Un rapporto rilasciato da Coinbase fa capire in maniera eloquente la crescita di interesse nei confronti della blockchain da parte delle grandi aziende. Secondo gli analisti dell’exchange di criptovalute, infatti, le iniziative nel settore delle società presenti nell’indice Fortune 100 sarebbero lievitate nell’ordine del 39%, su base annua.

A questo primo picco storico si aggiunge poi un secondo dato, quello relativo alle aziende che rientrano nell’indice Fortune 500. In questo caso, infatti, la crescita di interesse sarebbe addirittura del 56%, traducendosi in una serie di progetti onchain.

Proprio per questo motivo, gli estensori del rapporto sottolineano la necessità di dare vita ad un quadro legislativo chiaro. Ritenendolo il modo migliore per impedire che i talenti del settore possano lasciare gli Stati Uniti. Un quadro che, naturalmente, dovrebbe lasciare ampia libertà alle aziende.

Il rapporto di Coinbase

Il rapporto “The State of Crypto” pubblicato da Coinbase per il primo trimestre del 2024, si intitola “The Fortune 500 Moving Onchain”. Come si può facilmente immaginare, è dedicato alle 500 maggiori società statunitensi per fatturato rientranti nella lista che compilata e pubblicata ogni anno dalla rivista Fortune.

L’analisi è stata condotta per Coinbase da The Block, rivelando alcuni dati di notevole interesse. A partire da quello relativo al fatto che il 56% delle aziende Fortune 500 sostiene di avere in corso progetti basati su blockchain. Un incremento il quale si attesta al 39% ove la lista in questione sia limitata alle prime cento, nel caso in cui si prenda come riferimento la crescita di progetti in tale ambito, al loro interno.

Tra le aziende che hanno già deciso di prendere in considerazione l’innovazione finanziaria, il 53% sarebbe inoltre alla ricerca di personale in grado di rivestire ruoli finanziari, legali o tecnologici, avendo però esperienze in ambito criptovalutario.

Naturalmente, la pubblicazione del rapporto è stata immediatamente ricondotta al ruolo assunto da Coinbase nella tenzone politica. Sembra in effetti un segnale al potere politico, indicando come anche il mondo produttivo sia interessato alle opportunità offerte dalla blockchain. Attenzione la quale dovrebbe essere tenuta nel debito conto, da chi intende guidare il Paese, nel futuro.

Crypto e politica, la situazione è in costante movimento

Com’è ormai noto, Coinbase ha deciso di rivestire un ruolo attivo in politica. Lo ha fatto foraggiando abbondantemente un super PAC (Political Action Committee), Fairshake, il quale sta riversando una montagna di denaro sui candidati pro-crypto.

Una decisione resa necessaria anche dalle mosse della Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti. L’agenzia che sovrintende ai mercati finanziari a stelle e strisce, infatti, nell’ambito della sua offensiva contro la criptosfera ha messo nel mirino anche l’exchange. Lo ha in pratica accusato di vendere titoli non registrati, in una causa che sta andando avanti nelle aule di tribunale.

La risposta di Coinbase non si è fatta attendere e si è intrecciata con il nuovo orientamento di Donald Trump. Il miliardario, di nuovo in corsa per la Casa Bianca, dopo aver a lungo stigmatizzato Bitcoin e Altcoin, da alcuni mesi ha letteralmente ribaltato il suo pensiero in merito. Tanto da teorizzare la necessaria coesistenza tra BTC e dollaro.

Tra le tante sue esternazioni in materia, spicca quella fatta negli ultimi giorni, sul mining di criptovalute. Trump, infatti, ha affermato che nella sua visione gli Stati Uniti dovrebbero minare tutti i Bitcoin restanti. In tal modo potrebbero guidare il mondo da un punto di vista energetico, anche se non è chiaro il legame tra il mining di Bitcoin e l’obiettivo declamato.

Intanto, però, il mondo della blockchain si è schierato dalla sua parte, sino a irridere il tentativo dell’entourage di Biden di attrarre finanziamenti al suo interno per la propria campagna elettorale. Compito il quale, per ironia della sorte, sarebbe stato affidato proprio a Coinbase.