Caos in Iraq per i roghi scoppiati in tre città nel nord del Paese, probabilmente appiccati da membri del PKK, arrestati dalle forze dell’ordine irachene. Secondo la polizia locale, infatti, sarebbero tre gli affiliati al Partito dei Lavoratori del Kurdistan responsabili degli incendi.
PKK attivo in Iraq: la polizia arresta tre membri accusati dei roghi
Ha fermamente condannato e respinto l’accusa di aver appiccato gli incendi il PKK, che in un comunicato stampa, ha dichiarato la sua totale estraneità ai fatto e invitato il governo di Bagdad a “indagare meglio” per trovare i veri responsabili.
Secondo trapelato dalle informazioni della polizia irachena, gli autori dei roghi sarebbero due membri delle forze di sicurezza del Kurdistan autonomo, mentre un altro soggetto sarebbe un affiliato al partito. Nella nota si legge che:
Il PKK respinge le accuse infondate e invita lo Stato iracheno e il Ministero degli Interni ad agire responsabilmente di fronte alle direttive dell’intelligence turca e a identificare i veri responsabili degli incendi
Un botta e risposta che non fa che acuire la situazione di profonda tensione fra il Paese e il Kurdistan autonomo. Il PKK è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche di molti Stati mediorientali e europei.
Continuano i combattimenti nel Kurdistan autonomo
Il Kurdistan autonomo continua, tuttavia, ad essere teatro di feroci combattimenti fra i membri del braccio armato del PKK e l’esercito turco. A far nuovamente scattare la scintilla, la conferenza stampa tenuta lo scorso lunedì, 24 giugno 2024, dal Ministero degli Interni iracheno, che ha accusato il Partito degli incendi del 2023 e 2024.
Tali focolai avevano preso di mira e distrutto alcuni centri commerciali e mercati nelle città di Kirkuk, Erbil e Dohuk. Oggi, 1 luglio 2024, l’arresto dei presunti responsabili, fermati dopo le “confessioni” rilasciate alla polizia locale.
Il governo di Erbil (capitale del Kurdistan) e la Turchia sono impegnate insieme nella lotta al Partito, dichiarato vietato e che riceverebbe, secondo loro, i finanziamenti dall’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK). Anche Bagdad ha velatamente dichiarato di aver vietato il PKK, ma senza prendere concreta azione contro di esso. Una mossa che gli ha valso le critiche dei due Paesi confinanti.
Le confessioni
Secondo quanto stabilito dalla polizia di Bagdad, il primo degli accusati avrebbe appiccato l’incendio utilizzando “prodotti chimici” ritrovati all’interno del suo veicolo. A diffondere la notizia, il portavoce della polizia, il generale Mogdad Miri, che ha spiegato:
L’obiettivo: danneggiare gli interessi commerciali di un Paese con il quale sono direttamente in contrasto, ma anche avere un impatto sulla sicurezza e sulla situazione economica” del Kurdistan iracheno autonomo.
Il funzionario del Ministero degli Interni del Kurdistan, Hemin Mirany, intervenuto alla conferenza congiunta, ha rivelato l’identità degli arrestati. Secondo quanto affermato da Mirany, uno dei fermati apparterrebbe alle Peshmergas, le forze armate della regione autonoma, mentre l’altro sarebbe un ufficiale dei servizi antiterrorismo di Suleimaniyeh.
I due proverrebbero dalla Turchia e addestrati in Siria, per poi finire fra le fila del PKK. Al meeting con la stampa, i tre sospetti hanno indossato le tipiche uniformi gialle del carcere, mentre sono rimasti ammanettati, bendati e inginocchiati tutto il tempo.