Si avvicina la fine della libertà per Steve Bannon, l’ex consigliere di Donald Trump, che varcherà la soglia del carcere domani 1 luglio 2024: “Sono un prigioniero politico“. Così ha esordito l’ex capo stratega in una lunga intervista rilasciata alla ABC.

Steve Bannon in carcere: “Sono un prigioniero politico”. Condannato a 4 mesi

Sconterà la sua condanna a 4 mesi di carcere a partire da domani, 1 luglio 2024, Steve Bannon, ex capo stratega e consigliere di Donald Trump. A emettere la sentenza lo scorso venerdì, 28 giugno 2024, la Corte Suprema degli Stati Uniti per la mancata comparizione in aula al processo per l’assalto a Capitol Hill del 2021.

L’ora 70enne ha, perciò, deciso di dire l’ultima parola, prima di varcare i cancelli del carcere, con una intervista all’emittente ABC, nella quale ha dichiarato che durante la sua prigionia continuerà a “servire il Paese” e auto-definendosi un “prigioniero politico“.

L’ex manager, infatti, non ha alcuna intenzione di ridursi al silenzio e conferma che farà di tutto per appellarsi alla condanna, nonostante abbia dichiarato di “stare bene in prigione“.

La condanna

Sulla testa di Bannon pendono diversi procedimenti penali. Il Tribunale di New York, infatti, lo vede al banco degli imputati per truffa. In particolare, pare, che l’ex consigliere trumpiano abbia concorso a truffare milioni di donatori dell’iniziativa “We Build the Wall“, per un totale di 25 milioni di dollari.

Il piano, finanziato con i proventi dei donatori, appunto, doveva concretizzarsi nella grande promessa di Trump di costruire un muro per difendere i confini statunitensi con il Messico. Bannon, infatti, è accusato di riciclaggio di denaro, cospirazione, frode e altri reati dallo Stato di New York, sebbene il politologo si sia sempre dichiarato innocente.

A sancire la fine del suo status di libero cittadino il respingimento dell’appello della Corte Suprema statunitense, per i fatti di Capitol Hill.

Il processo

Bannon si sarebbe dovuto presentare al processo, dove avrebbe dovuto rispondere di quanto accaduto al Campidoglio, durante l’assalto del 2021. L’allora incaricata commissione d’indagine aveva richiesto la presenza dell’ex stratega come testimone.

Secondo l’accusa, infatti, l’uomo sarebbe stato a conoscenza dell’assalto orchestrato dai sostenitori di Trump per impedire la certificazione di Biden come presidente eletto, durante le elezioni di novembre 2021.

A conferma di ciò, la telefonata che Bannon avrebbe intrattenuto proprio con l’ex presidente statunitense e, poi, la sua ambigua frase Domani sarà un casino“, rilasciata il giorno prima dell’attacco al Campidoglio, durante il podcast di estrema destra che lo vedeva ospite.

La difesa

Secondo i legali di Bannon, invece, l’uomo avrebbe potuto rifiutarsi di comparire in processo perché l’ex presidente Trump stava esercitando il privilegio esecutivo, al momento dell’assalto. Ovvero, si tratterebbe di quel potere che permette al presidente di non rivelare informazioni al Congresso.

Tuttavia, Trump avrebbe esercitato abusivamente tale privilegio, dato che il magnate della Trump Tower non era più presidente. Ma, appunto, aveva dovuto cedere la poltrona a Biden, legittimo vincitore alle elezioni. Su questo punto accusa e difesa si sono scontrate duramente.

Per la difesa di Bannon, infatti, le Elezioni Presidenziali del 2020 erano state illegittime e, dunque, senza alcun valore.