Forse non saranno le urne, ma la lenta disgregazione dei liberali di Renew di Macron a consegnare ai conservatori di Ecr di Giorgia Meloni le chiavi per entrare dalla porta principale nel Parlamento Europeo. Il partito di Macron continua a perdere pezzi ogni giorno a differenza dei Conservatori di Giorgia Meloni che i pezzi li acquistano. Dopo l’entrata del gruppo della Romania, infatti, il partito della premier italiana sarebbe pronto ad aprire le porte ad ulteriori nuovi ingressi.
Il riposizionamento dei gruppi all’Europarlamento, con la ‘fuga’ da Renew, potrebbe rappresentare un problema per il Ppe e Ursula von der Leyen che vedono assottigliarsi i numeri della coalizione, composta da popolari, socialisti e liberali. Dopo l’addio a Macron della delegazione ceca dell’Ano 2011, il partito dell’ex premier e miliardario Andrej Babis, Renew è passato a 74 seggi (nella legislatura che si chiude era a 102) con Ecr a 83 (da 69). Il Ppe resta in testa con 189 rappresentanti; i socialisti di S&d a 136. La somma della maggioranza Ursula (Ppe, S&d e Renew) si ferma a 399, scendendo per la prima volta sotto i 400. Con queste cifre, un sostegno esterno a von der Leyen, se confermata dai leader Ue, si fa sempre più necessario.
Nomine Ue, von der Leyen alla ricerca di una ‘stampella’: Ecr verso l’appoggio esterno?
La matematica non è un’opinione, i numeri al momento ci sarebbero ancora per un ‘von der leyen bis’ composto da Ppe-Pse e Lib, ma con i numeri risicati non si allontana lo spettro dei franchi tiratori – la votazione per la ‘fiducia’ all’Europarlamento, infatti, è a scrutinio segreto – rendendo quindi necessario trovare una “stampella” che metta al sicuro il via libera in Parlamento.
Una stampella che potrebbero essere i Verdi o i Conservatori. Su chi ricadrà la scelta del Ppe?
Giovedì i leader europei si ritroveranno tutti a Bruxelles per il Consiglio Europeo nel corso del quale si dovrebbe giungere anche all’accordo definitivo sui cosiddetti top jobs, ovvero, i vertici del parlamento europeo. Il Ppe dovrà decidere se tenere conto del fatto che l’Ecr di Giorgia Meloni è diventato il terzo gruppo a Bruxelles, superando i liberali di Renew Europe del presidente francese Emmanuel Macron, e quindi guardare nella sua direzione per un accordo, o, restare a ‘sinistra’ guardando ai Verdi.
Un dissidio che divide anche il Ppe, tra la posizione del negoziatore Donald Tusk che durante il vertice informale dei leader europei della scorsa settimana a Bruxelles aveva fatto capire di non essere intenzionato a cercare un accordo con Ecr e quella del presidente Manfred Weber e del vicepresidente Antonio Tajani che, invece, vorrebbero includere i conservatori nella partita.
Nella ricerca di un difficile equilibrio, bisogna considerare però il veto del Pse al partito di Giorgia Meloni che, comunque negli ultimi giorni ha rafforzato ulteriormente la sua posizione e giovedì potrà far contare il peso dei suoi voti sul tavolo delle trattative. Possibile un appoggio esterno?
Meloni si rafforza con Ecr e Tajani affonda: “Impossibile aprire ai Verdi”
In gioco non ci sono solo i pacchetti di voti detenuti da ciascun gruppo che riuscirebbero a mettere al sicuro il voto all’Europarlamento, ma ci sono due diverse idee di Europa. Appoggiarsi ai Verdi significherebbe confermare la politica del green deal spinto, che ha caratterizzato la scorsa legislatura, ma che è stata evidentemente bocciata dagli elettori. Appoggiarsi ai Conservatori, invece significherebbe invertire la rotta in merito alle politiche green e spingere invece su tematiche come l’immigrazione e una maggiore autonomia degli stati.
“Io credo che si debba guardare con attenzione ai conservatori. Per quanto mi riguarda, come segretario di Forza Italia dico che è impossibile aprire ai Verdi. Questo sarebbe inaccettabile perché i cittadini europei hanno fatto una scelta inequivocabile dal punto di vista della lotta al cambiamento climatico. Né negazionismo né fondamentalismo. Serve una terza via, quella del pragmatismo, che permetta ad agricoltura e industria di poter tutelare la produttività con una visione che punta a ridurre l’inquinamento”.
Così, oggi – lunedì 24 giugno 2024, il vice premier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al suo arrivo al Consiglio Esteri a Lussemburgo.