Non un “muro episodico contro la destra”, né “una convergenza dettata dalla contingenza e circoscritta al secondo turno” come in Francia, ma un “lavoro di tessitura dell’alternativa” che metta al centro “i per e non i contro”. Elly Schlein apre la direzione Pd dopo aver depositato in Cassazione, insieme a tutte le altre forze di opposizione ad eccezione di Azione, il quesito per il referendum abrogativo dell’autonomia differenziata. “Ci interessa costruire una piattaforma condivisa sui contenuti. L’orizzonte è quello di governare insieme”, azzarda. Per questo, è il ragionamento della leader dem “non è il tempo dei veti”, e nemmeno di “velleità egemoniche” o richiesta di abiure. Quella che va costruita è una ‘via italiana’ alla vittoria contro le destre, attraverso una “coalizione plurale. È il tempo dell’alternativa”, insiste. Per Schlein il 24,1% raggiunto dal Pd alle Europee e la vittoria alle amministrative hanno aperto una fase nuova: “Siamo sulla strada giusta. L’alternativa è più vicina adesso, più credibile e il Pd è il perno assoluto”, dice sicura. La leader, quindi, chiede responsabilità, dentro e fuori il partito.
La leader Pd cerca l’intesa ma tra Renzi e Calenda è sempre polemica
“Ho parlato sia con Calenda sia con Renzi, ma per ora la vedo ancora difficile riunirli. In realtà Renzi ha un afflato unitario, lui ha capito. Calenda purtroppo no, è meno politico”, confida la leader. La replica del leader di Azione non si fa attendere. “Cara Elly Schlein, non è un problema di essere o non essere politici ma di cosa serve o non serve al Paese. E un’accozzaglia populista e largamente filoputiniana con una spruzzata di centrino opportunista non serve a nulla. Buona strada”, taglia corto su X. Calenda e Schlein, in realtà, si sentiranno nei prossimi giorni, anche se da quartier generale di Azione filtra che la posizione del leader non cambierà: “Avanti sui diritti sociali, sì a proposte concrete, no a barricate ideologiche”. Da Renzi, invece, arriva un altro avvertimento: “Le elezioni inglesi offrono un quadro molto chiaro. Quando la sinistra scommette sui riformisti, vince: è successo con Blair e con Starmer. Quando la sinistra isola i riformisti, perde: è successo con Ed Miliband e Corbyn. Se la sinistra vuole vincere deve sfondare al centro, non solo nel Regno Unito”, la lettura dell’ex premier che non nasconde alcune spinte interne per mettere in campo una ‘Margherita 2.0’ che si collochi definitivamente nel campo del centrosinistra e, non a caso, invia Maria Elena Boschi quale ambasciatrice di Iv in Cassazione per partecipare alla battaglia del referendum.