Si chiamava Erika Boldi e aveva appena 26 anni la giovane che domenica scorsa, 7 luglio 2024, è stata trovata senza vita, senza vestiti, nelle griglie di una chiusa del fiume Tartaro, a Verona. Sembra che da tempo si fosse allontanata dalla casa che condivideva con la madre e la sorella dopo la morte del padre a Mantova: per fare luce sulla sua morte la Procura ha aperto un fascicolo d’inchiesta per omicidio a carico di ignoti.
Chi era Erika Boldi, la ragazza di 26 anni trovata morta nel fiume Tartato, a Verona
L’ultimo avvistamento in vita di Erika Boldi risalerebbe alla sera di sabato 6 luglio: stando a quanto riporta Il Corriere della Sera, la giovane, di 26 anni, si sarebbe recata in un locale di Villafranca Veneta insieme a dei suoi amici. Più tardi, attorno alle 23.30, avrebbe telefonato a sua sorella “per dirle che la mattina era stata arrestata per resistenza a pubblico ufficiale” e che poi era stata rilasciata.
Lo ha raccontato la madre al quotidiano L’Arena, spiegando anche che, nonostante l’accaduto, sembrava tranquilla.
Temo che poi Erika sia salita in auto con qualcuno che forse le ha ceduto della sostanza e che lei abbiamo avuto un’overdose. E che quella persona, anziché chiamare il 118 o portarla in ospedale l’abbia abbandonata senza scrupoli, o addirittura l’abbia scaraventata nel fiume per non farla trovare subito. Forse si poteva salvare,
ha poi aggiunto la donna. Dai primi accertamenti autoptici eseguiti sul suo corpo sarebbe emerso che nei suoi polmoni non c’era acqua: con tutta probabilità, dunque, è morta prima di essere gettata nel fiume. Da chi dovranno chiarirlo le indagini, che si starebbero concentrando, al momento, sull’individuazione dell’auto che alcuni residenti della zona vicino al fiume Tartaro – dove un addetto alla manutenzione ha trovato il suo corpo nudo la scorsa domenica – avrebbero sentito avvicinarsi e poi allontanarsi sgommando nella notte di sabato.
Bisognerà chiarire chi ci fosse alla guida e se, proprio in quei momenti, si sia disfatto del cadavere di Erika. Ma bisognerà chiarire anche come è morta la ragazza. Potrebbe essere stata davvero un’overdose ad ucciderla? Oppure qualcuno le ha tolto la vita e poi l’ha abbandonata? Per il momento niente è da escludere.
Il caso (simile) di Alex Marangon
La famiglia della 26enne, che di recente si era mossa per convincerla a raggiungere la comunità di San Patrignano per i suoi problemi di tossicodipendenza, si aspetta la verità. Come si aspetta la verità anche la famiglia di Alex Marangon, il ragazzo di appena un anno più giovane che lo scorso 3 luglio è stato ritrovato senza vita nel greto del fiume Piave.
Dal 30 giugno risultava scomparso: dei suoi conoscenti avevano dichiarato di averlo visto allontanarsi dall’abbazia di Santa Bona di Vidor – dove si trovava per prendere parte a un ritiro spirituale – e di aver poi perso le sue tracce. Si era pensato che potesse essere caduto in acqua dopo aver consumato una sostanza psichedelica chiamata ayahuasca. Poi l’autopsia ha rivelato sul suo corpo segni di un “pestaggio selvaggio”.
L’ipotesi dei genitori, assistiti dagli avvocati Stefano Tigani e Nicodemo Gentile, è che abbia visto qualcosa che non doveva vedere e che, dopo aver cercato di scappare, sia stato raggiunto e ucciso. Negli scorsi giorni, intervistati dai giornalisti, hanno chiesto a chiunque sappia qualcosa di farsi avanti e parlare. Qui ricapitolavamo gli ultimi sviluppi.