Droga, dipendenze, difficoltà. L’uso di stupefacenti per i più giovani in Italia tocca livelli che allarmano spesso l’opinione pubblica. Le scuole diventano teatro di sperimentazione e i minori sono sempre più coinvolti. Le famiglie si sentono escluse, disperate, a volte impotenti o in allarme.
Secondo la relazione annuale 2024 del Dipartimento per le Politiche Antidroga, nel 2023, il 39% degli studenti ha dichiarato di aver provato sostanze stupefacenti almeno una volta.
Dagli studi emerge il dato di ben 680.000 giovani, pari a un quarto della popolazione studentesca, che hanno assunto droghe nell’anno precedente allo studio. A lasciarci riflettere è il numero dei minori. 360.000 giovani, più della metà degli studenti che consumano, sono minorenni.
Tag24.it ha intervistato il Dottor Antonio Boschini, responsabile terapeutico della comunità di recupero per tossicodipendenti San Patrignano, per ottenere un’analisi più approfondita del fenomeno.
Allarme droga tra i minori: “Si inizia con la cannabis e poi…”
Secondo il Dottor Boschini, il dato che emerge dal rapporto del Dipartimento per le Politiche Antidroga è, si, per certi versi preoccupante ma non del tutto sorprendente, perché un conto è considerare il numero di chi “prova una droga”, ma poi non diventa dipendente, un altro è invece considerare chi non riesce ad uscire dal tunnel.
Bisogna tenere in mente, infatti, che la comunità di San Patrignano si occupa di persone che sono diventate dipendenti da droghe:
“Devo fare una piccola premessa, che però è importante. I nostri dati riguardano chi ha chiesto un percorso di cura a San Patrignano in quanto con dipendenza da sostanze. Vediamo persone che non hanno solo sperimentato, usato le droghe per un certo periodo, ma che poi ne sono diventate dipendenti, che è una visuale un po’ diversa rispetto a quella delle statistiche che sono citate nel rapporto.
Vediamo la punta dell’iceberg, coloro che con la sostanza non hanno avuto un rapporto occasionale, sperimentale. Fortunatamente di questi 4 su 10 non è che poi tutti quanti diventano dipendenti tossici, altrimenti sarebbe una tragedia indescrivibile.
Quel che è certo è che tutti iniziano intorno ai 14-15 anni. Anche se arrivano in comunità a 50 anni, tutti coloro che sviluppano dipendenze iniziano intorno a quell’età e la sostanza di ingresso, cioè la prima che utilizzano è sempre la cannabis.
Questo è quello che vediamo adesso, ma era vero anche dieci anni fa, vent’anni fa.
Quello che è un po’ cambiato è che l’età di sperimentazione della cannabis è un po’ più giovane, anticipata in questi ultimi anni rispetto ai passati, nel senso che adesso effettivamente la media, sempre dai nostri dati, di contatto con la cannabis è intorno ai 14 anni e mezzo per le femmine e 15 anni per i maschi. Però parlare di media vuol dire che ci possono essere persone che iniziano molto prima e qualcuno che inizia dopo.
Un’altra cosa che osserviamo è che probabilmente una parte delle persone che fa questa sperimentazione vede la droga come fatto isolato. Magari la scuola, la famiglia, gli impegni, la parrocchia, la fidanzata, lo sport, tornano ad essere più importanti rispetto alla sostanza.
Però è chiaro che purtroppo esistono persone in cui da questa sperimentazione si passa a un uso continuo, e quindi ad una dipendenza.
Quali sono le cause che spingono i ragazzi a fare uso di droga?
Ma perché, fin da così giovani, si fa uso di droghe? Insicurezza, incapacità di comunicare senza una scorciatoia, la convinzione che per divertirsi sia necessario alterarsi. Un punto critico sottolineato da Boschini in questo senso è la normalizzazione dell’uso della cannabis nella nostra società. Un atteggiamento, quindi, che porterebbe a sottovalutare la sostanza che è stata descritta dal medico come “d’ingresso” verso le altre droghe:
“I motivi sono sia di carattere sociale che personale, di carattere culturale. Da tanti anni ormai esiste una normalizzazione dell’uso della cannabis. Fino a pochi anni fa vedevamo dei negozietti, ormai si parla di uso terapeutico.
Si confondono i termini, sembra quasi che la cannabis faccia bene. Le campagne di prevenzione che si basano su quanto una sostanza è più o meno nociva, i cantanti, i musicisti, gli attori che dichiarano chiaramente di usare la cannabis.
Ormai c’è stata da tanti anni una specie di ed accettazione sociale della sostanza, al punto che molti la propongono come sostanza di libero accesso a tutti, a scopo anche ricreativo e non solo terapeutico.
Io sono contrario perché penso che sulla cannabis si è creata un po’ di confusione.
La percezione nel mondo giovanile, ma anche adulto, è che sia una sostanza innocua, e che possa quindi essere usata senza alcun tipo di problema. Non è vero che sia innocua, assolutamente no, perché uno studio, anche recente, dimostra che le concentrazioni di principio attivo nella cannabis attuale sono talmente alte che il rischio di sviluppare una malattia mentale in chi usa la cannabis che circola adesso, che è molto più pesante di quella degli anni ’80, è di 12 volte superiore rispetto a chi non la usa. Quindi abbiamo a che fare con una droga sostanzialmente dannosa, pesante perché può provocare dei problemi a livello dello sviluppo cerebrale nell’adolescente.
Se la usa una signora di 40 anni chiaramente è meno nociva rispetto a un ragazzo di 15 anni che la usa. Ma poi l’altro grande pericolo della cannabis, come dicevo prima, è che può diventare la porta d’ingresso per altre droghe.”
Quali sono i motivi che spingono i giovani a drogarsi con sostante “più forti” della cannabis?
Ma quali sono i motivi per il quale poi dalla cannabis si passerebbe ad altro? L’ opinione più diffusa è che poi non farebbe più effetto e si cercherebbe qualcosa di più forte. Il dottor Boschini ha chiarito che non funziona esattamente così:
“No, è perché se uno accetta di alterare la propria mente, perché alterandosi è più ‘simpatico’, si diverte di più, è meno timido con la ragazza, sta più facilmente in compagnia, mentre senza si sente sfigato o ha paura, è ovvio che si cerchi di alzare il livello.
I problemi dei ragazzi sono quelli di accettazione sociale. Se uno invece di cercare di migliorare se stesso come persona, trova una scorciatoia e con una cannabis la serata improvvisamente diventa più allegra, più ricca di “sballo” è poi normale che si dica: ‘Magari se prendo anche la pastiglietta sto ancora meglio.’
Purtroppo alcune persone sono più fragili di altre. Ci sono degli adolescenti che hanno un malessere, magari non ne sono consapevoli, però non stanno bene, hanno dei problemi che non riescono a risolvere. Chiaramente più un adolescente vive questa frustrazione, più è facile che la droga lo accalappi e ne diventi dipendente.
Quali sono le droghe più diffuse e utilizzate tra i giovani?
Un altro fenomeno preoccupante è l’aumento del consumo di cocaina, soprattutto tra i giovani. Boschini ci spiega:
“L’altra grande novità, quella che veramente segnala un cambiamento rispetto al decennio scorso, è l’invasione della cocaina. Ha una diffusione non inferiore a quella della cannabis. Solo che la cocaina induce chiaramente più dipendenza di quanto lo faccia la cannabis.
Se le statistiche ci dicono che 10 su 100 che consumano cannabis diventano dipendenti, con la cocaina il rischio di sviluppare dipendenza è molto maggiore.
E quando iniziano, quindi, a fare uso di questa sostanza?
“All’età di inizio la media dei nostri dati è intorno ai 18-19 anni, quindi qualche anno dopo rispetto alla cannabis. Però quello che stiamo osservando negli ultimi 2-3 anni è che c’è una tendenza sempre maggiore a consumare la cocaina per via fumata con la bottiglia, il crack, e quella, a mio parere, non solo mio ma anche di altre comunità, è una sostanza che produce molti danni e una dipendenza molto forte.
Come comportarsi con un ragazzo che fa uso di droghe? Il ruolo delle famiglie
Da genitore, il Dottor Boschini si ritiene molto preoccupato per la diffusione di crack, poiché questo produce dipendenza nel giro di poco tempo. La maggior parte delle persone dopo pochi mesi fa già fatica a farne a meno. Si tratta veramente un pericolo. Il consumo di questa sostanza è nettamente in aumento negli ultimi anni. E allora, che ruolo hanno le famiglie in tutto questo? Purtroppo il medico le delinea come prime vittime, spesso ignare, escluse o cieche davanti alla situazione dei loro figli:
“Le famiglie, secondo me, sono delle vittime in questi casi. Credo che il mestiere del genitore sia oggi molto difficile. È anche difficile dare consigli, perché comunque il genitore spesso, anche in buona fede, commette degli errori, protegge il figlio, non vuole vedere.
Fa talmente male l’idea di pensare che il proprio figlio sia coinvolto in situazioni pericolose, che certe volte il genitore nasconde a se stesso la verità, è difficile.
Purtroppo, potrei dire le solite cose scontate: il contatto con i figli, il rapporto, il dialogo, ma mi sembra di dire delle cose talmente ovvie che non sono facilmente realizzabili.
Purtroppo dipende da tanti fattori: il quartiere in cui si vive, il tipo di persone che frequentano la classe. Esiste una parte di rischio che è legata anche al contesto sociale.
Perché i giovani poi vanno nei centri di recupero?
Deve però esserci rivalsa, uno slancio, uno scatto che fa pensare alle persone di rivolgersi a comunità che aiutino a superare la dipendenza. Qual è la scintilla che fa scattare questo meccanismo, che fa comprendere che è arrivato effettivamente il bisogno di chiedere aiuto?
“Dipende. Io credo che in molti casi sia fondamentale la spinta dall’esterno. Perché solo dall’interno non è sempre sufficiente ad avere la forza di cambiare. Certe volte le persone cambiano perché sono costrette a farlo. Ad esempio, molte mamme smettono di drogarsi e ci riescono perché se non lo fanno, perdono i loro figli.
Alcuni se non entrano in comunità e hanno commesso qualche reato, devono scontare un periodo in carcere, quindi cercano di evitare. Oppure vedo altri smettono perché non ne possono più di vedere i propri genitori star male, soffrire.
Ci deve essere sempre qualcosa per cui vale la pena smettere. Anche il non riuscire più a pagare una dose, può essere una forzatura per provare ad uscirne. Il semplice desiderio, comunque, spesso non si rivela sufficiente.
Come evitare il fenomeno di crescita di consumo di droghe da parte dei giovani?
In un quadro che sembra essere oggi per lo più drammatico, ci deve essere una strada per riuscire a scorgere un po’ di luce e, soprattutto, per arginare un fenomeno così in crescita:
“Io credo nella prevenzione. Ci sono studi che dimostrano come, nelle nazioni in cui si è fatta un’attività di prevenzione efficace, l’uso di droghe sia molto diminuito, molto più basso.
Ma la prevenzione non è soltanto la conoscenza degli effetti collaterali delle droghe. Non significa solo dire “non usare questa sostanza perché ti può fare male”.
Uno così potrebbe pensare: “Vabbè, ma allora questa droga fa meno male di quell’altra, quindi questa la posso usare e quell’altra no.”
Bisognerebbe far capire ai giovani quanto sia bello, piacevole e gratificante affrontare la realtà senza inganni e senza scorciatoie. Perseguire uno stile di vita sano. E’ importante che un adolescente capisca quanto è bello sviluppare la capacità di poter affrontare i problemi senza soccombere ad essi, senza alterazioni di alcun tipo: la droga, l’alcol. O una semplice sigaretta.
In genere, ed è un dato di fatto, chi non ha mai fumato una sigaretta, difficilmente passa subito alla cannabis.