Il fallimento, per definizione, è una sconfitta, è l’esito negativo di un andazzo consolidato nel tempo. Costringe a chiudere con le abitudini che non hanno funzionato e obbliga a ricominciare daccapo. Chiudere e ricominciare richiede energie, talvolta non si è pronti, e il vero sforzo è ripartire in un momento in cui non si hanno le risorse per farlo. Pertanto lo stato di sofferenza potrebbe essere legato a questa impreparazione, e non all’aver perso qualcosa o qualcuno.

Il fallimento insegna, aiuta a crescere: quali sono gli aspetti positivi di un’operazione non andata a buon fine?

E’ lo stesso Steve Jobs a far passare il messaggio che il successo è la somma di innumerevoli fallimenti, il vero e solido successo s’intende, non quello che non cambia o si sgretola con l’andare del tempo. La stessa Anna Magnani affermava giustamente: “Diffidate delle persone che puzzano di perfezione, perché la vita è fatta di sbagli e di ferite.” Così, chi non ha mai perso non ha mai provato l’ebrezza di ricominciare daccapo, riprovare di nuovo.

La vera vittoria è abbracciarsi nella propria autenticità

Fallire ci aiuta a crescere e ci rende umani. Il fallimento è parte dell’azione, è inevitabile – ha affermato la psicoterapeuta Angela Todaro – non è corretto affermare che vince solo chi sbaglia, è funzionale ammettere che è impossibile non sbagliare perché nessuno di noi è perfetto e che la vera vittoria è abbracciarsi nella propria autenticità e umanità con lo sguardo rivolto alla crescita personale.

Il fallimento, gli occhi e la fuga degli altri

Perdere, pertanto, è un’esperienza che può incidere anche sulle relazioni con gli altri. Agli occhi di chi ci sta intorno saremo perdenti. C’è anche chi non è in grado di accettare e consolare e riesce a darsela. Il senso del fallimento è capire “cosa non ha funzionato, quali elementi hanno portato a quel risultato indesiderato, per poter trovare le soluzioni di cui abbiamo bisogno. È facile giudicare, ci vuole un attimo. Comprendere richiede tempo da dedicare all’analisi di una situazione, interrogativi efficaci e costruttivi da formulare, disponibilità all’ascolto, riflessione su alternative e possibilità da far nascere. Chi ci etichetta come ‘perdenti’ quando sbagliamo, sta rivelando qualcosa di sé – si è congedata la Todaro – probabilmente la sua incapacità di aprire la mente ed il cuore.”