Grande ritorno ad Ariccia con “Fantastiche Visioni”, la rassegna di teatro curata da Giacomo Zito dentro il parco di Palazzo Chigi.
Siamo alla quattordicesima edizione della rassegna ariccina, che si è tenuta il 5 luglio 2024.
L’inviato di Tag24 Thomas Cardinali ha intervistato l’attore e cantante Gianluca Guidi, figlio di Johnny Dorelli, che ha parlato del suo progetto dedicato a Frank Sinatra e che ha lanciato riflessioni sul teatro contemporaneo.
Gianluca Guidi figlio di Johnny Dorelli e il progetto su Frank Sinatra
D: Come è nato questo tuo progetto dedicato a Frank Sinatra?
R: Beh, è molto semplice. È nato perché nel 1915 è nato Frank Sinatra e quindi è dal 2015 che noi, per festeggiare il centenario della nascita di questo grande artista, abbiamo pensato di fare questo piccolo tributo di un’ora e mezza e da lì poi ha preso piede.
L’abbiamo fatto un po’ ovunque, devo essere sincero. Ariccia è la prima volta perché io proprio vengo ad Ariccia. Non ci sono mai stato, anche se ho vissuto 39 anni a Roma. Non è mai capitato.
D: Quanto è suggestivo esibirsi in un parco come questo?
R: È bellissimo. Per quello che ho visto, il palazzo è splendido. Io non lo conoscevo, ma si chiama Palazzo Chigi, in effetti evoca qualcosa di governativo, quindi ha una sua sontuosità intrinseca già nel nome. In più arrivi e trovi questa meraviglia: è stupendo, è veramente bellissimo. Il parco è splendido e, insomma, l’organizzazione, grazie a te e a voi tutti quanti, è perfetta. Quindi, insomma, è sempre bello quando si lavora in tranquillità, in un bel posto, in una bella, come dicono oggi, moderna location. Allora è tutto più semplice, diciamo.
Gianluca Guidi e l’evoluzione del teatro
D: Parlando di luoghi magici, lo è sicuramente il teatro. Tu hai lavorato con Nino Manfredi, Gigi Broglietti. Quanto è cambiato il teatro?
R: È cambiato completamente. È cambiato il modo di frequentarlo da parte del pubblico. C’è un problema che noi abbiamo: non abbiamo mai cercato di informare il pubblico, lo abbiamo sempre inseguito, sperando di trovare delle soluzioni agli incassi, a questo, a quell’altro.
Invece di crearci una clientela, ci creiamo una clientela che si interessa soltanto a ciò che già conosce o riconosce e non ha più alcun interesse a conoscere qualcosa di nuovo. Giovani autori, cosa che invece esiste nei paesi anglosassoni, in Francia o in Germania. Noi, però, l’abbiamo sempre inseguito, non abbiamo mai tentato di informarlo.
Anch’io mi metto dentro, salvo qualche teatro stabile che aveva la possibilità anche finanziaria di poterlo fare. Però non credo che ciò dipenda da quello, credo che sia proprio una formazione che si deve creare in qualche modo, che duri del tempo e quindi ce ne voglia per poterlo fare. Ma tanto non gli è mai stato dedicato questo tempo, quindi il problema non si pone.
La famiglia e la vita artistica
D: Quanto la tua famiglia è stata importante nella tua scelta di vita artistica e hai mai sentito forte il peso della responsabilità del nome che porti?
R: La scelta senza dubbio è stata ovviamente non obbligata, ma se nasci in una famiglia come la mia o odi tutto quello che fanno oppure lo adori, non c’è una via di mezzo.
Per quanto riguarda il peso, direi proprio di no. Anzi, io mi sono trovato una clientela, un pubblico che è venuto a vedere cosa faceva il figlio dei loro beniamini.
Io credo che essere figlio d’arte alla fine sia una bella cosa, aiuta e certo, come tutte le cose, ha i pro e i contro, ma non è molto diverso dal resto.
Insomma, è semplicemente un fatto in più che noi conosciamo, visto che siamo nati in queste famiglie. Noi parliamo del sindacato figli d’arte, ovviamente. A partire da Liza Minnelli, che è la figlia di Judy Garland.
D: L’ultima domanda. Qual è la canzone del cuore, il film del cuore che hai dentro di te?
R: Oh mamma mia. Il film del cuore? Non saprei. A me piace andare al cinema, ma non ho visto molti film da spettatore. Non c’è un film del cuore. Forse “Il nome del papa re” di Magni con Manfredi. Trovo che sia un film meraviglioso, bellissimo.
La canzone. Forse un brano di Sinatra, inciso in quel primo disco che ho trovato moltissimi anni fa a casa. Ce n’erano dentro dodici. Ecco, forse il disco è quello lì.