I cartelli messicani della droga utilizzano le criptovalute per dotarsi delle sostanze chimiche necessarie per produrre il Fentanyl. Ad affermarlo è il Financial Crimes Enforcement Network (FinCEN), collegato al Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, all’interno di un nuovo avviso alle istituzioni finanziarie nordamericane.

Si tratta di una conferma di quanto affermato qualche settimana fa da Elizabeth Warren, la senatrice democratica del Massachusetts. Affermazione che era stata indicata da alcuni criptofans alla stregua dell’ennesimo attacco contro gli asset digitali di quella che è vista come una bestia nera dalla criptosfera. Quanto affermato dal FinCEN suona alla stregua di una rivincita per la Warren, impegnata in una complicata battaglia elettorale per la sua conferma al Senato.

FinCEN: i cartelli della droga messicani usano le criptovalute per i commerci necessari al Fentanyl

L’affermazione del FinCEN non sembra lasciare molti dubbi: sono le criptovalute ad essere sempre più usate dai narcotrafficanti messicani per procurarsi le sostanze chimiche necessarie per produrre il Fentanyl. Ovvero la droga ritenuta tra le più pericolose in assoluto, a causa delle vere e proprie devastazioni provocate all’interno di molte comunità degli Stati Uniti.

Stando a quanto riferito nel documento emesso dall’agenzia, si registra una tendenza preoccupante da parte delle organizzazioni criminali, in particolare dei cartelli messicani, ad adottare criptovalute come Bitcoin, Ether, Monero e USDT, nei commerci illegali tesi ai rifornimenti per la produzione del micidiale Fentanyl. Commerci che avvengono in particolare con fornitori cinesi, i quali ricevono i pagamenti nei loro portafogli digitali, a volte tramite intermediari finanziari.

L’aumento dell’utilizzo dei token digitali da parte dei cartelli è considerato alla stregua di una vera e propria evoluzione nelle tecniche di riciclaggio di denaro e di finanziamento di operazioni illegali. Grazie all’utilizzo di Bitcoin e Altcoin, infatti, è più complicato seguire i flussi di denaro. Movimenti che, come ricordava Giovanni Falcone, sono in grado di provare il crimine.

Queste le parole del FinCEN al proposito: “Stanno acquistando sempre più prodotti chimici precursori del Fentanyl e attrezzature per la produzione. Aggiungendo che per farlo si è attivata una complessa rete di transazioni, in grado di bypassare confini e giurisdizioni.

Una pratica non nuova

Occorre peraltro sottolineare come tale modus operandi non rappresenti una novità. Già nel mese di ottobre, infatti, il Department of Justice (DoJ) degli Stati Uniti aveva accusato otto aziende cinesi per le attività condotte illegalmente nella produzione e distribuzione di precursori chimici.

Il Fentanyl è ormai un problema gravissimo per gli Stati Uniti. Stando a quanto raccolto dalla Drug Enforcement Administration (DEA), rappresenta la principale causa di morte accidentale tra gli adulti di età compresa tra 18 e 45 anni. A renderlo devastante è una potenza cento volte più elevata rispetto a quella della morfina. Proprio per questo le autorità si stanno attivando con forza per cercare di contrastarne la diffusione

Elizabeth Warren e il suo monito sulle criptovalute

A sollevare il problema era già stata qualche settimana fa da Elizabeth Warren. La senatrice democratica e il collega Bill Cassidy, avevano chiesto all’amministrazione Biden cosa stesse facendo per contrastare l’utilizzo di moneta virtuale nel commercio di Fentanyl.

L’accenno al coinvolgimento degli exchange crypto, accusati di agevolare il commercio in questione, aveva però provocato una levata di scudi nella criptosfera. Una protesta che, però, non aveva ragione di esistere, stando alla realtà estrinsecata dalle indagini.

Nel maggio dello scorso anno, infatti, era trapelata la notizia secondo la quale su 90 aziende cinesi messe sotto osservazione per le forniture delle sostanze incriminate, il 90% fosse solito rivolgersi alle criptovalute. Spia di un modo più agevole di eludere i controlli delle agenzie dedite al contrasto dei traffici di droga.

La stessa indagine aveva inoltre reso evidente come i portafogli elettronici utilizzati dalle aziende interessate avessero ricevuto in totale ben 30 milioni di dollari. Importi utilizzati in seguito nell’acquisto dei precursori necessari per la produzione delle pillole di Fentanyl. Dando vita ad un controvalore gigantesco, pari a ben 54 miliardi di dollari.