È attesa per il prossimo 12 luglio la sentenza del processo di secondo grado che vede imputati l’ex maresciallo dei carabinieri di Arce Franco Mottola, il figlio Marco e la moglie Annamaria per l’omicidio della studentessa Serena Mollicone, consumatosi in Ciociaria nel 2001. Il procuratore generale Francesco Piantoni ha chiesto 24 anni per il primo e 22 anni per gli altri due: ecco il motivo.

“Serena Mollicone lasciata morire come Marco Vannini”: la requisitoria del pg al processo sull’omicidio

Secondo il pg, affiancato in aula dalla sostituta procuratrice Deborah Landolfi, Franco Mottola avrebbe tenuto, tra gli imputati, “il comportamento più grave”: al momento dell’omicidio di Serena Mollicone, nel mese di giugno del 2001, era infatti a capo della stazione dei carabinieri di Arce e, di conseguenza, “avrebbe dovuto prendere per primo le iniziative per evitare che la ragazza morisse”.

Stando a quanto ricostruito dall’accusa, insieme alla moglie Annamaria, con il benestare dei colleghi, aiutò invece il figlio Marco a disfarsi del corpo della 18enne, rimasta gravemente ferita dopo aver sbattuto la testa alla porta del dormitorio che la sua famiglia aveva in uso nei pressi della caserma e poi, secondo l’autopsia, morta asfissiata a causa del nastro adesivo col quale fu imbavagliata.

Fu trovata senza vita in un boschetto di Fonte Cupa ad Anitrella, nei pressi di Monte San Giovanni Campano, due giorni dopo la sua scomparsa. Se fosse stata aiutata per tempo, forse si sarebbe salvata. Per questo la sua storia è stata paragonata dal pg quella di Marco Vannini, il ventenne di Cerveteri che nel maggio del 2016 fu raggiunto da un colpo di pistola a casa della fidanzata Martina Ciontoli e lasciato morire.

Marco (Mottola, ndr) ha messo in pericolo la vita di Serena in un appartamento dove solo i Mottola potevano accedere. Entrambi i i genitori e lo stesso Marco avevano l’obbligo di garanzia di prestare soccorso alla ragazza che era entrata nell’abitazione di cui solo essi avevano la disponibilità e ciò non hanno fatto, anzi hanno voluto nascondere quanto era successo per evitare conseguenze penali ai danni del figlio, decidendo di soffocare la ragazza e quindi di ucciderla deliberatamente, per poi far sparire il corpo ed ogni traccia,

le parole dei sostituti procuratori, che per madre e figlio hanno chiesto 22 anni, “una pena un po’ più alta del minimo edittale” anche perché “non hanno mai ammesso le loro responsabilità e non hanno mai collaborato”. Lo riporta l’Agi.

Le richieste per gli altri due carabinieri imputati

Per Francesco Suprano, accusato di favoreggiamento, la pubblica accusa ha chiesto quattro anni di carcere; per Vincenzo Quatrale, che era accusato anche di istigazione al suicidio in relazione alla morte del vicebrigadiere Santino Tuzi (colui che dichiarò di aver visto la vittima entrare in caserma ma non uscire, il giorno in cui morì) è stata chiesta, invece, l’assoluzione.

Il motivo? Non sarebbe possibile provare, secondo il pg, un suo “concorso morale” nel delitto di Serena e il reato di istigazione sarebbe “insussistente”. Di fatto è l’unico, al momento, a poter essere considerato fuori dai giochi: per gli altri quattro si aspetta il verdetto dei giudici. In primo grado erano stati tutti assolti.

Come fu assolto, dopo aver trascorso 17 mesi in una cella, il primo sospettato del delitto di Arce, il carrozziere Carmine Belli, che di recente, ascoltato come teste, ha raccontato di aver visto Serena litigare con un “ragazzo biondo” (secondo l’accusa Marco Mottola) il giorno della scomparsa. Sembra che il ragazzo, amico di lunga data della 18enne, avesse iniziato a frequentare dei giri loschi. L’ipotesi è che lei, recandosi in caserma, volesse denunciarlo.