Il regista Jeff Nichols si è ispirato al fotolibro “The Bikeriders” del fotografo Danny Lyon, pubblicato per la prima volta nel 1968, per raccontare la cultura delle crew di motociclisti americani negli anni ’60. Nello specifico il film “The Bikeriders” (che prende il nome dal titolo del libro) narra le storie degli Outlaws MC di Chicago, che nella finzione diventano i Vandals. Nel cast troviamo Tom Hardy, Austin Butler e Jodie Comer.

“The Bikeriders”, recensione

Kathy (Jodie Comer) ha circa trent’anni. Vive col fidanzato in una villetta a due piani, ma non è molto felice. È la classica brava ragazza che non crea mai troppi problemi. A una prima impressione potrebbe sembrare una persona docile, ma in verità possiede un temperamento forte e testardo. Non è una donna facile da comandare, anzi quando si mette in testa qualcosa cerca di fare di tutto pur di ottenerla. Però a guardarla proprio non te lo aspetteresti: è alta, ma ha il corpo così minuto che la faresti più bassa. Ha un visetto carino dalle guance tonde che attira l’attenzione, gli occhioni da cerbiatta grandi grandi di un verde scuro che si mescola al marrone. Ha i capelli lisci, castano chiaro, portati fino sopra le spalle, un sorriso malizioso e una dentatura perfetta. Benché non sia particolarmente benestante e non svolga un lavoro di chissà quale rilievo, ha un’aria elegante e un portamento fine che le conferisce un’aura quasi regale. Proprio per questo quando una sera farà il suo ingresso in un lugubre pub di periferia verrà subito notata da tutti i presenti, apparendo fuori contesto come un cigno in una vasca da bagno.

Quella bettola coi tavoli di legno e il biliardo in un angolo della sala è il club dei Vandals, una cerchia di motociclisti di Chicago che si riuniscono lì tutti i santi i giorni per bere e parlare di motociclette. Urla, schiamazzi, epiteti degni del peggior marinaio le verranno urlati contro da una schiera di buzzurri vestiti in abbigliamento di pelle. Le si butteranno letteralmente addosso, a tal punto che sarà d’obbligo per Johnny (Tom Hardy), il capo branco, intervenire difendendola da quegli uomini adulti che si comportano come dei ragazzini alle prese coi primi pruriti. Johnny è un uomo dal carattere mansueto e pacato, ma quando si fa il momento di picchiare duro non si tira mai indietro. Però non lo fa mai con spavalderia od ostentazione, cerca sempre di evitare le risse o le litigate tra i membri della sua banda. È un uomo dimesso, riflessivo, taciturno, parla solo quando è strettamente necessario. Ha superato i quaranta ed è un tipo estremamente affascinate: anche se non ha i lineamenti perfetti, quando ti osserva non puoi non sentirtene attratta arrossendo come una ragazzina. Ha i capelli marrone chiaro di media lunghezza, la fronte attraversata orizzontalmente da quattro rughe profonde, gli occhi tondi verde smeraldo, le labbra carnose di un rosa brillante, le gote adombrate da un sottile velo di barba castana e le orecchie a sventola. Ha una stazza imponente, ma non incute terrore: non alza mai la voce, non ne ha bisogno. Se si arrabbia te ne accorgi immediatamente.

Ma Kathy sembra essere più interessata a qualcun altro: in un angolo del locale, con una sigaretta in bocca e in mano un’asta da biliardo, c’è Benny (Austin Butler), un ragazzo trentenne silenzioso dal carattere schivo e irruento. Quest’ultimo è letteralmente una scheggia impazzita e se perde il controllo, è difficile tenerlo a bada. Ma possiede la cosiddetta calma dei pazzi: è il tipo che scatta all’improvviso quando meno te lo aspetteresti. Non ha paura delle forze dell’ordine, di non rispettare i divieti, del giudizio degli altri, non è spaventano neppure dalla morte; solo una cosa lo terrorizza, l’idea di non poter più salire in sella a un moto e di sfrecciare libero con la brezza ad accarezzargli la faccia. È un cliché ambulante, ma la sua bellezza dannata è tra le cose più vicine a Dio che tu possa incontrare. È molto alto col fisico prestante, ma non pompato. Capelli chiarissimi, occhi azzurri dallo sguardo triste e smarrito, una bella bocca carnosa di un rosa tenue che spicca incorniciata da barba e baffi biondi. Per Johnny è come un figlio ed essendosi accorto dell’attrazione istintiva tra lui e Kathy, espressa solo con una lunga serie di intense occhiate, tenterà di rassicurarla e di convincerla a farsi un giro in moto con Benny. Detto fatto: di lì a cinque settimane i due ragazzi si sposeranno ed è così che Kathy entrerà a far parte di quella grande famiglia e di quel mondo finora a lei sconosciuto. Sarà per questo che quando Danny (Mike Faist), studente di fotografia al college, si avvicinerà ai Vandals per scrivere un libro fotografico, scattando foto e ascoltando le loro storie, lei sarà la sua principale confidente.

“The Bikeriders”, critica

Ambientato negli anni ’60 “The Bikeriders”, il nuovo film del regista Jeff Nichols, racconta le storie e le vicende private di un club di motociclisti chiamato Vandals. Ispirato al fotolibro del fotografo Danny Lyon, pubblicato per la prima volta nel 1968, questo lungometraggio narra la vera storia di quelli che in realtà si facevano chiamare Outlaws Mc. Segue inoltre l’evoluzione dell’universo delle bande del motociclismo avvenuta in più o meno un decennio, mutando drasticamente in peggio: originariamente nato come un ambiente per riunire gli amanti della vita vissuta su due ruote, creando una vera e propria famiglia per chi in modi diversi necessitava di un gruppo di appartenenza e di sentirsi accolto in una società che invece li percepiva come soggetti ostili non comprendendo quella passione per motori e sregolatezza, è poi divenuto un oscuro crescendo di criminalità, violenza e spaccio.

Per quanto questa pellicola possa risultare affascinante, e recitata con media bravura da tutti gli interpreti, è come se mancasse di anima. C’è qualcosa che non ti fa appassionare fino in fondo alla vicenda, né cattura la tua attenzione risucchiandoti in un vortice alla maniera dei grandi capolavori del cinema. La fotografia tipica degli anni ’60 e l’ambiente motociclistico sono sicuramente ammalianti a livello visivo, almeno per me, e ripercorrere il decennio d’oro di una cultura che ha caratterizzato tutto quel periodo, essendo anche fonte d’ispirazione per moltissimi gruppi musicali dell’epoca, è indubbiamente piacevole, ma manca quel certo mordente necessario per rapirti il cuore. Colonna sonora d’intrattenimento per gli appassionati. Sottolineo che Austin Butler non penso sia mai stato così bello come in questa pellicola. Incantevole. Per il resto senza infamia e senza lode, tre stelle e due su cinque.