Anche Robert F. Kennedy Jr., candidato indipendente alla presidenza degli Stati Uniti, promette di concedere la grazia a Ross Ulbricht in caso di sua elezione alla Casa Bianca. Lo ha fatto sui social media, nell’evidente intento di catturare almeno una parte di quel voto dei criptofans il quale potrebbe rivelarsi molto importante nella corsa elettorale di novembre.
La promessa in questione ricalca in pratica quella che era già stata avanzata da Donald Trump, il candidato repubblicano che ormai da mesi sta battendo ossessivamente su tesi favorevoli alla criptosfera. Sembra ormai evidente la strategia di entrambi: puntare a quel voto dei sostenitori dell’innovazione finanziaria il quale sembra non essere proprio considerato dall’entourage di Joe Biden. Una valutazione che potrebbe costare cara all’attuale POTUS.
Anche Kennedy Jr. è per la grazia a Ulbricht
Nella passata giornata di giovedì, Robert F. Kennedy Jr., candidato indipendente alle presidenziali degli Stati Uniti, ha utilizzato i social media per garantire la grazia nei confronti di Ross Ulbricht, il controverso fondatore di Silk Road, in caso di elezione alla Casa Bianca.
Il motivo che lo spingerebbe in tal senso è stato da lui individuato nel carattere draconiano delle due condanne all’ergastolo inflitte a Ulbricht. Pene del tutto smisurate per quello che RFK Jr. ha definito alla stregua di un “hosting per una piattaforma di e-commerce”. Tanto basta per condividere anche una petizione per chiederne la liberazione.
In tal modo, il candidato indipendente si è aggiunto all’ex Presidente Donald Trump, il quale aveva calamitato i media affermando la stessa risoluzione in precedenza. Una risoluzione che è andata ad inserirsi in una vera e propria strategia, culminata nell’autoproclamazione a “presidente delle criptovalute”.
Kennedy e criptovalute: non si tratta di una conversione dell’ultima ora
Prima di convertirsi alle valute virtuali, Trump era un acerrimo detrattore di Bitcoin e Altcoin, cui preferiva il dollaro tradizionale. Nel caso di RFK Jr. il sostegno all’innovazione finanziaria è invece di vecchia data e non sembra un semplice espediente elettorale.
Le sue idee in tal senso, inoltre, vanno molto al di là della superficiale adesione di Trump al settore e indicano una maggiore comprensione delle sue dinamiche. Ad esempio, lo scorso anno ha proposto di sostenere il dollaro statunitense con Bitcoin. Oltre all’eliminazione dell’imposta sul capital gain relativo all’asset digitale, che contribuirebbe a stabilizzare il prezzo della valuta nazionale.
Ha poi espresso la sua contrarietà ad un dollaro digitale controllato dalla banca centrale. Opposizione derivante dalle preoccupazioni per l’attacco alla privacy che lo caratterizzerebbe e dalla mancanza di integrità del sistema bancario tradizionale. La dichiarazione al proposito fu peraltro espressa con largo anticipo rispetto a Trump.
E, ancora, più di recente, ha proposto lo spostamento dell’intero bilancio degli Stati Uniti sulla blockchain. In tal modo sarebbe possibile non solo garantire maggiore efficienza al sistema, ma anche permettere a chiunque sia interessato la sua consultazione. Una proposta che denota conoscenza della tecnologia su cui si fondano le criptovalute e potrebbe rendere del tutto trasparente l’amministrazione dei soldi versati dai contribuenti.
A chi lo accusava di promuovere un asset verso il quale non era esposto, il candidato indipendente ha infine risposto coi fatti. Ha infatti rivelato di aver acquistato Bitcoin per ciascuno dei suoi sette figli. Assolvendo ad una promessa fatta nel corso di un Twitter Space: “Metterò i miei soldi dove metto la bocca”.
Una grazia tira l’altra
Anche l’argomento della grazia presidenziale sta diventando un tema forte della campagna presidenziale. Ulbricht non è il solo a potersi avvantaggiare da un cambio di amministrazione, se si considera che anche Julian Assange potrebbe essere graziato da Trump.
Il candidato repubblicano, infatti, di fronte ad una precisa domanda relativa al fondatore di WikiLeaks, in attesa di conoscere il suo destino e ormai da anni detenuto nelle carceri britanniche, ha affermato di considerare con molta attenzione questa ipotesi.
A spingere in tal senso è anche la possibile presenza di un altro ex candidato repubblicano nel suo eventuale gabinetto, ovvero Vivek Ramaswamy. Quando era ancora in corsa per la presidenza, partecipando alle primarie del suo partito, Ramaswamy affermò la sua intenzione di Assange, Ulbricht e altri detenuti non violenti non appena eletto.
Per quanto concerne RFK Jr., ai due aggiungerebbe anche il whistleblower Edward Snowden, ormai da anni di stanza a Mosca, per sfuggire alla cattura da parte degli Stati Uniti.