Un Bitcoiner ha donato oltre 500mila dollari in valuta virtuale alla famiglia di Julian Assange, per aiutarla ad affrontare le spese
C’è voluta una battaglia legale lunga 14 anni, per restituire a Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, la libertà. Una libertà la quale è costata molto cara al giornalista australiano, sia dal punto di vista fisico che finanziario.
Da questo secondo punto di vista, occorre sottolineare come al conto finale vada aggiunto anche il noleggio del volo VJ199 per recarsi a Saipan e in Australia. Un noleggio forzato e reso necessario per potersi recare a Saipan, al tribunale distrettuale, e dichiararsi colpevole di aver violato la legge sullo spionaggio degli Stati Uniti divulgando documenti classificati.
Un volo che è però stato saldato quasi per intero da un anonimo Bitcoiner, il quale ha donato più di otto Bitcoin alla campagna di sostegno organizzata da Stella, la moglie di Assange.
Otto Bitcoin donati da un anonimo sostenitore alla famiglia di Assange
Il passato 24 giugno è arrivata la notizia che in molti, in ogni parte del globo, attendevano da molto tempo. Julian Assange, infatti, è finalmente riuscito a evitare l’estradizione negli Stati Uniti, dove rischiava di passare dietro le sbarre il resto della sua vita per aver rivelato crimini di guerra secretati dal governo di Washington.
Rilasciato dal carcere di Belmarsh, un istituto di massima sicurezza del Regno Unito, per effetto di un accordo con il governo statunitense, Assange si è subito recato all’aeroporto di Londra, da dove è partito alla volta di Saipan, parte integrante del territorio USA.
Proprio presso la locale corte distrettuale si è quindi presentato nella giornata odierna, per assolvere ad una parte del patteggiamento cui ha dovuto adeguarsi. Ovvero dichiararsi colpevole di aver violato le leggi sullo spionaggio degli Stati Uniti. Reato per il quale è stato condannato a cinque anni e due mesi di reclusione, del resto già scontata.
La libertà ha un costo: a pagarlo anche un Bitcoiner
Nel corso di un’intervista, Stella Assange, moglie del fondatore di WikiLeaks, ha ricordato all’opinione pubblica che la libertà ha un costo. Quello a carico di Julian Assange ammonta a 520mila dollari, versati al governo governo australiano per il noleggio del volo VJ199 utilizzato per recarsi a Saipan e, subito dopo tornare in Australia.
Proprio Stella, per ovviare ad una situazione finanziaria complicata, ha deciso di avviare una campagna di crowdfunding, pubblicando l’apposito link nella giornata di ieri. In poche ore sono affluite donazioni massicce, tra le quali quella di un Bitcoiner che ha preferito restare anonimo, pari a più di otto Bitcoin. Ovvero a circa mezzo milione di dollari, poco meno di quanto era necessario. Mentre sul fronte delle donazioni in valuta tradizionale sono affluite altre 300mila sterline circa.
La donazione in valuta virtuale ha naturalmente destato grande impressione, trattandosi di quella più grande in assoluto. Tanto da contribuire quasi da sola a risolvere positivamente la campagna, permettendo ad Assange di poter tornare a casa praticamente senza fardelli finanziari a carico.
Le parole di Julian Assange, nel corso del processo
L’apparizione di Assange di fronte alla Corte Distrettuale degli Stati Uniti per le Isole Marianne Settentrionali ha rappresentato un vero e proprio evento, seguito naturalmente in ogni parte del globo.
Il giornalista si è dovuto dichiarare colpevole dell’accusa di cospirazione per l’ottenimento e la divulgazione di documenti segreti della difesa nazionale degli Stati Uniti. Adempiendo in tal modo agli obblighi imposti dal patteggiamento con il governo statunitense.
Il giudice distrettuale Ramona Manglona ha quindi condannato Assange a cinque anni e due mesi di carcere, ordinandone al contempo la scarcerazione. Tale periodo è infatti stato già scontato nel Regno Unito, in attesa del processo relativo alla sua estradizione negli USA.
Lo stesso Assange, al contempo, ha affermato che lo Espionage Act, la base sulla quale è stata elevata l’accusa, nei suoi confronti, è in conflitto con i diritti sanciti dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.
Infine, ha riconosciuto che incoraggiare le fonti a fornire informazioni classificate per la pubblicazione può essere classificato come atto illegale. A corollario del patteggiamento, ha infine dovuto procedere alla distruzione di tutte le informazioni classificate che erano state in possesso di WikiLeaks.