L’extra tassa del 26% sulle plusvalenze dalle vendite di case ristrutturate con il superbonus, non colpisce tutti gli immobili e, in alcuni casi, si può evitare: quando? Intanto, non deve essere pagata da chi vende immobili adibiti a prima casa e non si applica neppure sulle seconde case.
La nuova imposta scatta per chi ha eseguito i lavori beneficiando dell’agevolazione del superbonus. Quando gli immobili vengono ristrutturati, di fatto aumentano il loro valore, andando a generare una plusvalenza nel momento in cui vengono venduti.
Ecco, la tassa si applica proprio su quella plusvalenza prodotta grazie ai lavori eseguiti con il superbonus.
Vediamo come funziona e quando si può evitare anche sulla vendita delle seconde case.
Quando si applica l’extra tassa del 26%
Il superbonus si è rivelato una grande opportunità per chi doveva ristrutturare casa. Chi ne ha usufruito con l’aliquota al 110% ha avuto la possibilità di eseguire lavori di ristrutturazione praticamente a costo zero.
Alcune di queste persone, dopo aver ristrutturato casa, hanno pensato bene di vendere. La nuova extra tassa scatta proprio per chi ha ristrutturato casa e ha intenzione di vendere l’immobile prima di 10 anni.
Si tratta di una tassa sulla plusvalenza del 26% che si applica, però, solo in determinati casi. Nella stretta rientrano tutte quelle abitazioni cedute entro 10 anni dalla fine dei lavori di efficientamento energetico. Quindi, per far scattare l’applicazione dell’extra tassa è sufficiente anche solo aver effettuato un lavoro sulle parti comuni di un condominio.
Obiettivo tassa sulle plusvalenze
Il Governo ha deciso di introdurre questa nuova tassa proprio con l’obiettivo di andare a colpire tutti coloro che hanno usufruito del superbonus con l’intenzione di speculare sulla rivendita dell’immobile.
Tuttavia, anche se l’obiettivo è quello di contrastare gli speculatori, ciò non toglie che la tassa andrà a colpire tutti coloro che decidono di vendere, entro questo lasso di tempo, per esigenze di altra natura.
Chi viene colpito dall’applicazione della nuova tassazione dovrà, in un certo qual modo, restituire una parte di quanto ottenuto con il superbonus.
Cos’è la plusvalenza? Prima di spiegare meglio come funziona la tassa, si tratta di un punto da chiarire. Quando si vende un immobile ad un prezzo superiore a quello di acquisto, si va a realizzare un guadagno, ovvero una plusvalenza. Questo guadagno extra, questa plusvalenza, viene tassata.
La tassa del 26% sulle vendite della seconda casa ristrutturata va proprio a colpire questo eccesso di valore prodotto proprio dalla ristrutturazione. Infatti, quando una casa viene ristrutturata, il valore di vendita aumenta sensibilmente. Proprio per questo motivo ci sono alcune persone che hanno realizzato lavori con l’obiettivo di rivendere, per averne un guadagno extra.
Quindi, chi ha realizzato lavori con il superbonus dovrà pagare l’extra tassa sulla plusvalenza, nel caso di rivendita entro 10 anni dalla fine dei lavori.
Quando si può evitare l’extra tassa superbonus
Abbiamo già anticipato che la tassa non colpisce indistintamente tutti, ma ci sono una serie di casi di esclusione. Quindi, ci sono alcuni casi in cui è possibile la cessione di un immobile ristrutturato post superbonus, senza dover pagare l’extra tassa del 26%.
Innanzitutto, non trova applicazione per chi vende l’immobile adibito ad abitazione principale, anche per i propri familiari. In questo caso, la deroga ha valore solo se la casa è stata l’abitazione principale per la maggior parte dei 10 anni prima della cessione.
Inoltre, non devono pagare la tassa sulla plusvalenza in caso di cessione chi vende le seconde case, ma solo nel caso in cui sono state ereditate o donate.