Il licenziamento è l’atto con cui un’azienda interrompe unilateralmente il rapporto di lavoro con un dipendente. Le cause di un licenziamento possono variare dalla scarsa produttività alla violazione del segreto aziendale. Recentemente, un caso ha suscitato clamore: alcuni lavoratori di una società collegata a Euronics sono stati licenziati tramite un messaggio WhatsApp. Ma il licenziamento su WhatsApp è legittimo? Andiamo a vedere cosa dice la legge.
Licenziamento su WhatsApp: la pronuncia del tribunale di Catania
Le modalità con cui viene comunicato un licenziamento sono fondamentali. La legge italiana impone che il licenziamento debba essere comunicato per iscritto e deve essere inequivocabile. Tuttavia, con l’avvento delle tecnologie moderne, sorge il quesito se un messaggio inviato tramite WhatsApp possa essere considerato valido ai fini del licenziamento.
Il 27 giugno 2017, il Tribunale di Catania si è pronunciato su un caso di licenziamento tramite WhatsApp. Una lavoratrice aveva contestato la validità del suo licenziamento notificato via WhatsApp, ma il giudice ha ritenuto che il messaggio soddisfacesse i requisiti formali della legge, essendo una comunicazione scritta chiara e inequivocabile. Il tribunale ha stabilito che il messaggio WhatsApp può essere equiparato a un documento informatico dattiloscritto.
Licenziamento su WhatsApp: cosa dice la legge e dubbi interpretativi
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il licenziamento deve essere comunicato per iscritto, ma non è obbligatorio utilizzare forme “sacramentali”. La comunicazione può avvenire in forma indiretta, purché sia chiara e comprensibile. Questo principio è stato applicato dal succitato Tribunale di Catania, che ha considerato il messaggio WhatsApp idoneo a soddisfare l’onere della forma scritta.
Nonostante il riconoscimento della validità del licenziamento via WhatsApp, esistono problemi di certezza giuridica. La “doppia spunta grigia” di WhatsApp conferma la consegna del messaggio, ma non ha valore legale equiparabile a una raccomandata con ricevuta di ritorno. Questo può generare dubbi sull’effettiva conoscenza della comunicazione da parte del destinatario, complicando il computo dei termini di decadenza per impugnare il licenziamento.
Un recente caso di licenziamento su WhatsApp
Recentemente, i lavoratori della Nova Casale Srl, società collegata a Euronics, hanno ricevuto il loro licenziamento tramite WhatsApp. Il messaggio era chiaro e senza preavviso, indicando l’immediata cessazione del rapporto di lavoro e richiedendo la restituzione immediata dei beni aziendali. Questa modalità ha sollevato proteste, soprattutto considerando l’impatto emotivo e la mancanza di preavviso.
I sindacati Fisascat Cisl e Filcams Cgil hanno denunciato la situazione, evidenziando un piano di licenziamenti che potrebbe coinvolgere centinaia di lavoratori nell’area di Roma e Frosinone, con possibili ripercussioni in altre regioni italiane. Sorgono dunque legittimi interrogativi sulla legittimità e sulla eticità del licenziamento via WhatsApp, soprattutto quando non è accompagnato da preavviso e spiegazioni adeguate.
Per evitare contenziosi, è pertanto consigliabile che le aziende utilizzino modalità tradizionali e formalmente riconosciute per comunicare i licenziamenti, come la raccomandata con ricevuta di ritorno o la PEC (Posta Elettronica Certificata). Inoltre, le aziende dovrebbero fornire un preavviso adeguato e motivazioni dettagliate per il licenziamento, garantendo così trasparenza e rispetto dei diritti dei lavoratori.
Riferimenti normativi
Ecco alcuni normativi riferimenti da considerare:
- Articolo 6, comma secondo, della L. n. 604/1966: stabilisce i termini di decadenza per impugnare il licenziamento.
- Cass. Sez. Lav. n. 6845/2014: specifica che il licenziamento si perfeziona quando il destinatario ne viene a conoscenza.
- Cass. Civ. Sez. Lav. n. 17652/2007: afferma che la forma scritta del licenziamento non richiede modalità sacramentali, purché sia chiara e inequivocabile.
Licenziamento collettivo via WhatsApp: un atto sempre illegittimo?
Il licenziamento collettivo via WhatsApp è sempre illegittimo, poiché la legge impone una procedura formale e articolata che include la comunicazione ai sindacati e l’individuazione delle categorie di lavoratori coinvolti. La legge 223 del 1991 stabilisce che il licenziamento collettivo deve seguire specifici passaggi procedurali che non possono essere elusi con un semplice messaggio su WhatsApp.
Secondo la legge 223 del 1991, il datore di lavoro che intende procedere a un licenziamento collettivo deve notificare per iscritto l’intenzione ai rappresentanti sindacali aziendali e alle associazioni di categoria, fornendo dettagli sui motivi del licenziamento, il numero dei lavoratori interessati e i criteri di selezione.
Licenziamento via WhatsApp: quando è legittimo e cosa deve fare il datore di lavoro
Perché un licenziamento via WhatsApp sia considerato legittimo, il datore di lavoro deve dimostrare che il dipendente ha effettivamente ricevuto il messaggio. Non è sufficiente la doppia spunta blu di WhatsApp o una conferma di lettura automatica dell’email: è necessario che il dipendente abbia risposto al messaggio, lo abbia inoltrato al proprio avvocato, o abbia reagito in qualche modo che dimostri la ricezione del messaggio.
Se il dipendente risponde al messaggio di licenziamento o intraprende azioni legali in seguito alla ricezione, si considera che egli abbia tacitamente ammesso di aver ricevuto la comunicazione. Di conseguenza, il licenziamento sarà ritenuto valido. Al contrario, se il dipendente non reagisce, il licenziamento potrebbe essere considerato illegittimo in caso di contestazione legale.