La vertenza tra SEC e Ripple Labs sembra pronta a tornare su un terreno più normale. A dimostrarlo le notizie relative al ridimensionamento della multa che l’autorità di regolamentazione dei mercati finanziari USA vorrebbe infliggere all’azienda tecnologica che emette XRP.
Dopo che le prime schermaglie sono andate in onda su una richiesta astronomica, pari a circa due miliardi di dollari, ora la Securities and Exchange Commission si accontenterebbe di 102,6 milioni di dollari. Che sono comunque più di dieci volte i dieci milioni indicati dall’azienda, della quale si attende ora la risposta.
Ripple, le novità sulla vertenza con la SEC
Nei giorni passati, Ripple Labs aveva contestato con durezza la richiesta della SEC relativa ad una multa da due miliardi di dollari, nell’ambito della causa che contrappone le due parti. Una contestazione la quale faceva leva sull’accordo conseguito tra la stessa agenzia e Terraform Labs sulla vicenda relativa a Terra (Luna).
Secondo l’azienda californiana, infatti, era sin troppo evidente la sproporzione tra i 4,5 miliardi richiesti a Do Kwon e compagni e i due pretesi da Ripple. A renderla tale il fatto che l’azienda sudcoreana si fosse riconosciuta protagonista di frode. Un comportamento truffaldino il quale, al contrario, non poteva essere ravvisato nella vicenda di XRP.
A stretto giro di posta sono ora arrivate le controdeduzioni della SEC. Nel documento indirizzato al giudice Analisa Torres il passato 14 giugno, l’autorità risponde infatti: “Nel chiedere alla Corte di ancorare la sua determinazione della sanzione all’accordo con Terraform, Ripple non nota che il convenuto societario lì è in bancarotta, andando fuori mercato per sempre.”
In pratica, la società sudcoreana ha accettato di distruggere le chiavi delle proprie criptovalute, restituire una parte delle stesse ai clienti danneggiati e rimuovere due dei membri del consiglio di amministrazione in posizione di comando al momento delle violazioni. Mentre Ripple non sta accettando alcuna richiesta della SEC. Una differenza che spiegherebbe il diverso trattamento riservato alle controparti.
Perché la SEC ora chiede 102,6 milioni
A questa prima eccezione, la SEC ne aggiunge poi un’altra, tesa a spiegare la ratio che ne muove le richieste. L’ente, infatti, spiega: “Le risoluzioni in cui i convenuti con problemi finanziari accettano di restituire i fondi alle vittime rapidamente e si accordano volontariamente al fine di cessare la loro condotta illecita non sono utili nel decidere il numero di sanzioni necessarie per punire e scoraggiare un convenuto indiscutibilmente benestante che non riconosce o ammette la sua violazione delle leggi sui titoli, e che continua ad arricchirsi impegnandosi in una condotta terribilmente simile a quella che ha risultato nella violazione in primo luogo.”
Altro punto dirimente del documento dell’agenzia diretta da Gary Gensler è poi quello in cui si contesta la logica dell’azienda californiana. La SEC, infatti, afferma: “Ripple confronta anche la dimensione della sanzione di Terraform con l’importo delle vendite lorde di quel convenuto, sostenendo che la Corte dovrebbe imporre lo stesso rapporto (1,27%). Ma questo non è un confronto tra mele e mele. Ripple evita di confrontare la sanzione dell’accordo Terraform con il profitto lordo della condotta illecita. Quel rapporto (420 milioni di dollari/3,587 miliardi di dollari) è significativamente più elevato: 11,7%.”
Dopo l’ennesima stoccata, l’agenzia conclude in tal modo: “Applicandolo agli 876,3 milioni di dollari di profitti lordi che la SEC qui chiede alla Corte di disgregare risulta una cifra molto più grande, una sanzione di 102,6 milioni di dollari, rispetto al tetto di 10 milioni di dollari su cui Ripple insiste. Una sanzione così bassa non soddisferebbe gli scopi delle leggi sulle sanzioni civili.”
Ora non resta che assistere alle prossime schermaglie della vicenda, per capire quali argomentazioni avranno colpito maggiormente la corte chiamata a giudicare. Per Ripple, comunque, sembra allontanarsi la prospettiva di una multa miliardaria.