La trasmissione della lettera di licenziamento può avvenire tramite vari mezzi, inclusi email, SMS e WhatsApp. Tuttavia, è fondamentale che vi sia una rigorosa prova dell’effettiva ricezione del documento da parte del lavoratore. Andiamo a vedere quando il licenziamento via email risulta legittimo e quando non è valido e quali sono i requisiti legali per garantire la validità del documento.
Licenziamento via email o PEC: quando è valido?
La Corte di Cassazione ha stabilito che l’email tradizionale, sebbene accettata come mezzo di comunicazione del licenziamento, non offre la stessa sicurezza e integrità della PEC (Posta Elettronica Certificata). La PEC garantisce l’integrità del documento e la sua immodificabilità, caratteristiche che la posta elettronica tradizionale non può assicurare. La sentenza n. 29753/17 della Cassazione ha respinto un ricorso dove il licenziamento era stato comunicato tramite email ordinaria, evidenziando la necessità di un documento che possa essere liberamente valutato dal giudice.
Valore probatorio della email
L’email rientra nella definizione di “documento informatico” secondo il Dlgs. 82/2005, ma per avere pieno valore probatorio, deve essere firmata digitalmente. Senza la firma elettronica, l’email può essere considerata solo un documento liberamente valutabile dal giudice. In assenza di firma digitale, la comunicazione via email deve dimostrare che il messaggio sia stato effettivamente ricevuto e letto dal lavoratore, come avvenuto nel caso in cui il dipendente ha confermato la ricezione comunicando ai colleghi l’interruzione del rapporto di lavoro.
Licenziamento tramite WhatsApp e SMS
Il Tribunale di Catania, nell’ordinanza del 27 giugno 2017, ha riconosciuto la validità del licenziamento comunicato tramite WhatsApp. Il giudice ha considerato il messaggio come un documento informatico idoneo a soddisfare il requisito della forma scritta, grazie alla certezza dell’identità del mittente e alla chiara volontà di licenziare espressa nel messaggio. La validità è stata ulteriormente confermata dalla tempestiva impugnazione del licenziamento da parte del dipendente. Ne abbiamo parlato in modo più approfondito in questo articolo.
Anche l’SMS può essere considerato valido per comunicare un licenziamento, come stabilito dalla Corte d’Appello di Firenze nella sentenza del 5 luglio 2016. Un SMS inviato da un’utenza aziendale e contenente una chiara volontà di rescissione del contratto di lavoro soddisfa i requisiti di forma scritta previsti dalla legge. La prova della ricezione e della comprensione del messaggio da parte del lavoratore è stata data dalla immediata impugnazione del licenziamento.
Requisiti legali e prove necessarie
La legge italiana, in particolare l’art. 2 L. 604/66, richiede che il licenziamento sia comunicato per iscritto. Tuttavia, la legge non specifica le modalità esatte di trasmissione del documento. La giurisprudenza ha quindi stabilito che qualsiasi mezzo che garantisca la trasmissione materiale del documento e la sua conoscenza da parte del destinatario può essere considerato valido.
Per garantire l’integrità e la sicurezza del documento, è preferibile utilizzare mezzi che offrano meccanismi di sicurezza, come la PEC o la firma digitale. Questi strumenti assicurano che il documento non possa essere modificato e che la sua provenienza sia certa. In assenza di tali meccanismi, la validità del documento è soggetta alla valutazione del giudice, che deve considerare se il documento presenta le caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità necessarie.
Quando il licenziamento viene comunicato tramite mezzi non tradizionali, come email, WhatsApp o SMS, spetta all’autorità giudiziaria verificare se questi mezzi soddisfano i requisiti di forma scritta. La giurisprudenza ha riconosciuto la validità di questi mezzi in vari casi, purché vi sia prova che il documento sia stato effettivamente ricevuto e compreso dal lavoratore.
In sintesi
La lettera di licenziamento può essere trasmessa via email, SMS, o WhatsApp, ma deve esserci prova della ricezione da parte del lavoratore. La Corte di Cassazione considera la PEC più sicura rispetto all’email tradizionale. WhatsApp e SMS sono validi se dimostrano la chiara volontà di licenziare e vengono tempestivamente impugnati. La legge richiede la comunicazione scritta del licenziamento, ma non specifica il mezzo, demandando ai giudici la verifica della validità.