avviare in Italia una comunicazione che possa interrogare i ragazzi e gli uomini rispetto ai propri comportamenti, ma il femminicidio è un gesto estremo, la punta di un iceberg.
D: C’è stato un aumento negli ultimi mesi della richiesta di accesso presso il Centro Uomini Maltrattanti di Firenze in modo volontario?
R: Abbiamo avuto un aumento graduale che si è impennato negli ultimi due anni, dovuto più al codice rosso, cioè alla previsione di un percorso per avere sospensione della pena. Attualmente tutti gli uomini con un patteggiamento, con una condanna inferiore ai tre anni e che hanno una sospensione della pena, devono affrontare un percorso obbligatorio. Quindi questo fa sì che abbiamo più uomini, ma ci sono anche molti che arrivano magari prima che sia avviato il procedimento, su indicazioni degli avvocati.
Circa il 30% degli uomini arriva a fare richiesta volontariamente, un numero in aumento, grazie anche alla crescita della sensibilità a perseguire questo tipo di fenomeno e anche grazie alla conoscenza di questi programmi di recupero, che possono supportare gli uomini nel cambiamento. La gran parte delle persone però ancora non sanno che esistono realtà come il Cam di Firenze, quindi da un lato il fatto che escano notizie come quella del ragazzo di Pordenone è ottimo, così la gente inizia a scoprire che esistono dei luoghi in cui gli uomini possono rivolgersi se ne hanno bisogno di aiuto.