Più soldi in busta paga nel 2025? Ancora qualche mese ci separa dalla chiusura del 2024 e molti lettori si chiedono cosa aspettarsi riguardo allo stipendio il prossimo anno.
Nel panorama fiscale italiano la busta paga potrebbe subire importanti modifiche. Le buone intenzioni di ridurre le tasse non mancano, ma potrebbero non soddisfare le aspettative.
Lo sgravio contributivo e il bonus mamma rischiano di non essere rinnovati, così come le modifiche all’aliquota IRPEF. Vediamo insieme quali bonus aspettarsi nella busta paga del 2025.
Più soldi in busta paga anche nel 2025?
Lo sgravio contributivo: ci sarà?
I lavoratori hanno beneficiato di un aumento in busta paga grazie allo sgravio contributivo. Questo meccanismo ha contribuito a ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori.
Attualmente, molti lavoratori ricevono un aumento del netto in busta paga fino a 100 euro al mese. D’altra parte, si tratta di un incentivo nato per sostenere il reddito disponibile dei lavoratori, senza pesare sulla sostenibilità dell’INPS.
Con la circolare INPS n. 11 del 16 gennaio 2024, sono stati forniti chiarimenti circa l’esonero contributivo. In particolare, la legge di Bilancio 2024 ha istituito l’esonero dei contributi previdenziali per invalidità, vecchiaia e superstiti, in favore dei lavoratori dipendenti, con esclusione del lavoro domestico, per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2024.
L’esonero contributivo in busta paga è così articolato:
- sei punti percentuali se la retribuzione imponibile mensile per 13 mensilità non supera i 2.692 euro;
- sette punti percentuali se la retribuzione imponibile mensile per 13 mensilità non supera i 1.923 euro.
Il governo italiano potrebbe valutare di mantenere attivo lo sgravio contributivo anche per il 2025. Tuttavia, il meccanismo di priorità adottato dall’Esecutivo potrebbe non consentire il rinnovo di questo beneficio per il prossimo anno.
Bonus Mamme lavoratrici: anche nel 2025?
L’INPS, nella circolare n. 27 del 31 gennaio 2024, ha fornito le indicazioni operative relative al Bonus Mamme lavoratrici. Si tratta di un esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri con almeno tre figli, assunte con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Per agevolare la fruizione dell’esonero, le lavoratrici dei settori pubblico e privato possono comunicare al datore di lavoro la volontà di beneficiare del bonus e informarlo del numero dei figli e dei loro codici fiscali.
L’INPS riconosce un esonero contributivo al 100% (articolo 1, commi 180 e 181, della legge di Bilancio 2024) della contribuzione previdenziale a carico della lavoratrice, fino a un massimo di 3.000 euro annui, ovvero 250 euro al mese per dodici mesi.
Più soldi in busta paga nel 2025 con l’esonero per le mamme lavoratrici
Come precisato nella circolare n. 27 del 31 gennaio 2024, l’Ente Nazionale della Previdenza Sociale ha stabilito i termini di scadenza della misura:
- l’esonero contributivo termina il 31 dicembre 2026 per le lavoratrici con almeno tre figli;
- l’esonero contributivo termina il 31 dicembre 2024 per le lavoratrici con almeno due figli.
Alla luce delle indicazioni fornite dall’INPS, il governo italiano dovrebbe valutare il rinnovo dell’incentivo per le lavoratrici con due figli. Tuttavia, non è ancora certo se ciò avverrà. Per motivi di sostenibilità, è possibile che la misura non venga modificata e si concluda nei tempi e nei modi stabiliti dalla normativa vigente.
Variazioni IRPEF in busta paga a rischio
Le recenti modifiche all’aliquota IRPEF sul secondo scaglione di reddito, compreso tra 15.000 e 28.000 euro annui, hanno introdotto un’aliquota fiscale unica pari al 23%. Come riportato da money.it, questa modifica ha semplificato il calcolo delle tasse e ha fatto risparmiare ai lavoratori circa 260 euro all’anno.
L’obiettivo principale rimane quello di proseguire nel taglio delle tasse, intervenendo anche sulla fascia di reddito tra 50.000 e 60.000 euro.
Tuttavia, non è ancora certo se questo nuovo sistema fiscale rimarrà invariato per il 2025. Il governo italiano dovrà decidere se estendere l’aliquota unica anche per il futuro.
A tal proposito, una delle domande centrali ruota sulla sostenibilità della misura nel lungo periodo e sul beneficio effettivo per i lavoratori con redditi medi e bassi.