Saranno le stablecoin lo strumento più forte a disposizione del dollaro per riuscire a conservare il suo predominio a livello globale. A sostenerlo è Howard Lutnick, CEO di Cantor Fitzgerald, secondo il quale questi token permettono ai cittadini dei mercati emergenti di utilizzare i loro dollari digitali per il commercio, stabilizzando la domanda e la rilevanza della valuta.

La sua affermazione si va ad inserire in un contesto che vede i BRICS sempre più decisi ad attaccare la posizione di dominio che il dollaro statunitense ha assunto nei commerci mondiali dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Dominio che consente agli Stati Uniti di fungere da sceriffo globale, sanzionando i Paesi che si mostrano riottosi e che è ormai visto con evidente fastidio da un numero crescente di essi.

Stablecoin per mantenere il dominio del dollaro: questa l’idea di Howard Lutnick

Le stablecoin sono al momento uno strumento rilevante per facilitare l’accesso ai dollari USA, nei mercati emergenti. Proprio per questo potrebbero giocare un ruolo di rilievo nella vera e propria guerra finanziaria che sta per essere scatenata dai BRICS, il gruppo di Paesi formato da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, cui si stanno accodando altri, a partire da Emirati Arabi Uniti, Iran, Egitto ed Etiopia.

Paesi che vedono nel dollaro lo strumento chiave nella posizione di leadership globale degli Stati Uniti e che, proprio per questo, sono decisi a detronizzarlo. Howard Lutnick, CEO di Cantor Fitzgerald, una società di servizi finanziari leader, ha affrontato il tema e discusso del ruolo che le stablecoin potrebbero giocare nel mantenere l’egemonia del dollaro statunitense in uno scenario di guerra valutaria imminente.

Le parole utilizzate da Lutnick non sembrano lasciare molto spazio alla fantasia: “Questa è letteralmente la lotta affinché il dollaro statunitense sia la valuta del mondo”. Per riuscire a mantenere tale posizione, però, dovrebbe utilizzare le stablecoin. Dovrebbe farlo in quanto questi asset digitali contano “ora più che mai”.

Secondo Lutnick, facilitare l’accesso al dollaro statunitense nei mercati emergenti fermerebbe i progressi delle valute nazionali digitali, o anche di una futura valuta nativa dei BRICS. Questo, a suo parere, contribuirebbe a mantenere il dollaro protagonista, assicurandone l’uso per regolare i pagamenti in diversi mercati.

Per capire le parole di Lutnick, occorre sottolineare che in un rapporto pubblicato a dicembre, è emerso che proprio l’azienda da lui diretta, Cantor Fitzgerald, è tra coloro che supportano USDT, la stablecoin di Tether. Ovvero la più grande attualmente sul mercato.

Stablecoin, un settore in continua evoluzione

Le parole di Lutnick arrivano in un momento in cui molti pesi massimi si stanno rivolgendo al settore delle stablecoin. Se PayPal ha già fatto il suo ingresso al suo interno, con PYUSD, prossimamente è atteso il token di Ripple, che parte con grandi ambizioni.

Un contesto in forte movimento che deve a sua volta fare i conti con una politica decisa a inserire le stablecoin in un contesto normativo rigido. Questo è in effetti l’intento del disegno di legge presentato da Cynthia Lummis e Kirsten Gillibrand. Al suo interno spiccano il bando alle stablecoin algoritmiche e il possibile ingresso delle banche nel settore.

Tra le possibili conseguenze di una sua approvazione occorre sottolineare il possibile bando proprio di USDT, lungo il territorio statunitense. Reso possibile dal fatto che questi coin non potrebbero essere emessi da aziende straniere, com’è di fatto Tether.

Tether che, però, è a sua volta tra i più grandi detentori di titoli del Tesoro USA, ambito in cui ha addirittura sorpassato la Germania. Un dato di fatto tale da far capire come in effetti la questione delle stablecoin stia assumendo una rilevanza sempre maggiore, in ambito finanziario. E non solo.