La situazione finanziaria dei Comuni italiani è in uno stato critico, con 470 amministrazioni che affrontano difficoltà economiche significative. Di queste, 213 sono attualmente in dissesto. Questa crisi colpisce particolarmente i Comuni del Mezzogiorno, dove la capacità di riscossione delle entrate è estremamente bassa. La Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato un rapporto che evidenzia come questi problemi siano particolarmente acuti nelle aree meridionali e nei piccoli centri. Andiamo a vedere quali sono i 470 comuni a rischio default, facendo un sintetico punto della situazione.
470 Comuni a rischio default: il problema della capacità di riscossione
La principale criticità riscontrata riguarda la capacità di riscossione degli enti locali. Molti Comuni non riescono a far pagare multe e imposte, un problema che influisce pesantemente sui loro bilanci. Secondo la Fondazione Nazionale dei Commercialisti, la mancata riscossione delle entrate necessarie per sostenere le spese pubbliche è il principale fattore che contribuisce alla crisi finanziaria dei Comuni. Questa difficoltà è più evidente nei piccoli centri e nelle regioni del Sud Italia, dove l’efficienza nella riscossione è particolarmente bassa.
Distribuzione geografica dei Comuni a rischio default
Il Mezzogiorno è la zona più colpita dalla crisi finanziaria dei Comuni. La Sicilia, in particolare, ha il maggior numero di Comuni in dissesto, con 69 amministrazioni in difficoltà, pari al 32% del totale nazionale. Seguono la Calabria con 52 Comuni (24%) e la Campania con 47 Comuni (22%).
Anche altre regioni italiane affrontano problemi simili, sebbene in misura minore. Nel Lazio, ad esempio, ci sono 15 Comuni in dissesto (7%), mentre in Puglia ce ne sono 8 (4%). Altre regioni come l’Abruzzo, la Lombardia, la Basilicata e il Piemonte hanno un numero minore di Comuni in difficoltà, con percentuali che vanno dall’1% al 3%.
Il punto su Catania e altri grandi centri
Tra i Comuni in dissesto, Catania è l’unico capoluogo di provincia con difficoltà finanziarie conclamate. Altri grandi centri come Napoli, Torino, Reggio Calabria, Messina e Palermo affrontano gravi problematiche economiche, ma non sono ufficialmente in dissesto. Roma, pur non essendo in dissesto, ha circa 3 miliardi di euro di entrate accertate e non riscosse, evidenziando un problema significativo nella gestione finanziaria.
Il dissesto finanziario nei piccoli Comuni
Il 45% dei 213 Comuni in dissesto ha meno di 5.000 abitanti. Questo dato evidenzia come i piccoli centri siano particolarmente vulnerabili alla crisi finanziaria. Questi Comuni, spesso con risorse limitate e una base imponibile ridotta, faticano a sostenere le spese necessarie per i servizi pubblici essenziali. La situazione si aggrava ulteriormente in presenza di una bassa capacità di riscossione delle entrate.
Le misure di pre-dissesto
Oltre ai Comuni in dissesto, 257 amministrazioni sono in condizione di pre-dissesto. Anche in questo caso, la maggior parte di questi Comuni ha una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e si concentra prevalentemente nel Sud Italia. Tra i Comuni in pre-dissesto, il 46% ha una popolazione compresa tra 5.000 e 100.000 abitanti. Dodici capoluoghi di provincia dichiarano criticità finanziarie, tra cui Alessandria, Andria, Avellino, Brindisi, Imperia, Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Pescara, Potenza e Rieti.
Il nodo delle riscossioni
L’incapacità di riscuotere multe e imposte è un problema cronico che mina la stabilità finanziaria dei Comuni. Questa incapacità esattoriale è particolarmente acuta al Sud, dove la riscossione è storicamente inefficace. La mancata riscossione delle entrate crea disavanzi che si accumulano nel tempo, portando i Comuni in una spirale di debiti e difficoltà finanziarie.
Comuni a rischio default: la necessità di maggiori controlli
Elbano de Nuccio, presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, ha sottolineato l’importanza di rafforzare i controlli sulle amministrazioni comunali in difficoltà finanziarie. De Nuccio ha evidenziato come la normativa attuale sia inadeguata e ha proposto una revisione delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Questa revisione dovrebbe includere strumenti per l’emersione tempestiva delle situazioni di squilibrio e controlli più rigorosi sui Comuni con meno di 15.000 abitanti.
L’ultima Manovra del governo Meloni ha previsto una serie di tagli alla spesa per Comuni, Province e Città Metropolitane dal 2024 al 2028. Questi tagli ammontano a 250 milioni di euro l’anno, per un totale di 1,25 miliardi di euro. Gli enti che hanno ottenuto più fondi dal PNRR saranno quelli più penalizzati. La riduzione della spesa corrente e dei fondi proporzionali al piano di ripresa europeo rischia di compromettere una serie di servizi sociali essenziali, come gli asili nido e i bonus per le famiglie.
La reazione dei sindaci
I sindaci, soprattutto quelli dei piccoli Comuni e del Sud Italia, hanno protestato contro i tagli previsti. Essi ritengono che la riduzione delle risorse comprometterà ulteriormente la capacità dei Comuni di fornire servizi essenziali alla popolazione. La preoccupazione maggiore riguarda l’impatto negativo che questi tagli avranno sui servizi sociali, aggravando ulteriormente la già critica situazione finanziaria dei Comuni.
Comuni a rischio default da oltre 10 anni
Tra il 2012 e il 2024, cinque enti locali hanno attraversato una condizione di dissesto finanziario per oltre 10 anni, un periodo superiore al massimo previsto dalla legge. Negli ultimi sei anni, i casi di dissesto comunale sono aumentati, con una pausa durante il biennio 2020-2021 dovuta all’afflusso straordinario di entrate statali legate alla pandemia. Nel 2023, il trend si è nuovamente invertito, con 39 Comuni che hanno segnalato difficoltà a far quadrare i conti.