La legge italiana riconosce ai lavoratori il diritto a 4 settimane di ferie, di cui almeno 2 settimane devono essere godute entro l’anno di maturazione. Tuttavia, è il datore di lavoro a decidere quando il dipendente può usufruire delle ferie, spesso negandole in determinati periodi per esigenze aziendali. Di fronte a questa rigidità, i lavoratori, specialmente le nuove generazioni, hanno trovato un modo per prendersi una pausa senza informare i loro superiori: le cosiddette ferie silenziose.
Le ferie silenziose e l’impatto dello smart working
Lo smart working, introdotto massicciamente durante la pandemia, ha reso possibile questo fenomeno. Molti lavoratori, soprattutto millennial, preferiscono la flessibilità offerta dal lavoro a distanza e cercano di bilanciare meglio vita privata e lavoro. Tuttavia, questa nuova modalità lavorativa ha portato a comportamenti inediti, come il quiet quitting, dove i dipendenti si limitano a fare il minimo indispensabile, e ora le ferie silenziose.
Cosa sono le ferie silenziose
Le ferie silenziose rappresentano un’evoluzione del quiet quitting. Invece di prendere giorni di ferie ufficiali, i lavoratori fingono di lavorare durante le giornate di smart working, utilizzando vari stratagemmi per sembrare operativi. Programmano l’invio di email fuori orario, restano visibili sui software di messaggistica aziendale e mantengono una parvenza di attività lavorativa mentre in realtà si riposano.
Il ruolo dei social media
I social media hanno giocato un ruolo molto importante nella diffusione delle ferie silenziose. Guide e consigli su come attuare questa pratica sono facilmente reperibili online, alimentando il trend tra i giovani lavoratori. Un recente rapporto della società statunitense Harris Poll ha evidenziato come il 37% dei millennial americani abbia dichiarato di aver preso pause non autorizzate dal lavoro almeno una volta.
Ferie silenziose: quali ragioni ci sono dietro
La pressione per dimostrare produttività costante e il timore di essere visti come fannulloni spinge molti lavoratori a non richiedere ferie ufficiali. Questo, unito al bisogno di riposo per evitare burnout, porta all’adozione delle ferie silenziose. Tuttavia, questa pratica può aumentare i livelli di stress a causa del senso di colpa che ne deriva, peggiorando il benessere mentale dei lavoratori.
D’altra parte, per i datori di lavoro, significa pagare per giornate non produttive, con un impatto negativo sulla performance aziendale.
Come contrastare il fenomeno delle ferie silenziose
Per combattere il fenomeno delle ferie silenziose, che ovviamente è illecito e può portare a licenziamento se non a conseguenze più gravi, può essere utile costruire un dialogo sano e di reciproco rispetto tra datore di lavoro e dipendenti. Una comunicazione più efficiente potrebbe permettere un clima più equilibrato, sereno, rilassato, ma c’è anche un altro fattore che può aiutare a contrastare il fenomeno delle ferie silenziose: è l’aspetto retributivo. Spesso, le ferie silenziose rappresentano un antidoto a quella che si considera una bassa retribuzione rispetto alle mansioni chieste e svolte, o a uno scarso livello di rispetto da parte del datore di lavoro.
Il terzo aspetto da non sottovalutare è il carico di lavoro: un sovraccarico produttivo contribuisce a portare stress e a peggiorare la produttività, anziché migliorarla. E ciò porta a un maggiore bisogno di riposo da parte del lavoratore che, non potendolo chiedere per mancanza di un dialogo pacifico con il datore di lavoro, trova metodi alternativi.
Da parte del datore di lavoro è necessario individuare quei profili che praticano le ferie silenziose per semplice lassismo o mancanza di voglia di lavorare e separarsene quanto prima.
Riassunto riepilogativo
I lavoratori hanno diritto a 4 settimane di ferie, di cui almeno 2 da godere entro l’anno. Tuttavia, il datore di lavoro può decidere quando concederle. Recentemente, è emerso il fenomeno delle ferie silenziose, dove i dipendenti sfruttano lo smart working per prendersi pause non autorizzate. Questa pratica è diffusa tra i millennial, che valorizzano il benessere personale. Il fenomeno crea preoccupazione tra i datori di lavoro per l’impatto sulla produttività aziendale. Un sereno rapporto tra datore di lavoro e dipendente può tuttavia aiutare a contrastare questo fenomeno.