Circa 50 suicidi dall’inizio del 2024, sovraffolamento e aggressioni dilaganti: davanti alla profonda crisi delle carceri italiane, il ministro della Giustizia Carlo Nordio rilancia con il Dl Carceri. Più unità fra le fila degli agenti di polizia penitenziaria, telefonate ai propri cari e la creazione di un albo ad hoc con l’obiettievo di snellire le pratiche burocratiche e – come il ministro stesso ha affermato – “rendere più umana la detenzione“.
Eppure, difrontre ai numerosi casi raccontati sulle pagine di cronaca, l’ok del governo al decreto rischia di suonare come l’ennesimo tentativo di rattoppare una situazione molto più profonda e delicata. TAG24 ha chiesto alla coordinatrice nazionale di Antigone, Susanna Marietti, quali siano i reali benefici del decreto e la realtà dei detenuti in Italia.
Dl Carceri e sovraffollamento, Marietti: “Bisognerà aspettare per capire”
È arrivato sul tavolo del Consiglio dei Ministri il decreto cosiddetto “Svuotacarceri“, proposto dal ministro della Giustizia Nordio. Peccato che di “svuota” il dl non abbia granché, infatti – come lo stesso ministro ha spiegato – l’obiettivo primario non è quello di sgomberare le carceri, bensì di rendere le procedure burocratiche per l’ottenimento della libertà anticipata più snelle.
Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone, a TAG24 ha commentato che:
“Il decreto non ha misure particolarmente difettive. Sicuramente non servirà per per riportare le carceri nelle condizioni della legalità quantitativa, diciamo. Velocizzerà un po’ l’applicazione della liberazione anticipata e poi bisogna capire. È ancora presto per parlarne.“
Fra le misure previste dal dl, tuttavia, è programmata l’iscrizione a un albo per tutte quelle strutture predisposte ad accogliere i detenuti che stanno scontando il fine pena o condannati per reati minori che non necessitano obbligatoriamente della detenzione in carcere.
Sul punto, però, Marietti sottolinea che anche l’assunzione di ulteriori agenti di polizia penitenziaria può essere un fattore di rafforzamento del comparto sicurezza, ma che questo, però, “non è niente di rivoluzionario”.
I probelmi del sistema penitenziario italiano
Detenuti stipati in celle troppo piccole per contenerli tutti e frustrazione a livelli altissimi. Magari una parola sbagliata o una giornata più storta di altre ed ecco che esplode il caos: violenze agli agenti di sicurezza o ancora, l’estremo gesto del suicidio.
Un circolo infinito di cause e conseguenze, senza fine e senza inizio. Eppure, a governare le case circondariali italiane non è solamente il sovraffollamento, ma tutta una serie di criticità importanti:
D: Quali problemi affliggono le carceri italiane?
R: Sicuramente anche l’insufficienza di agenti di polizia penitenziaria e di educatori. Noi abbiamo circa un poliziotto ogni detenuto in mezzo e un educatore ogni 80. Questo è certamento uno dei problemi principali. Poi, comunque, abbiamo un carcere privo di qualcosa di progettualità. Ad esempio, i detenuti non lavorano o se lo fanno lavorano alle dipendenze dell’amministrazione dirigenziaria, impegnato in piccoli lavoretti di manutenzione dell’Istituto, che non avranno alcuna spendibilità fuori. Dopodiché, l’istruzione. Se si vanno a vedere i numeri delle persone che riescono a superare l’anno sono bassissimi-Non ci sono corsi di formazione professionale, se non ad opera del volontariato, ma, insomma, lasciato così, al buon cuore dei volontari. Per cui, il carcere non aiuta nel reinserimento sociale.
D: Un’altra cosa abbastanza delicata è anche la detenzione di persone con fragilità psicologiche all’inteno di carceri normali.
R: In realtà, la situazione è un po’ più complessa di così, non è facile ridurla in poche parole. Quanto riguarda la salute fisica, questa è in mano alle Asl. Quindi, non è che ci sono altri posti dove devo andare. In caso di patologie gravi vengono portati fuori. Se si tratta di salute psicologica, invece, bisogna capire come gestirla.
Quando il detenuto non ha la capacità di intendere e di volere, al momento della commissione del reato, allora deve essere collocato in una REMS (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza). Se accertato tutto questo, non verrà data alcuna pena, in quanto incapace di intendere e di volere. Solo che queste strutture sono poche e personalmente non credo che la soluzione sia quella di ampliare le REMS. Io credo che la soluzione sia quella di usare misure di sicurezza detentive con più parsimonia, perché molte di queste persone potrebbero avere una libertà vigilata. Essere ospiti, magari, di strutture di cura territoriali, quindi, il problema è il recupero, che è qualcosa di molto più capillare, che non dipende dal Ministero della Giustizia.
Quindi, la questione è del mancato dialogo, la mancata armonia con la magistratura. Carceri e magistratura, a volte, si parlano poco e non riescono a trovare soluzioni adeguate per queste persone. Se persone, invece, al momento della condanna, sono capaci di intendere e di volere, quindi, sono destinatari di una pena, vengono messi in carcere e lì sviluppano un disagio psichiatrico, allora dovrebbero andare in detenzione domiciliare. A essere curate fuori, pur se a volte accade che il carcere non riesce a gestirle adeguatamente. Per cui si trovano quelle sezioni, veramente, indegne di un Paese civile, dove queste persone sono nutrite di psicofarmaci e abbandonate a loro stesse.
Il dramma dei detenuti fragili e con problemi psichiatrici
Un quadro delineato a tinte fosche, oltre che dalle stime e dai dati dei sindacati, anche dalle pagine di cronaca nera, che sempre più spesso descrive episodi di violenza estrema dettati da disagi sociali o psicologici. Sul punto Marietti afferma:
“Anche qui, ci vorrebbe una presa in carico delle Asl più capillare, più forte. E soprattutto pensata non solamente da un punto di vista farmacologico del “ti do le gocce”, ma di una presa in carico di tipo psicologico. Anche in questo caso il problema è più complesso perché Io credo troppo spesso si tende a psichiatrizzare problemi, che, magari, hanno un’origine che non è psichiatrica.“
Come spiega la coordinatrice nazionale di Antigone, infatti, molto spesso alcuni detenuti vengono bollati come “pazienti psichiatrici” anche nel caso in cui manifestino problemi che, invece, riguardano la socializzazione e, quindi, lo stare in una società:
“Spesso si sente dire che il 50% dei detenuti ha problemi psichiatrici e allora dovrebbe uscire. Il 50% delle persone non ha problemi psichiatrici. Sono problemi sociali, che vanno presi in cosiderazione in quanto tali. Entrano in carcere persone che hanno una fragilità sociale enorme e andrebbero aiutate su quel piano, non con gli psicofarmaci. Insomma, la situazione complessa. Non è possibile dare una risposta unitaria.“
Quali possibili soluzioni alla crisi delle carceri? Il dl Nordio fra amnistie e indulti
È possibile che questo 2024 abbia caratteristiche in comune con il 2006, anno dell’indulto? Sembra il ripetersi della stessa storia, infatti: un Giubileo in arrivo, carceri troppo affollate, violenze e decreti volti ad allentare la pressione sulla polizia penitenziaria.
Più di recente, lo scorso 25 aprile 2024, il procuratore aggiunto di Catania, Sebastiano Ardita, in un’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano in merito all’indulto previsto dal disegno di legge presentato dal parlamentare di Italia Viva, Roberto Giachetti e in discussione in Commissione Giustizia alla Camera, ha espresso i suoi dubbi. Sulla stessa scia molte altre perplessità si sono sollevate, tanto da portare lo stesso renziano a tornare sui suoi passi e dichiarare che il ddl non avrebbe introdotto un indulto.
“Giachetti ha parlato di liberazione anticipata, che, però, ora è in discussione. Vediamo che cosa succederà, ma non credo che avrà alcun risultato. Quanto all’amnistia, indulto, se non viene data neanche la liberazione anticipata, figuriamoci se questa maggioranza potrebbe votare un’amnistia o un indulto. Non ci sono proprio i numeri utilizzabili per un provvedimento di clemenza di questo tipo, che che viene visto dall’attuale maggioranza aumentata dai 5 Stelle come un provvedimento svuotacarceri. Mi sembra difficile che possa passare qualcosa di positivo.“
D: Eppure, un mese fa, al Carcere di San Vittore, Giuliano Amato tirò fuori proprio questi concetti…
R: È facile parlarne da fuori. Più difficile parlarne da dentro. Lei sa che provvedimenti, per passare, devono avere almeno i 2/3 della maggioranza. Ma chi abbiamo dentro a questa maggioranza? Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia…
D: Quindi, diciamo che l’unica soluzione è che bisogna aspettare i risultati di questo decreto? Non si può avanzare alcuna ulteriore ipotesi?
R: Sì, diciamo che l’unica soluzione è che non si è trovata alcuna soluzione e ci teniamo il carcere sovraffollato. Questo governo non ha fatto altro che introdurre nuove fattispecie di delitto e aumentare le pene per le fattispecie già esistenti. Se il sistema penale porta in carcere chiunque per qualsiasi problema della società, allora ci sarà sempre il sovraffollamento. Bisognerebbe una riforma del codice penale, una depenalizzazione di alcuni reati. Così, le carceri si svuotano.