Sono stati assolti per i reati più gravi – omicidio colposo plurimo e disastro colposo – tutti gli imputati nel secondo processo sulla strage di Corinaldo, relativo alla sicurezza del locale “Lanterna Azzurra”, dove, nel dicembre del 2018, in sei (di cui cinque minorenni) persero la vita prima di un concerto dell’artista Sfera Ebbasta nel fuggi fuggi generale provocato dall’uso di uno spray urticante da parte di alcuni partecipanti.

Il giudice del tribunale di Ancona, Francesco Pizii, ha stabilito che “il fatto non sussiste”, condannando per il solo reato di falso i sei membri della commissione di pubblico spettacolo che rilasciarono la licenza alla discoteca, non a norma per la Procura. Una sentenza che, secondo l’avvocata Federica Ferro – che assiste Paolo Curi, il marito della donna morta, la 39enne Eleonora Girolimini – “lascia perplessi”.

Assolti per i reati più gravi gli imputati nel processo bis sulla strage della discoteca di Corinaldo: il commento dell’avvocata Ferro a Tag24

“La sentenza di ieri, 17 giugno, arriva al termine di un processo lungo e complesso e, onestamente, lascia perplessi. Noi legali eravamo e siamo legati ai familiari delle vittime anche da rapporti personali, di amicizia: quando abbiamo assistito in aula alla lettura del dispositivo ci siamo sentiti delusi non soltanto dal punto di vista professionale, ma anche umano. È entrata in gioco la nostra parte più emotiva”, ha spiegato l’avvocata Ferro a Tag24.

Come il resto dei legali dei familiari delle vittime della strage non si aspettava l’assoluzione di tutti gli imputati per i reati più gravi. “Nel momento in cui il giudice ha pronunciato la condanna di sei di loro per il reato di falso in atto pubblico mi attendevo anche la condanna per i reati principali, l’omicidio colposo plurimo e il disastro colposo, per un discorso di logica”, ha detto. “Si parte, nel dispositivo, dal riconoscere la natura che i singoli individui rivestivano a livello istituzionale”.

“Un passo del capo 3 recita che ‘tutti erano titolari, congiuntamente e disgiuntamente, di una posizione di garanzia’: significa che, ognuno per il proprio ruolo di competenza, avevano il potere e il dovere di garantire la sicurezza del luogo. Si dà per assodato, tra l’altro, che quel luogo, quel locale non doveva proprio esistere, che fosse inadeguato: gli imputati avevano il dovere di fermarne l’apertura, di dargli la corretta qualifica, di richiamare i titolari, i gestori, alla sua regolarizzazione”.

La lettura delle motivazioni, poi il ricorso

Ciò che l’avvocata fa intendere è che “se si riconosce che il locale non possedeva i requisiti formali, legali e amministrativi per essere adibito a una sala da concerto e al contempo si riconosce che i soggetti preposti alla verifica dell’adeguatezza del locale siano colpevoli di falso”, non è possibile escludere “che gli stessi non abbiano delle responsabilità anche in merito agli altri reati, magari in diversi gradi”.

Ora, dice, “dobbiamo attendere la lettura delle motivazioni, poi vedremo il da farsi. Ad oggi è ovvio che l’idea è quella di appellare”. L’obiettivo è arrivare alla giustizia. “Non dobbiamo dimenticare che, con la morte della moglie, al mio assistito, il signor Paolo Curi, è venuto a mancare non solo un sostegno morale, ma anche pratico, per l’accudimento dei quattro figli. La loro vita è cambiata radicalmente. Alessandro, che al tempo non aveva nemmeno compiuto due anni, è cresciuto senza una figura materna di riferimento. Sono aspetti che vanno considerati”.