Le elezioni presidenziali in Iran sono un tema scottante: il 28 giugno 2024 è il giorno in cui i cittadini si recano alle urne per il nuovo capo dello Stato. L’affluenza ai seggi è scarsa e non è una sorpresa, dato che la gran parte del popolo si schiera contro il regime della Repubblica Islamica, capeggiato dalla Guida Suprema Ali Khamenei e il Consiglio dei Guardiani.
Il popolo iraniano vuole la libertà e continua a ribellarsi: non ha mai smesso dalle rivolte del 2022, quelle che hanno sconvolto l’Occidente per la morte della giovane curda Mahsa Amini e che hanno dato vita al movimento “Donne, Vita, Libertà”.
Proprio nel giorno delle elezioni presidenziali, le associazioni “Luce dell’Iran, “Italia – Iran” e “Anahita” hanno organizzato un sit in di protesta davanti alla sede dell’ambasciata a Roma. Sul posto era presente anche Tiziana Ciavardini, antropologa, giornalista ed esperta di Iran, con cui Tag24 ha cercato di approfondire la questione. Cosa succederà nella Repubblica Islamica dopo le elezioni?
Elezioni Iran 2024, Tiziana Ciavardini alla manifestazione davanti l’ambasciata di Roma | FOTO
Tiziana Ciavardini ha vissuto in Iran per quasi vent’anni e non ha mai smesso di interessarsi alle questioni legate alle Repubblica Islamica. Dalla condizione della donna, ai diritti umani, alla politica interna, la sua presenza alla manifestazione di Roma davanti all’ambasciata iraniana è una garanzia.
L’antropologa ha raggiunto i manifestanti delle associazioni “Luce dell’Iran, “Italia – Iran” e “Anahita” che hanno fissato per il 28 giugno – data scelta per le elezioni presidenziali – un appuntamento molto importante. Un sit in di protesta contro il prossimo futuro nella nazione. Il nuovo candidato eletto come presidente sarà comunque un burattino della Guida Suprema e del Consiglio dei Guardiani.
Tiziana Civiavardini ha raccontato a Tag24 quel che è successo durante la manifestazione, avvenuta nel pomeriggio subito dopo quella di “Donne, Vita, Libertà”.
D: Com’è andata la manifestazione di oggi a Roma? I cittadini iraniani cosa pensano a proposito di queste elezioni?
R: Sapevamo che ci sarebbe stato un certo astensionismo, e così è stato. Non c’è una grande affluenza per votare il nuovo presidente, né Iran e nemmeno qui a Roma. Sono stata davanti all’ambasciata, dove in teoria oggi fino alle 17 si può votare, e avrò visto forse entrare una persona.
Le persone che sono andate a votare sono pochissime. La gran parte dei cittadini iraniani che risiede nei paesi occidentali difficilmente ancora sostiene il regime, anzi, la maggioranza di coloro che sono fuori dall’Iran sono contrari, quindi non vanno a votare.
Adesso siamo di fronte ad una grande incognita, non sappiamo se l’astensionismo verrà preso in considerazione in Iran, paese in cui le leggi sono opinabili, nel senso che sono sottoposte ad interpretazione. La maggior parte dei paesi islamici, Iran incluso, fa riferimento alla Shariʿa, al diritto islamico, che poi viene interpretato da ogni stato a modo proprio, quindi anche sul discorso dell’astensionismo.
Secondo alcuni analisti a proposito del tema dell’elettorato in Iran, la scelta del nuovo presidente sarebbe già stata fatta dalla Guida Suprema e dal Consiglio dei Guardiani. I sei candidati alle elezioni sono anche loro dei fantocci nelle mani del potere assoluto dell’ayatollah Khamenei.
Riflettori puntati sulle elezioni in Iran oggi, quando c’è in corso anche il dibattito tra Biden e Trump. Questo aspetto non va sottovalutato. Secondo la visione di diversi esperti, gli Stati Uniti avevano grande interesse a togliere di mezzo il vecchio presidente, Ebrahim Raisi. Quell’incidente in elicottero non è stato così ‘accidentale’, ma ben architettato. Un nuovo presidente per rimpiazzare il vecchio.
Se negli USA dovesse vincere nuovamente Trump, il regime iraniano sa che andrebbe incontro ad un periodo difficile. Nel precedente mandato del Tycoon l’Iran era già stato sottoposto a sanzioni. Con Biden hanno molto più margine di manovra.
Tiziana Ciavardini: “In Iran i ragazzi e le ragazze continuano a ribellarsi: vogliono la fine del regime”
D: Cosa si aspettano i cittadini dopo le elezioni in Iran? Ci saranno cambiamenti importanti per il futuro?
R: Il sentimento della popolazione iraniana è una grande voglia di lottare contro il regime, una voglia di riscatto. Un’idea che anima soprattutto i giovani: ragazzi e ragazze che si sono ritrovati a vivere in questo regime, con discriminazioni che ovviamente non vanno d’accordo con quello che è il resto del mondo. Vogliono civiltà, emancipazione per quanto riguarda le donne; invece l’Iran fa passi indietro.
Questi ragazzi fortunatamente oggi, a differenza di venti o trent’anni fa, hanno i social, che sono strumenti assolutamente positivi. Attraverso il web si rendono conto che il mondo sta girando in un altro modo, molto diverso da quello che si vive in Iran. Anche loro vogliono quella libertà che non hanno mai conosciuto ed è per questo che continuano a manifestare.
D: Che sia monarchia o repubblica, il sentire comune dei cittadini iraniani è quello di liberarsi dal regime sanguinario e feroce al quale sono costretti a sottostare da anni. Quali sono le speranze per il futuro e cosa può fare l’Occidente per aiutare l’Iran?
R: Personalmente per il futuro mi aspetto che ci sia un crollo del regime. Gli iraniani vogliono la libertà, cioè un diritto universale. Si dovrebbe nascere liberi in ogni paese, è una condizione di normalità per noi in Occidente. Per loro invece è qualcosa di diverso, perché non hanno mai vissuto questa condizione.
In Iran se sei una donna non puoi andare allo stadio a vedere una partita, non si può ballare per la strada e sentire le canzoni. E’ proibito persino andare in gruppo a fare, ad esempio, una passeggiata al mare, perché non è permessa l’aggregazione tra uomini e donne.
Quello che noi possiamo fare come Occidente, è parlare soprattutto con i leader dei paesi per cercare di far capire quello che succede in Iran. Gli Stati sono perfettamente a conoscenza di quel che accade nella Repubblica Islamica, però il lato economico sorpassa quello umano. Quando si tratta di fare accordi economici i diritti umani vengono messi in secondo piano.
Se quel regime esiste ancora oggi è perché riceve il sostegno da una parte della popolazione, andata a votare obbligatoriamente. In caso contrario i cittadini ricevono una segnalazione, o viene loro decurtato lo stipendio. L’altra parte importante del sostegno al regime arriva dai paesi occidentali, che hanno sulla coscienza il peso delle morti di tantissimi uomini e donne iraniani. Non è solo colpa del ‘regime cattivo’. Il regime c’è, ma allo stesso tempo, l’Occidente non fa niente per distruggerlo.