L’aumento del cuneo salino nelle acque del fiume Tevere è uno degli effetti della crisi idrica che colpisce l’Italia.

Il fiume Tevere, con la sorgente situata alle pendici del Monte Fumaiolo a 1407 metri sul livello del mare, ha origine in località Balze, comune di Verghereto, agli estremi della provincia di Forlì.

Considerato il secondo fiume italiano per estensione di bacino, terzo per lunghezza e quarto per deflussi, lungo i suoi 405 chilometri che si estendono dall’Appennino tosco-emiliano al mar Tirreno, il fiume Tevere è una risorsa idrica indispensabile per l’economia e l’agricoltura dell’Italia centrale.

Le acque del fiume, che dalle vette maestose e incontaminate del Monte Fumaiolo attraversano Roma, con l’architettura della città eterna che si è sviluppata abbracciando le risorse idriche del fiume, contribuiscono per il venti percento agli apporti fluviali nel mar Tirreno.

Fondamentali per la biodiversità dell’ecosistema naturale dei territori vicini al corso del fiume e indispensabili per le attività agricole e industriali dei territori attraversati, le acque del Tevere rappresentano una risorsa idrica cruciale per molti settori dell’economia locale.

Tuttavia, con gli effetti del cambiamento climatico che si manifestano con l’aumento della temperatura globale, la crisi idrica colpisce anche il fiume Tevere.

La diminuzione della portata idrica del fiume, conseguenza della scarsità di ghiacciai che alimentano la sua sorgente e l’aumento del cuneo salino, causato dalla risalita delle acque del mar Tirreno dalla foce verso l’entroterra, provoca danni rilevanti all’economia e all’ecosistema naturale.

Questi cambiamenti non solo minacciano la biodiversità, ma compromettono anche le attività agricole e industriali che dipendono dalle acque del Tevere, aggravando ulteriormente la crisi idrica che l’Italia sta affrontando.

L’aumento del cuneo salino nelle acque del fiume Tevere: gli effetti della crisi idrica

L’aumento del cuneo salino nelle acque del fiume Tevere rappresenta una delle conseguenze del cambiamento climatico, alterando gli equilibri naturali degli ecosistemi circostanti.

Le emissioni inquinanti provocate dalle attività umane e dalla dipendenza dai combustibili fossili hanno causato l’aumento della temperatura media globale, intensificando i fenomeni meteorologici estremi come le ondate di calore e le alterazioni nei cicli stagionali.

Questi cambiamenti che non sono compatibili con il clima mediterraneo che ha caratterizzato le latitudini italiane fino a pochi decenni fa, provocano un’alterazione degli equilibri naturali del nostro paese.

La diminuzione delle precipitazioni nevose durante i mesi invernali, conseguenza d’inverni sempre più miti con temperature ben oltre le medie stagionali, ha provocato una rilevante riduzione dei ghiacciai, influenzando negativamente le sorgenti dei fiumi.

La crisi idrica del Tevere ha origine dalla sua sorgente, situata a 1407 metri sul livello del mare alle pendici del Monte Fumaiolo, dove la superficie dei ghiacciai è drasticamente diminuita rispetto al passato.

In questo periodo, la portata idrica del fiume si attesta intorno a 80 metri cubi al secondo, molto inferiore alla media storica di 200 metri cubi al secondo, evidenziando la gravità della crisi idrica attuale.

Con una portata così limitata, insufficiente per soddisfare il fabbisogno idrico delle comunità locali lungo il corso d’acqua, si manifestano gravi conseguenze per agricoltura e industria, con ripercussioni rilevanti sull’economia locale.

Le comunità agricole e industriali dipendono strettamente dalle acque del Tevere, e la riduzione della sua portata minaccia la fertilità del suolo e la produzione agricola, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e l’economia della regione.

Bacini idrici: una strategia per mitigare la crisi idrica

L’aumento della salinità nel fiume Tevere, dovuto alla risalita delle acque marine verso l’entroterra a causa della crisi idrica e della diminuzione della portata del fiume, provoca molti effetti negativi.

Le acque del Tevere sono cruciali per le attività agricole e industriali nella regione Lazio.

Pertanto, migliorare la gestione delle risorse idriche è essenziale per proteggere l’economia locale e la biodiversità.

Un primo passo fondamentale, per mitigare gli effetti della crisi idrica, consiste nel rinnovare e modernizzare le infrastrutture idriche per ridurre le perdite d’acqua, migliorando così la gestione delle risorse di acqua dolce.

Inoltre, promuovere un utilizzo responsabile delle risorse idriche è fondamentale non solo per ridurre lo sfruttamento delle risorse naturali, ma anche per minimizzare gli sprechi e aumentare la disponibilità di acqua per le coltivazioni, fondamentali per la produzione alimentare.

Nel settore agricolo, adottare sistemi d’irrigazione efficienti e coltivare varietà vegetali resilienti al caldo e alla siccità, possono ridurre la pressione sulle risorse idriche locali.

Inoltre, aumentare la capacità di stoccaggio dell’acqua dolce attraverso l’utilizzo di bacini artificiali, rappresenta una strategia efficace per mitigare gli effetti negativi delle siccità.

Nel Lazio ci sono cinque invasi con una capacità di stoccaggio totale di circa 7.495.000 metri cubi di acqua dolce, fondamentali per le attività agricole e industriali.

Il piano di sviluppo degli invasi proposto da Anbi e Coldiretti prevede la realizzazione di ulteriori diciotto bacini artificiali nel Lazio, capaci di immagazzinare altri 13.312.500 metri cubi di acqua dolce proveniente dalle precipitazioni e dai corsi d’acqua, aumentando così la disponibilità idrica nella regione.

Questi bacini potrebbero anche ospitare ventitré impianti fotovoltaici galleggianti, generando 15,26 milioni di chilowattora di energia elettrica rinnovabile l’anno, e quattro centrali idroelettriche per una produzione annua di 301.603 chilowattora.

Soluzioni efficienti per un futuro resiliente

In conclusione, la crisi idrica e l’aumento del cuneo salino nel fiume Tevere stanno causando effetti devastanti per le attività agricole e industriali nella regione Lazio.

La riduzione della portata del fiume riduce la disponibilità di acqua per l’irrigazione e per i processi industriali, mettendo a rischio la sicurezza alimentare e l’economia locale.

Tuttavia, esistono soluzioni innovative che possono ridurre le conseguenze della siccità.

Il progetto promosso dall’Associazione Nazionale dei Consorzi di Bacino e Coldiretti per lo sviluppo di nuovi bacini idrici rappresenta un passo cruciale verso la sicurezza idrica.

Aumentare la capacità di stoccaggio dell’acqua dolce attraverso l’implementazione di nuovi invasi non solo rafforza la resilienza delle comunità locali contro la siccità, ma offre anche opportunità per la produzione di energia rinnovabile, promuovendo la sostenibilità ambientale ed economica.

Oltre al progetto proposto da Anbi e Coldiretti per realizzare diciotto nuovi bacini idrici, che includono l’installazione di ventitré impianti fotovoltaici galleggianti e quattro centrali idroelettriche per la produzione di energia elettrica rinnovabile, il progetto SIGHTING, sviluppato in collaborazione tra l’Università Niccolò Cusano, l’Università di Perugia e il CNR IRSA, mira a ottimizzare l’utilizzo e lo sfruttamento delle risorse naturali per ridurre gli effetti negativi della siccità.

Questo network di tecnologie e competenze è fondamentale per adottare strategie efficaci per la gestione delle risorse idriche, contribuendo a migliorare la resilienza dei territori e delle economie locali.