Il gender pay gap è un problema ancora ampiamente sentito nel nostro paese, nel quale, secondo i dati INPS, il vantaggio retributivo maschile è, su base annua, pari al 40%. Come affermato nel documento, negli ultimi 10 anni, questa percentuale non ha subito grandi mutamenti e i suoi effetti non si limitano all’ambito lavorativo, ma si estendono fino all’età della pensione e, andando a sommarsi a una serie di altri fattori, danno vita al cosiddetto “Gender Pension Gap”.

Questo gap porta le donne a ricevere, una volta raggiunta l’età pensionabile, assegni di importo nettamente inferiore rispetto a quello percepito degli uomini, con conseguenze dirette sul loro tenore di vita.
Per riuscire a colmare queste disparità sarebbe necessario un cambio di direzione, anche a livello culturale, che aiuti a migliorare la condizione lavorativa delle donne, sotto il profilo retributivo e non solo. Da parte loro, le lavoratrici, presa coscienza di queste disparità, possono provare a tamponare i danni e a prendersi cura del proprio futuro pensionistico ricorrendo alla previdenza complementare, all’accumulo di risparmi o ad altre soluzioni ad hoc, meglio se con l’aiuto di un consulente finanziario o di altri esperti del settore.

In questo articolo andremo a scoprire, in modo più approfondito, che cos’è il gender pension gap e da cosa è causato.

Divario di genere nel mercato del lavoro

Nel comunicato stampa rilasciato dall’INPS in data 21 febbraio 2024, inerente l’“Analisi dei divari di genere del mercato del lavoro e nel sistema previdenziale”, vengono forniti interessanti dati circa l’occupazione femminile e il gender gap ancora presente, nel nostro paese, a livello lavorativo.

In particolare, viene posto l’accento sul fatto che, sebbene non siano più presenti preclusioni formali, le donne continuano a trovare impiego principalmente in settori che offrono redditi tendenzialmente bassi, come quello dei servizi e, in misura inferiore, manifatturiero, mentre ancora ridotta risulta la loro presenza nelle posizioni dirigenziali. Se già questo fatto concorre a creare una disparità salariale, la differenza aumenta ancora di più in conseguenza di altri fattori, tra cui la prevalenza di contratti part-time e il numero minore di giorni lavorativi effettuati nel corso di un anno solare rispetto ai lavoratori di sesso maschile.

Il gender pay gap non si evidenzia solo su base generale, ma anche andando ad analizzare le retribuzioni spettanti a uomini e donne assunti all’interno della medesima azienda. In questo caso, si evidenziano disparità di retribuzioni annuali pari al 12%. Inoltre, le differenze non si annullano totalmente passando dal settore privato a quello pubblico.

Gli effetti sulla pensione

Retribuzioni inferiori, contratti part time, minore numero di giorni lavorativi, sono tutti fattori che, portando a una riduzione del montante contributivo e degli anni effettivi di contributi, incidono in modo negativo sulla previdenza pensionistica, portando a due conseguenze:

  • minori possibilità di accedere alla pensione anticipata;
  • minore importo dell’assegno pensionistico.

Sempre tenendo conto del report dell’INPS, nel 2022 l’importo medio della pensione mensile delle donne è stato pari a 1.416 euro, ossia più basso del 36% rispetto a quello degli uomini.

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