Era stato condannato a 18 anni di carcere per l’omicidio, in concorso con il figlio Simone, dell’ex moglie Renata Rapposelli, avvenuto a Giulianova (Teramo) il 9 ottobre del 2017. Oggi, 15 giugno 2024, Giuseppe Santoleri si è suicidato in cella, soffocandosi nel suo letto.

Nonostante siano subito scattati i soccorsi, per lui non c’è stato nulla da fare.

Giuseppe Santoleri si è suicidato in carcere: era accusato dell’omicidio dell’ex moglie Renata Rapposelli

L’uomo, 74 anni, stava scontando la pena nel carcere Castrogno di Teramo. Era stato condannato a 24 anni in primo grado, ma la reclusione era stata ridotta in secondo grado a 18 anni.

Stando a quanto ricostruito dal sindacato di Polizia penitenziaria Sappe, alle 7 il compagno di cella ha subito chiamato il poliziotto di servizio. Vani però gli sforzi per tentare di salvargli la vita.

Come si legge in un nota, Santoleri non era mai stato protagonista di intemperanze e aveva sempre seguito le regole penitenziarie.

Malato da tempo, aveva chiesto di essere trasferito in una struttura alternativa al carcere, ma le sue istanze non erano state accolte. Era in attesa di una nuova decisione dei giudici del Tribunale di sorveglianza.

La sua avvocata, Federica Di Nicola, si è detta “affranta e delusa”:

Tutti i miei tentativi di aiutare Giuseppe si sono rivelati inutili.

Giuseppe Pallini (Sappe): “Fallimento del sistema penitenziario”

Giuseppe Pallini, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, parla di “fallimento del sistema”.

Episodi simili, in un certo modo, portano con sé il fallimento del sistema penitenziario, talvolta incapace di intercettare il disagio dei più fragili che vedono nell’estremo gesto l’unica via d’uscita. Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea

ha dichiarato.

Mentre il segretario generale Donato Capece sottolinea come siano sempre più necessari interventi urgenti per contrastare la situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane. La proposta avanzata è di un sistema basato su tre livelli.

Il primo, per reati meno gravi con una pena detentiva non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere. Il secondo è quello che riguarda le pene detentive superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare. Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario.

La ricostruzione del delitto

La pittrice Renata Rapposelli, che da anni risiedeva ad Ancona, era scomparsa il 9 ottobre del 2017. Venne ritrovata cadavere l’11 novembre nelle campagne di Tolentino, nel Maceratese.

Secondo quanto ricostruito al processo, l’esecutore materiale del delitto era stato il figlio Simone, condannato a 27 anni di carcere. Mentre il padre, presente al momento dell’omicidio, lo aveva aiutato a disfarsi del corpo.

La donna era stata uccisa il giorno che li aveva raggiunti in treno a Giulianova, perché preoccupata per la salute di Simone. In realtà era una trappola: i due volevano convincerla a rinunciare al mantenimento versato dall’ex marito.

Il movente, stando alla sentenza di condanna, era “l’ossessione del figlio per i soldi” nonché il rancore che covava nei confronti della madre.

Lo scorso 13 marzo un altro detenuto si è suicidato all’interno dello stesso penitenziario nel giorno del suo compleanno.