Antonio Tajani continua la sua battaglia all’interno del Ppe e della maggioranza di Bruxelles per garantire una discontinuità rispetto ai cinque anni passati ribadendo ancora il suo no all’inclusione dei Verdi in maggioranza e lavora per la partita delle nomine dei commissari.
Dopo i ‘no’ della premier Giorgia Meloni ai candidati per i top jobs, Antonio Costa e Kaja Kallas e l’astensione su Ursula von der Leyen nella lunga notte di Bruxelles, il leader di Forza Italia e vicepresidente dei Popolari appare oggi la persona più influente in Europa per poter ‘negoziare’ a nome dell’Italia incarichi di primo piano.
La partita, però, non è finita, come sottolinea lo stesso Tajani in un’intervista questa mattina sul Messaggero, e questo lo sa anche Giorgia Meloni che non ci sta a farsi ‘isolare’. Dispone di un pacchetto di voti che fa gola all’attuale presidente della Commissione in corsa per la rielezione ed intenzionata a farlo pesare.
Nomine Ue, Tajani: “La partita non è finita. Europeismo non è dire sempre di sì a tutto”
Al momento è il leader italiano con maggior margine di movimento. Antonio Tajani sa che nelle prossime settimane in Europa si giocherà una partita molto importante per la nomina dei commissari e che toccherà a lui far si che l’Italia abbia un commissario di peso e con ‘portafoglio’ ovvero con la possibilità di spesa.
In una intervista al Messaggero, il leader di Forza Italia ha ribadito che la partita non è chiusa ancora e che l’Italia non è isolata, come sostengono i partiti del centrosinistra dopo che lo scorso 27 giugno, il nostro paese ha votato contro i top jobs.
“I negoziati sono sempre duri e i bracci di ferro si sono sempre verificati. L’europeismo non è dire sempre di sì e tutto va bene. L’Europa la si costruisce assieme, anche attraverso confronti duri. Tutto si risolverà per il meglio”.
Un chiaro messaggio all’opposizione e a chi in passato in Europa è stato troppo remissivo. Ritorna poi sulla questione delle nomine, ribadendo che il nostro paese si aspetta una nomina di peso che potrebbe avere il nome di Raffaele Fitto, attuale ministro dello Sviluppo e della Coesione.
Conferma von der Leyen e il peso dei voti di Giorgia Meloni
Ma in politica ogni giorno è un giorno diverso e qualche carta da giocare la premier ancora potrebbe averla, puntando tutto sul peso che i voti di Fratelli d’Italia potrebbero avere il prossimo 18 luglio al Parlamento di Strasburgo, senza sottovalutare quanto accadrà domani in Francia con le elezioni che potrebbero vedere Emmanuel Macron uscire ancora più indebolito.
Sì, perché se la partita per i top jobs è stata chiusa senza che l’Italia potesse dire la sua, adesso la questione si sposta a Strasburgo, dove Ursula von der Leyen sa di non avere i numeri necessari per la rielezione. I voti necessari per la riconferma sono 361, lei ne ha 399 ma non bastano per tenerla al sicuro dai franchi tiratori e allora in questo caso i 24 voti di Fratelli d’Italia potrebbero essere decisivi. Lo sa Meloni e lo sa von der Leyen, soprattutto se dovesse passare la linea Tajani della discontinuità con i Verdi.
Fratelli d’Italia non è Ecr quindi il veto di socialisti e liberali non varrebbe. La premier dovrà, però, almeno per il momento mettere da parte il sogno di creare un nuovo grande gruppo di centrodestra con Ecr come fulcro principale all’Europarlamento.