Prezzi che lievitano, lavori sempre più precari: la povertà in Italia nel 2024 è una condizione che affligge tantissime persone e famiglie. Non solo senza dimora, rifugiati di guerra, categorie più fragili: la povertà ha cambiato il suo volto – e lo dimostrano dati ufficiali – rispecchiandosi in tutti coloro che prima, con sacrificio, riuscivano ad arrivare alla fine del mese e che oggi, nonostante tutto, non ce la fanno più. I numeri dell’Istat che emergono dal rapporto del 2024, fanno riferimento all’incidenza della povertà Italia, cresciuta del 2,7% rispetto allo scorso anno, passando dal 4,9% al 7,6%.

La povertà è ancora uno stigma in Italia? Qual è la situazione attuale in una della città più costose e afflitte dal carovita come Milano? Cosa si nasconde dietro il lusso della metropoli lombarda? Tag24 ha approfondito la questione con Claudio Falavigna, coordinatore volontari di Pane quotidiano, l’associazione che ogni giorno a Milano fornisce gratis beni di prima necessità a chi ha bisogno.

Pane quotidiano ha due sedi in Viale Toscana e in Viale Monza con un’utenza giornaliera di circa 4.500 persone durante la settimana, che il sabato diventano quasi 5.000. Questa realtà impegnata a 360 gradi nella solidarietà, come ha raccontato Claudio Falavigna a Tag24, “vive sulle donazioni. Non compriamo nulla: il cibo che distribuiamo è tutto donato dai produttori”.

Povertà in Italia 2024, Pane quotidiano: “Fenomeno in aumento, complici il carovita e salari bassi”

D: La povertà in Italia è un fenomeno sempre più diffuso, complice il carovita negli ultimi anni. Qual è la situazione attualmente a Milano? Il flusso di chi fa richiesta per ricevere aiuto da Pane quotidiano è aumentato negli ultimi cinque mesi? Come si prospetta il 2024?

R: Per quanto riguarda il numero degli ospiti, in questi primi 5 mesi e mezzo dell’anno purtroppo il numero è aumentato sia a livello dei richiedenti sia stranieri. Questo va in controtendenza purtroppo con i dati Istat, abbastanza rigidi ma che non analizzano la situazione. Parliamo di una nuova povertà che grava non tanto su chi non ha un lavoro o chi è in condizioni veramente pseudo o semidisperate, ma su chi ha un salario di 800, 1.000 e 1.200 euro al mese.

Parliamo di chi ha una famiglia, un mutuo, un affitto da pagare, qualche bambino da mantenere. Se fino a qualche anno fa riuscivano a farcela, a mettere insieme il pasto con la cena, oggi queste persone si trovano in difficoltà. Anche per questa ragione è aumentato il numero degli ospiti.

L’unico dato “positivo” attuale è la diminuzione delle richieste da parte dei cittadini ucraini rifugiati a Milano. Prima venivano da noi a centinaia, dopo l’invasione russa. Adesso per fortuna stanno iniziando a ritornare nelle loro case, oppure trovano soluzioni presso parenti e quindi non hanno sempre bisogno del pane quotidiano.

Povertà, chi si rivolge a Pane quotidiano? Falavigna: “Pensionati, soprattutto donne. Oggi anche giovani coppie”

D: Le immagini delle lunghissime file di persone in coda per ricevere il cibo suscitano grande scalpore in Italia. Chi è che viene da voi a chiedere aiuto?

R: Solitamente chi viene da noi, per quanto riguarda gli italiani, sono in buona parte pensionati, soprattutto donne. Da qualche mese oramai si iniziano a vedere anche coppie di giovani o persone di mezza età, intorno ai 50 anni più o meno.

Fattori come la precarietà del lavoro, contratti a tempo determinato incidono molto su questo. Per non parlare dei salari che non consentono di vivere in maniera dignitosa. La possibilità di venire al “Pane quotidiano” per 25 giorni al mese perché siamo aperti dal lunedì al sabato – ribadisce il coordinatore Claudio Falavigna, ndr. – vuol dire aggiungere alle proprie entrate circa 350 euro, che è il valore del cibo che mensilmente distribuiamo agli ospiti.

D: Ci racconta una storia di vita che le è entrata nel cuore?

R: Purtroppo abbiamo a che fare con situazioni le più diverse. Abbiamo gli ospiti anziani, quelli che sono più disponibili ad aprire il loro cuore, a raccontare le loro storie. Proprio qualche mese fa è venuto a mancare un carissimo del pane quotidiano. Un signore toscano. Aveva avuto un periodo terribile, purtroppo aveva un figlio con dei problemi. Questo figlio uscito dal carcere è stato poi ucciso dal compagno della sua ex, proprio fuori Milano. Era un signore simpaticissimo, riusciva a convivere con il suo dolore. Poi si è ammalata un’altra delle sue figlie, un tumore che l’ha portata alla morte. Una situazione veramente straziante. Noi abbiamo cercato per quanto possibile di stargli vicino, eravamo attenti alla distribuzione del cibo alla sua famiglia. Più di così non potevamo fare.

Poi ci sono tante belle storie di nonne che una volta ogni tanto ci portano dei prodotti realizzati con le loro mani. Sono di una simpatia unica. C’è chi ci porta una torta perché si affeziona a noi volontari, dicendo che siamo bravissimi. Sono tanti i cuori che si aprono. Quando noi volontari lasciamo Pane quotidiano, dopo aver terminato la distribuzione, fatte le pulizie, ci sentiamo delle persone migliori.

Claudio Falavigna racconta il lavoro di Pane quotidiano

Il coordinatore dei volontari di Pane quotidiano ha raccontato a Tag24 quali sono le principali attività dell’associazione, tra distribuzione di cibo, abbigliamento e aiuto medico:

“Noi ogni giorno distribuiamo circa 1700-1800 kg di pane. Facciamo fatica ad avere tutta questa disponibilità. Fortunatamente abbiamo dei fornitori che ci danno il pane, quello che noi chiamiamo “pane gelato”, che integriamo soprattutto verso la fine della mattinata. E’ un numero che serve un po’ a comprendere quello che facciamo. Abbiamo circa 180 volontari che ruotano cinque giorni alla settimana nelle due sedi di Milano e di pomeriggio facciamo anche la preparazione del cibo per il giorno successivo.

Da due anni a questa parte abbiamo attivato un’iniziativa veramente molto bella: raccogliamo indirizzi delle persone invalide al 100% che vivono a Milano, ovviamente non tutte. Abbiamo già 190 persone a cui portiamo un pacco di cibo alla settimana. Tutto questo grazie ai nostri volontari che con due furgoni, dal martedì al venerdì, ne raggiungono le abitazioni.

Il sabato c’è un gruppo di medici volontari che in Viale Toscana è disposizione gratuitamente degli ospiti di Pane quotidiano. Poi ci siamo attivati anche sul fronte dell’abbigliamento, spesso usato in buone condizioni, dividendo in uomo-donna e bambino. Nei periodi di festa come Natale, Pasqua, Carnevale, siamo per fortuna sempre supportati da alcune società che regalano giochi e materiale che ci consente di essere vicino anche ai bimbi e di regalare loro un sorriso.

Inoltre a settembre si raccoglie il materiale scolastico: penne, matite, astucci, quaderni. Con una raccolta di denaro tra i volontari, tra gli amici e le famiglie riescono a preparare anche qualche migliaio di sacchetti di materiale didattico per la scuola”.

La povertà è ancora uno stigma in Italia? La riflessione di Falavigna

D: La povertà ancora rappresenta uno stigma in Italia? Essere in difficoltà è una condizione che genera vergona?

R: Purtroppo sì. Noi vediamo livelli di povertà diversi, dall’homeless, che a volte si presenta senza scarpe, sporco, abbattuto, in condizioni in cui fatica a stare in piedi. Purtroppo c’è anche chi nasconde la propria condizione di difficoltà, per cui cerca di venire vestito “bene” oppure ci racconta che si trova in fila per il custode o per la vicina di casa che è anziana, ma in realtà viene per se stesso.

La povertà è un dolore, una sofferenza che noi vediamo ogni giorno. C’è un altro aspetto molto importante legato a questa condizione, che spesso viene trascurato: la fragilità di queste persone. Sono loro quelle più esposte nella società. Chi è in difficoltà, 9 volte su 10, è una persona fragile che dovrebbe essere aiutata nei giusti modi. Purtroppo però questo non avviene quasi mai.