La discriminazione sul posto di lavoro è una realtà che colpisce un’ampia percentuale di lavoratori in Europa. Secondo recenti studi, oltre la metà dei lavoratori europei (51%) ha subito discriminazioni sul lavoro negli ultimi 12 mesi, e una persona su sei dichiara di essere discriminata frequentemente. Questo dato allarmante evidenzia la necessità di interventi urgenti per promuovere l’uguaglianza e combattere le disuguaglianze.
Discriminazione sul posto di lavoro: dati e contesto
Secondo il sondaggio “Sustainability Insights” di PageGroup, condotto tra maggio e giugno 2022 su 4.755 lavoratori in Europa, l’età è la causa più comune di discriminazione. Il 34% degli intervistati ha dichiarato di aver subito discriminazioni basate sull’età almeno una volta nell’ultimo anno. Seguono il genere (23%) e il background culturale (22%).
Discriminazione sul posto di lavoro: cosa dice la legge
La Costituzione Italiana, all’articolo 3, stabilisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. Questo principio è rafforzato dal Trattato di Amsterdam dell’UE, che vieta le discriminazioni sul lavoro basate su età, disabilità, origine etnica o razziale, religione, genere e orientamento sessuale.
Tipologie di discriminazione: diretta e indiretta
La discriminazione può manifestarsi in forme diverse, principalmente diretta e indiretta. La discriminazione diretta si verifica quando una persona viene trattata meno favorevolmente a causa di una caratteristica protetta, come il genere o l’origine etnica. Per esempio, escludere una donna da un progetto solo per il suo genere costituisce discriminazione diretta.
La discriminazione indiretta, invece, si verifica quando politiche o pratiche apparentemente neutre mettono in svantaggio un particolare gruppo di persone. Ad esempio, richiedere a tutti i dipendenti di lavorare il sabato discrimina coloro che praticano l’ebraismo, per i quali il sabato è un giorno di riposo religioso.
Dati e casi di discriminazione sul posto di lavoro in Italia
Le statistiche mostrano che il 26% delle persone LGBTQIA+ in Italia ha subito svantaggi sul lavoro a causa del proprio orientamento sessuale. Inoltre, il 23% dei lavoratori italiani dichiara di aver subito discriminazioni di genere, con il 38% delle donne che riportano tali esperienze rispetto al 12% degli uomini.
Quali sono i vantaggi di un ambiente di lavoro inclusivo
Adottare politiche inclusive non solo aiuta a prevenire la discriminazione, ma può anche migliorare significativamente la cultura aziendale. Secondo Deloitte, i team con leader inclusivi hanno il 17% in più di probabilità di ottenere prestazioni elevate, il 20% in più di probabilità di prendere decisioni di alta qualità e il 29% in più di probabilità di mostrare comportamenti collaborativi. Inoltre, un ambiente di lavoro inclusivo può aumentare la produttività e la soddisfazione dei dipendenti.
Come agire in caso di discriminazione sul posto di lavoro
Se un lavoratore subisce discriminazione, è essenziale che sappia come agire. La legge italiana prevede sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano le norme sulla parità di genere e vieta qualsiasi atto discriminatorio. I dipendenti possono presentare reclami alle autorità competenti e cercare assistenza legale per proteggere i propri diritti.
Micro-aggressioni sul posto di lavoro: i dati
Circa sei lavoratori su dieci hanno sperimentato micro-aggressioni sul posto di lavoro, manifestazioni di denigrazione o insulti che possono avere un impatto significativo sulla vita professionale. Secondo l’Istat, il 41,5% delle donne e il 39,7% degli uomini evitano di parlare della propria vita privata per nascondere il proprio orientamento sessuale. Inoltre, una persona su cinque evita di socializzare con colleghi nel tempo libero per lo stesso motivo. Questi dati indicano una necessità urgente di interventi concreti da parte dei datori di lavoro per prevenire e contrastare tali discriminazioni.
Responsabilità del datore di lavoro
La legge italiana stabilisce chiaramente le responsabilità del datore di lavoro in caso di discriminazione. L’articolo 15 dello Statuto dei Lavoratori dichiara nulli tutti gli atti discriminatori legati all’orientamento sessuale, alle convinzioni personali e ad altre caratteristiche protette. Questo include:
- Decisioni aziendali che condizionano l’assunzione o il licenziamento basati su tali motivi.
- Assegnazioni a ruoli inferiori o trasferimenti motivati dall’appartenenza alla comunità LGBTQIA+.
In questi casi, il dipendente ha diritto al risarcimento del danno subito, alla reintegrazione nel posto di lavoro e al mantenimento delle precedenti mansioni o sede.
Obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro non è esente da responsabilità anche quando la discriminazione viene perpetrata da colleghi o superiori. L’articolo 2087 del Codice Civile impone all’imprenditore l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie per tutelare l’integrità fisica e morale dei dipendenti. In caso di molestie o maltrattamenti, il datore deve sanzionare il responsabile e, nei casi più gravi, procedere con il licenziamento immediato.
Sanzioni per la discriminazione sul posto di lavoro
Le sanzioni per la discriminazione sul lavoro possono essere severe. Ecco un riepilogo delle sanzioni previste:
- Discriminazioni riguardanti accesso al lavoro, formazione professionale, parità retributiva, qualifiche, mansioni, carriera e età pensionabile: sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 euro.
- Inottemperanza alla diffida dell’Ispettorato del lavoro: sanzione da 103 a 516 euro.
- Presentazione di un rapporto mendace o incompleto sulla situazione del personale: sanzione da 1.000 a 5.000 euro.
- Inosservanza di decreti o sentenze in seguito a azioni individuali: arresto fino a sei mesi o ammenda fino a 50.000 euro.
- Inosservanza di quanto stabilito dal giudice in seguito a azioni collettive: arresto fino a sei mesi o ammenda fino a 50.000 euro.
Cosa deve fare il dipendente per tutelarsi: azioni individuali
I dipendenti che ritengono di essere vittime di discriminazione possono avviare un’azione individuale in tribunale. Gli strumenti disponibili includono:
- Procedura di conciliazione prevista dal contratto nazionale di categoria.
- Tentativo di conciliazione promosso dal lavoratore o dal consigliere di parità.
- Causa in tribunale, con il supporto del consigliere di parità.
- Ricorso d’urgenza al giudice del lavoro.
Azioni collettive
Quando più lavoratori sono coinvolti in una situazione discriminatoria, è possibile promuovere un’azione collettiva. I lavoratori possono richiedere al datore di lavoro un piano di rimozione delle discriminazioni entro 120 giorni, sentite le rappresentanze sindacali. Se il piano è idoneo, si può promuovere un tentativo di conciliazione. In alternativa, si può ricorrere al tribunale o avviare una procedura d’urgenza.
Il giudice che accoglie il ricorso ordina la cessazione del comportamento discriminatorio e la rimozione dei suoi effetti, e può stabilire il risarcimento del danno a favore del lavoratore.
Tutele per chi denuncia
Il lavoratore che denuncia una discriminazione non può essere sanzionato, demansionato, licenziato o trasferito per questo motivo. Sono quindi da considerare nulli:
- Il licenziamento ritorsivo o discriminatorio.
- Il cambiamento e la modifica di mansioni professionali al ribasso in seguito alla denuncia.
- Qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti di chi ha denunciato la discriminazione sul posto di lavoro.